RENZO FRANCABANDERA | Pierpaolo Bonaccurso, di Teatrop alla fine dello spettacolo che ha chiuso la prima edizione di questo festival in Calabria, ha rimarcato come questo sia stato l’unico festival estivo, degli oltre ottanta programmati in Regione, ad aver avuto svolgimento: la misura di un disastro, quello della pandemia, per gli operatori di base della cultura, che ha davvero i contorni della tragedia.
Ma qui a Melissa in provincia di Crotone, l’amministrazione comunale coraggiosissima, insieme alla direzione artistica di Teatro Ebasko, un gruppo teatrale nato a Bologna nel 2015 (prende il nome dal greco antico, ἡβάσκω: “prendere forza, divenire giovani”) ha voluto testardamente realizzare la prima edizione di RaMe, un festival di teatro e arti performative, nato dall’esperienza della residenza culturale Ra.Me. – Le Radici del Mediterraneo, partita dal 2017 a Melissa.
Quest’anno Teatro Ebasko si è aperto alla dimensione del festival itinerante con l’idea di trasformare le strade, le piazze e le attrazioni turistiche situate tra l’antico borgo di Melissa e il lungomare di Torre Melissa in luoghi di spettacolo, dove la comunità ha avuto modo di riunirsi e prendere parte alle attività artistiche.

Ho conosciuto Ebasko alcuni anni fa, nelle prime esperienze di composizione della compagine artistica, sotto il patrocinio di Teatro dei Venti a Modena, con cui hanno collaborato in modo fecondo, assorbendo quel carattere coraggioso che porta anche loro a sfidare l’impossibile.

Giulio Votta
Giulio Votta

È un gruppo di ricerca teatrale che attraverso la sperimentazione di differenti linguaggi artistici investiga le funzionalità del corpo in scena. Il tema scelto per questa edizione del Festival è “la Resistenza”, sviluppando, in questa terra in cui i contadini hanno pagato a carissimo prezzo l’emancipazione dal sopruso, l’idea che l’uomo possa diventare sempre un individuo cosciente della comunità. A questo in particolare si è ispirata la serata di apertura del festival, il 7 agosto, con la messa in scena in Piazza del Popolo di Fragalà di Teatro Ebasko, con Marzia D’Angeli, Domenico Pizzulo, Alessandro Valoroso e la regia di Simone Bevilacqua,  ispirato alle vicende di Melissa che portarono all’omicidio da parte delle forze di polizia, nel secondo dopoguerra, di tre contadini inermi e al ferimento di molti altri fra coloro che in contrada Fragalà reclamavano la redistribuzione della terra comunale occupata abusivamente dai latifondisti. Uno spettacolo sentito dalla comunità, che quest’anno ha voluto ricordare con numerose cerimonie quell’eccidio di oltre 70 anni fa rimasto impunito. Tamburo è Voce…Battiti di un Cantastorie di Nando Brusco, un viaggio nella cultura popolare e nella memoria orale, ha concluso la sezione spettacoli di una serata molto partecipata, terminata con la proiezione del docu-film E poi si vede di Domenico Pizzulo (Humareels) sul tema dello spopolamento dei piccoli paesi del Sud Italia.

In realtà, per dirla tutta, il festival era già iniziato dal 3 Agosto, perchè RaMe ha ospitato la Residenza culturale negli spazi di “Casa Kyma”, con quindici partecipanti ai laboratori teatrali, che hanno peraltro coinvolto anche alcuni membri della banda musicale di Melissa, in una parata/spettacolo tenutasi il 6 Agosto, un primo incontro fra gli artisti e la comunità che ha anticipato il festival vero e proprio.

Se la sezione dell’evento destinata a ravvivare il lungomare di Torre Melissa ha avuto una intenzione inclusiva e accogliente anche per i più giovani, come per Il circo di Pongo di e con Giulio Votta (produzione Teatro Proskenion) andato in scena l’8 agosto, le proposte successive hanno permesso di spaziare fra temi sociali e arte dell’attore.

