RENZO FRANCABANDERA | Era finita l’anno scorso con Mariangela Gualtieri che declamava le sue poesie sotto la torre dei giardini di Rovigo, in un silenzio di attenzione palpitante. Nella scorsa edizione, l’Associazione Festival Opera Prima era riuscita a portare a Rovigo 19 compagnie, di cui 6 internazionali, per un totale di84 artisti ospitati. Il Festival aveva visto la programmazione di40 eventi totali, di cui 16 gratuiti, in12 differenti spazi della città (Teatro Sociale, Teatro Studio, ex Chiesa San Michele, Accademia dei Concordi, una casa privata, Gran Guardia, Sotterranei due Torri, Museo dei Grandi Fiumi, Piazza Vittorio Emanuele II, Corso del Popolo, Piazzetta Annonaria, Giardini due Torri).
Quest’anno sembrava impossibile riuscire a far vibrare la città.
Sembrava impossibile anche farlo il Festival.
Certo non con i 1700 spettatori paganti e le oltre 8000 presenzeagli eventi gratuiti dell’anno scorso.
Eppure…
Il Festival del Teatro del Lemming, storica istituzione fondata e diretta da Massimo Munaro, è un evento tenace, coraggioso. Un’araba fenice che risorge proprio quando sembra bruciare. Era già successo negli anni dal 2002 ai 2006 quando tutto sembrava finito e comunque dal 1994, quando c’era stata la prima edizione, il percorso non era mai stato facile. Ma ieri, vedere alle ore 20,15 il Teatro Studio pieno anche se con i distanziamenti, e il Chiostro degli Olivetani a suo modo gremito per lo spettacolo seguente delle 22. Vuol dire che questo gruppo di artisti ha creato un legame col territorio, che il Festival è una necessità per chi lo abita.
A conclusione del triennio dedicato al tema “Generazioni”, anche quest’anno il Festival, partito con alcuni eventi nei giorni passati e che vive il clou in questa seconda metà della settimana, ospita 4 gruppi storici della ricerca teatrale italiana, che hanno segnalato ciascuno un giovane gruppo o artista per un festival dedicato al teatro contemporaneo e alla ricerca nuovi linguaggi ma anche dedicato alle nuove creatività giovanili. Accanto a questi otto eventi, l’Associazione Festival Opera Prima ha selezionato altri spettacoli tra le proposte pervenute attraverso il bando promosso a marzo. E anche qui, a testimoniare della forza viva di questo festival non solo in Italia, si segnalano le oltre 500 le proposte ricevute, di cui più di un centinaio provenienti dall’estero. Proprio nei mesi della pandemia!
Dopo l’incontro della città con Giuliano Scabia, le repliche di Metamorfosi, la creazione del Teatro del Lemming che abbiamo di recente raccontato, la serata del 10 ha visto come protagonisti i maestri Abbondanza/Bertoni con Hyenas.
È il racconto di un ballo in maschera a cinque.
Dal fondo della sala entrano in scena gli individui protagonisti uno per volta. Hanno delle maschere da animali da gregge, ovini, bovini.
La struttura della creazione è circolare. Per tre volte viene compiuta, con alcune variazioni sul tema, un ciclo di gesti e situazioni. I cinque si dispongono in una sorta di schiera, si guardano, si scrutano, scrutano noi, poi un’esplosione di gesti e percussioni sul loro corpo, tipo Haka dei Māori, per poi spostarsi prima a destra in una composizione coreografica di errori e intermezzi, e poi a sinistra, in un annusarsi singolo e di gruppo. A quel punto irrompe un vortice di deep house che li travolge in una danza sfrenata e streboscopica con leggeri toni di fumogeno. Agiscono i cinque ciclicamente una presentazione, una preparazione, un ballo. Dal secondo giro inizia una sorta di variazione sul tema, esercizi di stile alla Queneau fra smascheramenti e trasformazioni identitarie, le iene nascoste sotto le pecore, in quadri generazionali che vorrebbero contrapporre all’uniformità “global” del gregge con il suo bisogno di tribalità archetipica e rituale, ripetitiva, il violento e solitario ghigno della iena sotteso alle individualità sotto la maschera.
Michele Abbondanza e Antonella Bertoni fanno un salto dalle rarefazioni de La morte e la fanciulla (2017) verso il tentativo di un complicato affresco generazionale che, pur aiutato nella drammaturgia dal sostegno di Danio Manfredini pare in qualche modo mancare di un tassello proprio in questa parte, che al di là della struttura ciclica si avvita un po’ su se stessa senza una sosta poetica e ristoratice se non nel bel finale, in cui la visione ravvicinata si perde in un immaginario di savana di notte, di metropoli animale e buia abitata da belve indecifrabili. Un’atmosfera e una nota concettuale intervallare e discontinua che forse anche in altri momenti dello spettacolo avrebbe giovato alla composizione.
