GIORGIO FRANCHI | Dalla peste del 1592 – che costrinse Shakespeare a scrivere il poemetto Venere e Adone di stile alto per ottenere la licenza di poeta e poter esercitare l’attività teatrale – al coronavirus nel 2020: ciò che rimane è la traballante condizione dell’attore, la reputazione di ciarlatano o addirittura di criminale, la maestria nell’arte dell’arrangiarsi che getta il seme per il mito degli scarrozzanti testoriani.
L’adattamento di Riccardo Magherini, regista e interprete, ma anche cantante, scenografo e prestigiatore in Venere & Adone – Shakespeare e musica – in scena al Pacta. Salone Via Dini fino al 27 giugno – nella splendida traduzione di Roberto Sanesi, gioca tutto sulla lotta dell’artista per salvarsi nei tempi più bui: l’attore cambia maschera in continuazione, in scena e soprattutto fuori, per garantirsi l’appoggio dei re in epoca passata e del pubblico nell’età moderna. Con toni ora affabulatori e talvolta giullareschi, Magherini si getta corpo e anima nella declamazione dei versi del Bardo, come se li avesse scritti lui e li stesse proponendo, con sforzo tragicomico, a una platea di algidi mecenati.
Assieme a lui, in scena, Nicola Lanni e Gabriele Palimento: musicisti, ma in un certo senso anche attori in grado di trasformare il monologo di Magherini in un dialogo dal ritmo incessante. Le stupende composizioni di Lanni e la sensibilità con cui i due polistrumentisti le eseguono in scena dettano i tempi della pièce, rispondendo alle battute dell’attore come in un’antifona dalle tinte africane. Sì, perché musiche, costumi e scenografia sono ispirate all’Eritrea, luogo natale del regista che ne conosce usi e tradizioni e che ha realizzato, forte di un passato da mascheraio, le due maschere per i fantocci di Venere e Adone che muove sul palco.
Più che nella storia, decisamente meno universale e attuale dei grandi classici di Shakespeare, la forza dello spettacolo risiede nel suo essere in sintonia con il qui e ora, senza però spingere sulla retorica del parlare sempre e solo di ciò che ci circonda. La captatio benevolentiae viene sostituita con quella dell’Enrico V, che sprona il pubblico a immaginare tutto ciò che in scena manca: una scelta che si pone con sincerità di fronte al palco quasi improvvisato in mezzo al cortile del Pacta Salone Via Dini, alle sue sedie di plastica e alle lucine colorate da festa come unica decorazione, destinate a diventare il simbolo della rassegna Teatro a CieloAperto. Le cianfrusaglie da bancarella e i trucchi di magia da quattro soldi che mostra l’attore (uno su tutti, il sole che sorge e tramonta reso con quello che sembra un fanalino da bicicletta) diventano i tentativi del teatro di continuare a stupire, divertire, far commuovere con quel poco che resta, aggrappato all’applauso del pubblico che, finita la pandemia, deve ancora superare la paura del virus per tornare in platea.
(Un appunto di questi tempi doveroso: le distanze tra gli spettatori e fra gli attori vengono rispettate e la temperatura è regolarmente misurata all’ingresso).
Oltre al cambio di prologo, l’adattamento del testo vede l’aggiunta di brani da Le Metamorfosi di Ovidio, di un editto emanato dalla regina Elisabetta I che decretava la parziale chiusura dei teatri durante la peste, di partiture testuali per le voci registrate di Maria Eugenia D’Aquino, Vladimir Todisco Grande, Francesca Lolli e Suso Colorni. Tuttavia, il contributo alla drammaturgia più interessante è senza dubbio dato dalle composizioni di Nicola Lanni con le parole del Bardo in lingua originale, tanto curate e originali che non sfigurerebbero anche prese a sé stanti in un concerto – senza nulla togliere al lavoro del regista.
Il risultato è uno spettacolo coinvolgente, efficace nel risvegliare il pubblico dal letargo lontano dai teatri, in una cornice di festa in cui la messa in scena diventa davvero di tutti, senza abbassarsi o tradire la sua natura, ma anzi restituendo quel carattere giocoso e popolare di Shakespeare che viene spesso ingiustamente dimenticato. Forse potrebbe ancora migliorare facendo un ulteriore passo verso il pubblico, senza la paura di esagerare, e pensare a una modalità di interazione che avvicini ancora di più gli spettatori. Insomma, accentuare una strada già percorsa e che sta dando i suoi frutti: restituire il senso di comunità dello spettacolo dal vivo, anche con il distanziamento sociale, dopo mesi di isolamento tra le mura delle nostre case.
Difficile pensare che sia servita una pandemia a farci capire quanto è importante.
VENERE & ADONE – Shakespeare e musica
di William Shakespeare
traduzione Roberto Sanesi
adattamento e regia Riccardo Magherini
con Riccardo Magherini, Nicola Lanni, Gabriele Palimento
musiche dal vivo Nicola Lanni
disegno luci Fulvio Michelazzi
voci registrate Maria Eugenia D’Aquino, Vladimir Todisco Grande, Francesca Lolli, Suso Colorni
produzione PACTA. dei Teatri
PACTA. Salone Via Dini, Milano
dal 23 al 27 giugno 2020
Gentile Giorgio,
grazie delle belle parole, di certo il miglior compenso al mio, nostro, lavoro.
Nicola M. Lanni