Mario Barzaghi a Torre Melissa

È il caso ad esempio di Frammenti Divini di un Viaggio in Inferno di Teatro dell’Albero con la rielaborazione di Mario Barzaghi dei primi otto canti dell’Inferno dantesco. Barzaghi è attore con un bagaglio di esperienze molto ampio, formatosi nel teatro di base degli anni Settanta e nel Terzo Teatro, alla scuola di Renzo Vescovi con il Teatro Tascabile di Bergamo dove ha scoperto il Kathakali, la più nota fra le forme tradizionali di teatro-danza indiane, con la costruzione del personaggio basata sulla scomposizione del corpo in fasce o blocchi: parte superiore e inferiore, a loro volta ulteriormente suddivise fino ad arrivare a dei micro-dettagli. Lo spettacolo, andato in scena nella meravigliosa cornice architettonica della torre aragonese a picco sul mare, offre un esempio di applicazione delle tecniche espressive del teatro indiano al teatro di tradizione europea. Questo intenso esperimento dentro il corpo dell’attore, ma anche dentro la sonorità del verso, con cui Barzaghi porta la melodia sottesa alla rima dantesca fino a baciare il ritmo del cunto siciliano, rivela una onestà di intenti artistici e di strumenti del bagaglio dell’attore ormai assai rari da vedere in scena. Pur iscritto in un tessuto drammaturgico strano, in questa versione senza scenografie cui abbiamo assistito Barzaghi ha sfruttato appieno il potenziale della torre fino a farla diventare un meraviglioso  teatro anatomico, spingendosi agli inferi e costringendo noi a guarare al contrario, come nella sala degli sposi di Mantegna, il turbine dell’inferno della vicenda umana.
Una creazione che, soprattutto in contesti dello sguardo che uniscono la storia del territorio come nel caso di Melissa a quella della nostra lingua nella sempre viva declamazione del verso dantesco, offre davvero ancora il senso del magico insito nel gesto e nella parola teatrale.

L’espressività corporea viene spinta da Barzaghi al dettaglio, al piccolo movimento dei muscoli facciali, alle quasi impercettibili pulsazioni dello sguardo, inserendo in questo lavoro un compendio esperienziale a suo modo commovente rispetto ad un percorso soggettivo ma anche ad una sintesi di un filone di studi sulle arti sceniche fatto di grande impegno e dedizione.
Linee Libere

Ha chiuso la serata La Beatrice, spettacolo nato con la collaborazione fra la compagnia Linee Libere e l’ambulatorio di Medicina Integrata del reparto di Senologia Chirurgica dell’ospedale “Bernabeo” di Ortona e dell’Associazione Isa.
Un allestimento che si fonda sul dialogo fra memorie registrate di alcune donne, tra malattia e ricordi d’infanzia, e la costruzione del personaggio di una donna madre (che vorrebbe poi rimandare alla Beatrice angelicata dantesca) nella sua emotività e nell’attraversamento dell’esperienza della malattia.

Il lavoro ha alcune intuizioni installative, sostenute dalla potenza documentale delle esperienze narrate, che possono essere ulteriormente e fecondamente sviluppate, crescendo nelle interpretazioni e nella drammaturgia, sfrondate, come ci appare necessario, da taluni appoggi didascalici, e risolvendo in modo più efficace la presenza maschile in scena.

L’ultima giornata si è sviluppata attorno al segno danzato e alla multimedialità scenica.
Ha aperto le visioni Dietro agli occhi, performance di danza con Chiara Corbetta e Alessia Rea nata nella brevità dell’incontro di questi giorni di compresenza melissese delle due artiste, dalla corporeità distinta ma capaci di distillare una serie di efficaci combinazioni duali, in un rapporto equilibrato fra armonie sonore e segni ora di prossimità ora di distanza. La creazione, qui proposta nella sua fase germinale, merita un seguito.

Ai pochi minuti offerti delle due danzatrici, ha fatto seguito Restless esito del laboratorio condotto da Compagnia Icore con i partecipanti alla residenza culturale Casa Kyma. Parliamo qui di un progetto di ricerca, (X)STASI che la Compagnia ha avviato da tempo e che ha visto in luglio alcuni risultati pubblici nella città di Bologna in collaborazione con Làbas e Quaderni Urbani, proposti sempre con il mix laboratorio/esito. Il progetto è concepito come il secondo capitolo dello spettacolo “Arañas. Un estudio sobre la transformación” nato durante la residenza della Compagnia in Colombia nell’estate del 2019 con il patrocinio del sindacato di attori colombiani ACA. Il tema è quello della stasi, ma anche di una serie di afferenze più filosofiche sulla dinamica dello stare, dell’identità nella sosta, nel rallentamento, nella transizione fra stati (della natura, come richiama il secchio di acqua ghiacciata che durante lo spettacolo si scioglie, ma anche emotivi, come il rimando alla condizione estatica nel titolo del laboratorio).