Dal Teatro Studio ci spostiamo per il secondo spettacolo serale nel bel Chiostro degli Olivetani, Sarajevo, mon amour di Farmacia Zoo:è, interpretato da Gianmarco Busetto, Carola Minincleri Colussi: lavorano assieme anche alla drammaturgia e alla regia.
Si tratta di uno spettacolo selezionato attraverso il Bando Opera Prima. La compagnia nata nel dicembre 2006 a Mestre dall‘incontro tra i due artisti si occupa di teatro, poesia e performance con un’attenzione al rapporto fra individui e comunità.
Sarajevo, mon amour, nello specifico, porta in scena una storia tragica, fra le migliaia occorse negli anni dell’assedio di Sarajevo fra il 1992 e il 1996, i 1.425 giorni durante la Guerra dei Balcani.
La domanda che origina lo spettacolo è: “Chi vince quando trionfa l’odio?”. Per rispondere veniamo fatti partecipi della vicenda di Boško Brkic e Admira Ismic, conosciuti come “Giulietta e Romeo dei Balcani“, fidanzati di etnie e origini differenti, uccisi da un cecchino e morti abbracciati sul ponte di Vrbanja, mentre cercavano di fuggire insieme da Sarajevo, per poter continuare ad amarsi e a vivere la loro vita lontani dalla città che amavano ma che era ormai sotto assedio e dove ogni giorno la vita diventava sempre più complessa per una coppia di ragazzi di etnie contrapposte nel conflitto.
Per chi non conoscesse la vicenda, un ampio documentario della PBS del 1994 diponibile online racconta della ragazza bosniaca e del giovane serbo bosniaco uccisi il 19 maggio 1993 dopo un anno dall’inizio dell’assedio e dentro uno scenario in cui già la disumanità si era manifestata in tutte le sue forme, con la complicità anche dei soldati delle Nazioni Unite, il cui ruolo in quel conflitto è stato più volte oggetto di critiche e con chiare accuse di responsabilità diretta per non aver evitato diversi massacri.
Sarajevo, mon amour, è l’intreccio di una serie di storie, da quella di chi racconta a quella dei due ragazzi, a quella di una terra diventata suo malgrado teatro di un massacro. La creazione si sostiene su un dispositivo scenico semplice ma non banale, composto da una serie di pochi oggetti sul palco, una decina di pneumatici, coriandoli e una video proiezione gestita dall’interno dai due attraverso una telecamera mobile che riprende ora l’uno, ora l’altro, ora dei dettagli dell’azione scenica, in una mescolanza di segni che nel complesso funziona, al netto di qualche piccolo miglioramento possibile nella pulizia del movimento, specie nell’interazione con la tecnologia.
La parte narrativa è più efficace degli intermezzi che dovrebbero intervallare la vicenda con delle piccole riflessioni di natura più lirica, ma che a volte sembrano introdurre qui e lì inserti un po’ didascalici, in una vicenda che invece per tutto lo spettacolo avvince, con ritmo, belle trovate di scena, un recitato composto e funzionale che porta il pubblico in un grandissimo silenzio attento.
Belle le musiche. Alcune immagini mantengono una grande potenza e restano nella memoria, insieme alla vicenda stessa, nel complesso ben narrata.
HYENAS forme di minotauri contemporanei
di Michele Abbondanza, Antonella Bertoni
coreografie in collaborazione con i danzatori Marco Bissoli, Sara Cavalieri, Cristian Cucco, Ludovica Messina, Francesco Pacelli, Eleonaora Chiocchini
disegno luci e direzione tecnica Andrea Gentili
collaborazione alla drammaturgia Danio Manfredini
realizzazione maschere Nadezhda Simeonova
produzione COMPAGNIA ABBONDANZA / BERTONI Rovereto con il sostegno di MiBACT, Provincia autonoma di Trento, Comune di Rovereto, Fondazione cassa di risparmio di Trento e Rovereto
durata 60’
SARAJEVO, MON AMOUR
con Gianmarco Busetto, Carola Minincleri Colussi
ricerca drammaturgica e regia Gianmarco Busetto, Carola Minincleri Colussi
regia tecnica Marco Duse, Pietro Zotti
Produzione FARMACIA ZOO:E’ Venezia/Mestre con il sostegno di Teatro del Lemming – In Metamorfosi. Residenze per la ricerca teatrale 2019 – 2020, Estro Teatro – Fantasio Festival Internazionale di Regia teatrale 2019
prima nazionale
durata 60’
Bando opera prima
Festival Opera Prima – www.festivaloperaprima.it – operaprimafestival@gmail.com