ANTONIO CRETELLA | La distinzione tra scienza e magia è una conquista relativamente recente in ambito storico, risalente per lo più alla Rivoluzione Scientifica e ai progressi via via ottenuti nel corso del Settecento. Prima di quella frattura storica, e per lungo tempo anche dopo per il persistere di credenze e superstizioni dure a morire, non vi era una netta demarcazione tra fenomeni fisici e miracoli, e l’essere anche solo in possesso di conoscenze erboristiche e fitoterapiche poteva bastare per essere classificato agli occhi del popolo come mago, taumaturgo o, nel peggiore dei casi, come una strega. La manualistica enciclopedica medievale è ricca di erbolari, lapidari e bestiari che mischiano le proprietà oggettive di erbe, minerali e ricavati animali con presunte facoltà magiche, né mancano formulari di pozioni medicamentose dagli ingredienti più improbabili che talora fanno sorridere; ma non mancano nemmeno nella nostra epoca, sotto certi aspetti marcata da un forte medievalismo nel senso più spregiativo del termine, ricette di fantasiosi intrugli attribuiti a malefici medici alchimisti, novelli stregoni dal paiolo chimico. Al posto della pozione di mandragora per conciliare la gravidanza, ci si inventano fantomatiche preparazioni vaccinali contenenti ora mercurio, ora DNA di animali, addirittura la polvere di feti morti (per altro attingendo in chiave moderna a un’antica farmacopea popolare ampiamente diffusa in Europa) mentre parallelamente si rincorrono rimedi casalinghi non meno infondati, disgustosi e deleteri, quali il ricorso a pozioni di urina umana, opere spesso di medici radiati o semplici ciarlatani dal grande carisma, una delle tante facce che assume il complottismo di cui si nutre il populismo.
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