RENZO FRANCABANDERA | Ci hanno provato a convincerli. Ma senza riuscirci. I due celebri amanti di Verona shakespeariani non vedevano l’ora di sposarsi; questi loro interpreti, senior quanto basta da aver attraversato gli ultimi cinquanta anni del teatro italiano, un po’ meno.
Il paradosso è che Ugo Pagliai e Paola Gassman, storica coppia della scena nazionale conosciutasi nell’allestimento dell’Orlando Furioso di Ronconi, non ha mai interpretato in cinquanta anni gli storici personaggi di Romeo e Giulietta.
«Ero troppo alta», dice la Gassman, in uno degli intermezzi dello spettacolo-intervista affidato alla regia di Babilonia Teatri, ovvero l’altra coppia formata da Enrico Castellani e Valeria Raimondi.
Due coppie nella vita e sulla scena, un salto generazionale importante quello che separa gli interpreti e i registi (invero anche loro presenti nel meccanismo spettacolare) per un allestimento fra i più curiosi di questa edizione dell’Estate Teatrale Veronese sotto la nuova direzione artistica affidata a Carlo Mangolini.
Nata nel 1948 per volontà del Comune di Verona per rendere omaggio a William Shakespeare e sottolinearne il legame con la città scaligera, la rassegna si conferma appuntamento imprescindibile nel panorama culturale nazionale.
«Dal momento che quest’anno le norme del distanziamento sociale non ci consentono di mettere in scena i grandi allestimenti shakespeariani – precisa il direttore artistico – abbiamo chiesto agli artisti invitati al festival di rivisitare alcuni testi, offrendo inedite chiavi di lettura a titoli simbolo del teatro di tutti di tempi. Romeo e Giulietta, Re Lear, Amleto e Macbeth tornano pertanto sul palco del Teatro Romano sotto una nuova luce grazie alle riscritture di Babilonia Teatri, Melania Mazzucco, Steven Berkoff con Fanny & Alexander. Ma anche grazie alle inaspettate interpretazioni di Ugo Pagliai con Paola Gassman, Vanessa Scalera, Chiara Francini con Andrea Argentieri e Sergio Rubini».
La regia sceglie di abbattere i fondali del palco del teatro romano di Verona in modo da permettere alla città stessa, naturale ambientazione del dramma shakespeariano di fare da sfondo.
Certo non è più la Verona silenziosa e senza traffico dei tempi del grande drammaturgo, e così un po’ la fruizione, soprattutto di chi è posizionato in alto nelle gradinate, viene un po’ contaminata dal passare di autobus, motorini e qualche ambulanza.
Ciò nonostante il racconto inizia con la giusta palpitazione per i destini della coppia. Non di quella letteraria, le cui tristi vicende sono note, ma di quella degli interpreti, cui il duo registico chiede un impegno emotivo non banale sottoponendoli ad inizio spettacolo ad una prova al cardiopalmo.
«È la cosa più rischiosa che ho fatto in vita mia» dice poco dopo Pagliai, quasi quanto portare in giro i giganteschi cavalli del famoso spettacolo ronconiano.
Al di là del rimando ai cavalli mobili dell’Orlando Furioso, che diventano in questo allestimento cavallucci da giostra portati in giro per la scena da intepreti e comparse, lo spettacolo consiste in un’alternanza fra momenti in cui la maggiore delle due coppie viene intervistata da quella anagraficamente più giovane, e momenti in cui i due interpreti anziani danno vita, con una tenerezza tutta loro, che ovviamente attribuisce altre caratteristiche di senso al testo, i più celebri duetti fra i due amanti di Verona. La costruzione drammaturgica, come anche nelle tragedie di Shakespeare, viene intervallata da una presenza giullaresca, un lanciatore di coltelli, prestigiatore e altro, che di tanto in tanto interviene, talvolta in forma onestamente assai accessoria, nell’incedere della creazione.
Povera è la scenografia, con una balconata che diventa impalcatura ferrea, un muro di legno a fare da fondale mobile, le sedie e i cavallucci da giostra.
La giostra della vita avanza inesorabile fra memorie, avventure, vita di coppia. Come resistere tanti anni fra palcoscenico e vita?
Ma, a proposito, Ugo e Paola: Siete sposati?
Il duo Castellani Raimondi cerca in tutti modi di convincere i due attori esperti a contrarre matrimonio vero, ma la loro opposizione è ferrea. Se s’ha da fare, si farà solo nella finzione scenica.
E così alla presenza di un vero assessore (ma senza fascia) viene celebrato un finto matrimonio.
In fondo è il gioco a cui si gioca per tutta la creazione, il bordo fra vita vissuta e finzione della scena, fra concretezza dell’esistere e dimensione fantastica che il teatro è capace di regalare ai suoi interpreti, la cui presenza resta quasi come fantasmatica anche dopo la morte, dicono i due grandi frequentatori di camerini, ricordando una frase di Eduardo e raccontando delle tante volte in cui queste presenze spiritiche sono diventate per loro quasi sensibili nella solitudine dei teatri.
Il post mortem d’altronde è proprio il modo in cui lo spettacolo inizia, con l’invenzione di un ipotetico atto aggiuntivo, creato ad hoc riutilizzando le parole del Bardo, e che racconta dell’incontro delle due anime degli amanti veronesi che si ritrovano nell’aldilà una volta morti: uno struggimento che ambienta e intona il lavoro in questa consapevolezza di maturità anagrafica, vita, amore e passione, morte, sogno e unione.
Cosa c’è dopo? Chi lo sà.
I due tornano a fine lavoro nell’ipotetico al di là in cui li avevamo trovati, come anime dantesche, correndo dietro a lucciole intermittenti che sembrano raccogliere con le mani, inseguendole nel buio.
ROMEO E GIULIETTA
regia Babilonia Teatri
con Paola Gassman e Ugo Pagliai
e con Enrico Castellani, Valeria Raimondi, Francesco Scimemi, Luca Scotton
produzione Teatro Stabile di Bolzano/Teatro Stabile del Veneto