ELENA ZETA GRIMALDI | Qualche settimana fa, il CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia ha annunciato l’accoglienza di Fabrizio Arcuri, regista e fondatore dell’Accademia degli Artefatti, nel collettivo di direzione artistica del teatro (insieme ad Alberto Bevilacqua, Rita Maffei, Fabrizia Maggi e Luisa Schiratti), un nuovo capitolo di una collaborazione che ormai va avanti da anni. Contestualmente, è stata annunciata in anteprima la nuova stagione 2020/21, Blossoms/Fioriture – Contatto 365, ufficialmente presentata qualche giorno fa, attraverso cui i direttori artistici e lo Stabile tutto dimostrano che il teatro non si ferma, anzi, al contrario, sconfina dai suoi luoghi e invade la città.
Ne abbiamo parlato con Fabrizio Arcuri e con Rita Maffei, storica componente del collettivo di direzione artistica.
Per cominciare, ci raccontate quali sono state le tappe principali, più importanti, di questa proficua collaborazione?
RM: La nostra relazione artistica con Fabrizio Arcuri non nasce oggi, è nata con una grande stima che poi è cresciuta nel tempo, diventando anche una grande amicizia. Abbiamo seguito con attenzione, fin dai primi anni 2000, gli spettacoli di Accademia degli Artefatti per il nostro comune interesse alla drammaturgia contemporanea e per quella cifra registica che è diventata anche uno stile recitativo personalissimo e inconfondibile. Abbiamo così iniziato ad ospitare tra gli altri Spara/Trova il tesoro/Ripeti di Mark Ravenhill, poi a coprodurre gli I Shakespeare di Tim Crouch e infine abbiamo trovato una linea produttiva comune con il colossale e bellissimo progetto Materiali per una tragedia tedesca di Antonio Tarantino, con le fiabe di Joël Pommerat Cenerentola e Pinocchio e con l’ultimo Un intervento di Mike Bartlett. In questo percorso abbiamo condiviso interessi, poetica e scelte con perfetta sintonia e, poiché la direzione artistica del CSS è sempre stata collettiva, dove ognuno ha il suo ruolo in base alle proprie competenze, è risultato naturale proporre a Fabrizio di condividere il nostro tavolo di discussione e creazione. E questo ha avuto immediatamente un grande impatto: Blossoms è frutto di questo primo periodo di progettazione comune al quale Fabrizio ha contribuito con entusiasmo ed esuberanza creativa, nonostante la costrizione delle riunioni su Zoom.
FA: Da oltre dieci anni il CSS ha cominciato a seguire la compagnia e a ospitarla all’interno delle stagioni. Una stima reciproca ci ha portati alla prima coproduzione, subito dopo sono stato regista residente della struttura e da lì è iniziato un lungo rapporto. Ho cominciato a lavorare per del tempo a Udine, si sono avviati discorsi di progettazione, di ideazione, di scambio anche di questioni più profonde e più progettuali. E naturalmente da una stima fondata sul rapporto professionale poi è nato un affetto che ci ha cominciato a legare. L’anno scorso ho ricevuto questo invito a sedere al tavolo della direzione e ovviamente ho accettato con grande serenità e anche con grande spinta, perché effettivamente il CSS è uno dei pochi centri di produzione con un’identità molto forte, con la voglia di sperimentare, di ricercare, di lavorare su formati e su dispositivi che ricercano costantemente senso e rapporto con la comunità. Queste cose naturalmente hanno da subito incontrato la mia idea di teatro.
Perché è importante curare e stimolare un rapporto tra l’arte, la comunità e il territorio?
FA: Gli artisti, l’arte in generale, hanno secondo me un compito molto importante che è quello di prendersi cura dell’immaginario, di aiutare le persone a desiderare quello che non sanno di poter desiderare. Secondo me è una missione fondante dell’arte in generale. E poi perché in assoluto il teatro ha un valore politico e sociale molto forte da sempre e non porsi la questione nel momento in cui si fa teatro è mancare a un fondamento del teatro. Occuparsi di politica e di società attraverso il teatro è occuparsi di comunità. È chiaro che la comunità è sia quella del territorio che quella globale, e dunque le due sono inesorabilmente in relazione.
Parliamo della nuova stagione Blossoms/Fioriture – Contatto 365 che, come si intuisce dal nome, è incentrata sul rapporto con lo spettatore in questo momento in cui i luoghi di aggregazione e il contatto umano fanno quasi paura.