Il contesto all’interno del quale si svolge l’azione ha evidenti riferimenti ad una dinamica rituale, ancestrale, spirituale: due le figure in movimento all’interno di un ampio cerchio delimitato da sassi; i corpi di Daniel Vincenzo Papa De Dios e Leonardo Sbabo aka Frank D’Ebola  si incontrano e si scontrano, cercando di delimitare egoistiche frazioni di spazio ma rimanando sempre dentro un recinto invalicabile di pietre, a guardia del quale ci sono altri due performer che in cerchio, recando una fiaccola con estenuante lentezza, girano loro attorno. I corpi e i loro significati sono ridisegnati dagli interventi di body art di Alessio Rosati. Fra rottura dell’immobilità, gesti liberatori e frustrazioni nel corpo imposte della società contemporanea, limiti, superamento dei limiti, fatica e movimento esasperato come sfogo purificatore, la restituzione propone un interessante grumo di pensieri sul concetto dello stare (sebbene la condizione immobile non risulti rappresentata se non dalle pietre di confine del cerchio/recinto). Siamo tutti stati prigionieri in questo tempo. Siamo riusciti ad urlare? Abbiamo rotto i nostri recinti? Che possibilità abbiamo concretamente di farlo? Il lockdown ci ha solo forse reso visibile la nostra condizione. Nulla più.
Nell’ottica della direzione dello spettacolo, il fluido materiale di lavoro resta da mondare di qualche complicazione concettuale e di taluni rimandi un po’  semplicistici che, a conti fatti, non pertengono al nucleo profondo di pensiero e ne sovraccaricano la leggibilità.

Greta Belometti di Teatrop

Arriviamo al finale: nella bella cornice di Piazza del Popolo a Melissa alta, al termine di un incontro di comunità che ha visto omaggiare, da parte della amministrazione comunale, una delle più attive figure del territorio nella pratica della tessitura dei valori identitari di Melissa di solidarietà e speranza, suor Andreina, ha chiuso la serata e il Festival lo spettacolo Favole di sabbia – C’era una volta della Compagnia lametina teatrop. Alla parte testuale ispirata alla favola del Pifferaio magico, affidata, come si diceva ad inizio articolo, alla voce narrante di Pierpaolo Bonaccurso, fa da contraltare scenico il pregevolissimo lavoro per immagini della artista visiva Greta Belometti qui impegnata in una interessante azione di live painting con il medium della sabbia, distesa su un piano luminoso. Le immagini così ricavate vengono proiettate su un grande schermo, e permettono, nella facile ricombinazione del medium, alla artista di sand art di creare un universo immaginifico e ricco, capace di suggestionare un pubblico anagraficamente composito.

Simone Bevilacqua di Teatro Ebasko

Una ricchezza, RaMe per la comunità di Melissa e per gli artisti che hanno potuto abitare in queste giornate una geografia meravigliosa e poco conosciuta. La Calabria è una regione stupenda, piena di tesori nascosti, che occorre valorizzare in un dialogo sempre più stretto fra contemporaneità dei linguaggi, delle forme espressive e delle dinamiche rituali, che in questa terra, per fortuna, sono ancora ricche e presenti, e che possono essere valorizzate da amministrazioni illuminate, interessate allo sviluppo sostenibile e alla ripopolazione ideale prima ancora che fisica dello spazio abitato.

 

 

FRAMMENTI DIVINI DI UN VIAGGIO IN INFERNO
con Mario Barzaghi
messa in scena Alberto Grilli
luci Marcello d’Agostino
produzione Teatro dell’Albero

LA BEATRICE
scritto e diretto da Irene Di Lelio
con Carlotta Mangione, Manuel Andreani
clarinetto: Gabriele Silvestri
produzione Linee Libere

RESTLESS “(X)STASI” – IL LABORATORIO
regia, drammaturgia e mise en espace: Daniel Vincenzo Papa De Dios e Leonardo Sbabo
Sound design ed esecuzione live: Luca Guglielmetti
Trucco & Body Art a cura di Alessio Rosati instagram.com/traumrat
con i partecipanti del laboratorio teatrale
progetto parte del percorso di ricerca (X)STASI con il sostegno di Làbas e Quaderni Urbani

FAVOLE DI SABBIA: C’ERA UNA VOLTA
di e con Greta Belometti e Pierpaolo Bonaccurso
regia di Piero Bonaccurso
produzione Teatrop