FA: Dopo una serie di riunioni e di riflessioni, abbiamo pensato che questa debolezza in qualche maniera dovevamo trasformarla in una forza. Pertanto abbiamo deciso di non utilizzare gli edifici teatrali ma di riversare il teatro nella città e fare in maniera che gli spettatori, i cittadini, facciano delle esperienze. Abbiamo selezionato una serie di spettacoli dove lo spettatore-cittadino è al centro della performance. Quello che è chiamato a fare è proprio vivere un’esperienza, perché crediamo che in qualche maniera in questi tre mesi ne abbiamo vissuta una molto forte, molto mortificante , che ha evidentemente rimesso in gioco tutta una serie di questioni, e dunque penso che sia attraverso una nuova esperienza che si riesca a riflettere, a considerare, e a sedimentare l’esperienza che abbiamo vissuto. L’idea di tornare in teatro, mettersi seduti, con il distanziamento, con gli attori che rispettano non delle regole teatrali ma delle regole sanitarie, ci è sembrata inutile e non interessante. Perché effettivamente è molto più forte l’esperienza della condizione dello spettatore che dello spettacolo che vede, per cui abbiamo deciso proprio di non aprire i teatri (a parte gli uffici, la biglietterie, eccetera). Tutti gli spettacoli che ospiteremo (circa 15-16) si svolgeranno dentro la città: il teatro esce dall’edificio al chiuso e riconquista la città, si appropria dello sconfinamento, visto che in qualche maniera siamo stati costretti a un confinamento. Si appropria dello sconfinamento e soccorre così lo spettatore-cittadino nel suo riprendere contatto con la città, riprendere contatto col proprio corpo nello spazio, e riconsiderare quello che è successo e il proprio rapporto con l’altro soprattutto. C’è uno spettacolo in particolare cha abbiamo recuperato dalla memoria, uno spettacolo di Mario Martone che si chiama Nella solitudine dei campi di cotone, di Bernard Marie Koltès, che si svolge all’interno di un labirinto e che invita a riflettere non solo sulla solitudine ma anche sul rapporto con l’altro, Koltès riflette proprio intorno a questo.
RM: Blossoms risponde totalmente alla nostra natura di teatro di innovazione sempre aperto a proposte radicalmente alternative alla tradizione e a dispositivi continuamente rinnovati, e inoltre si adatta perfettamente alle restrizioni del distanziamento, senza perdere di efficacia, anzi esaltandone le caratteristiche. Le proposte di spettacoli nei luoghi della città, i dispositivi per pochi spettatori alla volta, le esperienze a cui invitiamo il nostro pubblico, il teatro partecipato, sono tutti occasioni che ci auguriamo possano riavvicinare i cittadini all’esperienza teatrale riabitando gli spazi che abbiamo lasciato per troppo tempo vuoti e ritrovando con il teatro la possibilità di essere nuovamente vicini per immaginare insieme.
Che cosa ci aspetta quindi nei prossimissimi mesi?
FA: C’è un aspetto secondo me importante: in realtà ci sono molti stranieri, ma parecchi di questi stranieri lavoreranno con dei performer locali. Abbiamo cercato di mettere in connessione artisti di taratura internazionale con dei performer locali, che ovviamente interpretano questi dispositivi.
Abbiamo chiesto a Jérôme Bel di costruire un site specific per Udine, Danze per… Udine, con una performer locale che sta scegliendo. Ci sarà un danzatore di parkour, Antoine Le Menestrel, che qualcuno forse ricorderà per l’Inferno di Romeo Castellucci a Palazzo dei papi ad Avignone dove si arrampicava sopra il palazzo, che farà una performance sui muri e sui palazzi della città. A seguire ci sarà un progetto dei Kepler-452, Lapsus urbano, un dispositivo con cuffie che si svolge all’interno della città e che reinterpreta tutto questo periodo sottolineando una serie di aspetti positivi che possono essere in qualche maniera una linea guida per tornare a una “normalità aumentata” di una serie di questioni importanti che in questi tre mesi ci sono successe. Recupereremo una produzione di qualche anno fa di Lotte van den Berg, regista-autrice olandese, con Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, Cinéma imaginaire, in cui un gruppo di spettatori sono guidati per la città e devono costruirsi un proprio percorso mettendo insieme ricordi personali e immagini della città, e poi in una seconda parte, guidati da Daria e Antonio, realizzeranno un film che è il risultato delle considerazioni e delle riflessioni sulla memoria. C’è uno spettacolo di Ivana Müller che si chiama Noi stiamo ancora guardando, per 20 spettatori-interpreti: a ciascuno di loro verrà fornito un copione e una lettera, e quindi in qualche modo si stabilisce una piccola comunità che discute sul senso della democrazia e sul senso di comunità. È una comunità che riflette su se stessa attraverso una chiave di lettura che è quella di Ivana Müller, che è una coreografa, ma è un’artista che da sempre lavora su dispositivi che mettono in gioco lo spettatore in prima persona. Poi ci sono due lavori di Rita Maffei, uno col suo gruppo di teatro partecipato, che si chiama La città inquieta, e un altro che si chiama Vanja in… e tutti i posti in cui verranno fatte le prove di questo spettacolo (verrà fatto in un parco e si chiamerà Vanja nel parco); diciamo sulla falsa riga di Vanya sulla 42esima strada, metteranno in scena il Vanja di Čechov facendo ogni giorno le prove in un posto diverso, come se fosse un po’ all’improvviso, utilizzando quello che c’è e costruendo lentamente questo percorso di improvvisazioni e di testo insieme agli spettatori che seguono questo lungo progetto fino a dicembre.
Interpretiamo in questo modo la nostra idea di riapertura e poi, da gennaio a luglio, augurandoci che le cose tornino nomali, recuperiamo come è giusto che sia tutti gli spettacoli e le produzioni che sono saltati.
Per chi volesse saperne di più o volesse curiosare tra gli appuntamenti e le esperienze di Blossoms, il programma completo si trova on line sul sito del teatro: http://www.cssudine.it/stagione-contatto