RENZO FRANCABANDERA | L’edizione di Contemporanea Festival_20 s’inserisce, come tutte le rassegne di spettacolo dal vivo di quest’anno, in uno scenario diverso e inaspettato, imponendo uno sforzo straordinario di immaginazione sia per i luoghi che per la programmazione del Festival stesso; l’evento, uno dei più significativi fra quelli che si occupano di linguaggi della scena del tempo presente, con la direzione di Edoardo Donatini è ospitato a Prato nei vari teatri e siti gestiti dal circuito del Metastasio.
Agli artisti di questa strana edizione il compito di interpretare lo spazio della scena condizionato dai nuovi codici: incontri, momenti teorici di approfondimento, esperienze laboratoriali, seminari di studio, le produzioni site specific, attraverseranno tutto il progetto.
Fra gli ospiti ci sono veri e propri campioni della scena internazionale come Milo Rau/IIPM, Agrupación Señor Serrano, Sergio Blanco, oltre a tanti validi esempi della scena italiana indipendente come Davide Valrosso, Teatro delle Ariette, TPO/MET, Masako Matsushita, Olimpia Fortuni, Claudia Caldarano, Elisabetta Consonni, Kinkaleri, Greta Francolini, Giorgia Ohanesian Nardin, Vico Quarto Mazzini, Industria Indipendente, Luna Cenere, Trickster_p, Massimiliano Civica/MET, Marco Chenevier, Alessandro Sciarroni, Laura Simi/Silenda, Monica Demuru. Gli incontri, i momenti teorici di approfondimento, le esperienze laboratoriali, le conferenze, i seminari di studio, le produzioni site specific, sono le azioni che ci guideranno per tutta la durata del progetto.
E proprio di The mountain di Agrupación Señor Serrano raccontiamo qui, ultima creazione del collettivo spagnolo, ormai da tempo ospite in Italia in stagioni, rassegne e festival, con il suo codice di micromondi che fanno da ambientazione per riprese video e proiezioni, controaltare visivo di drammaturgie che hanno a che fare con la distorsione del paradigma della verità, il ruolo dei media.
Quando il pubblico entra in sala trova i tre interpreti, due uomini e una donna, intenti a giocare a badmington, dentro una luce verde acido. Di lì a poco inizierà lo spettacolo che, come sempre nei lavori della compagnia, vede la scena occupata da piccoli set, tavoli e superfici di proiezione utili a creare ambientazioni per le riprese dal vivo, che vengono realizzate sotto gli occhi del pubblico e animate con piccoli effetti speciali creati lì per lì con mezzi assai artigianali.
Nel tempo occorre dire, tuttavia, che la raffinatezza di questi piccoli mondi costruiti a tavolino è andata via via aumentando, così come la qualità delle riprese video, tanto da poter dire senza ombra di dubbio che in questo caso ci troviamo di fronte al lavoro più riuscito dal punto di vista tecnico e tecnologico della compagnia. La vicenda narrata durante lo spettacolo è la risultante dell’intreccio di tre vicende: quella dello scalatore George Mallory e l’incerto esito della prima spedizione all’Everest nel 1924; il suo corpo è stato trovato poco più di un decennio fa, a molti anni da quella che si presume sia stata la rovinosa caduta che lo portò alla morte nei pressi della cima più alta del mondo.
Il dilemma è se lo scalatore abbia o meno conquistato effettivamente la cima della montagna. La seconda vicenda riguarda invece il celebre scherzo radiofonico perpetrato ai danni dei suoi ascoltatori da Orson Welles, con la famosa interpretazione per voce e microfono di un’invasione marziana. Il terzo tema che si intreccia ai primi due, e che le costituisce il raccordo filosofico e logico di tutto lo spettacolo, è la vicenda costruita intorno alla figura del presidente russo Vladimir Putin. In realtà nello spettacolo, più che una vicenda legata a lui, nello spettacolo viene raccontata tutte l’attività più o meno illecita che alcuni grandi governi realizzano attraverso l’immissione in rete, sui social media, di campagne di fake news. La compagnia stessa si autodenuncia e racconta di come abbiano aperto un sito di informazioni che poi ha diffuso notizie false, condivise e lette da migliaia di persone.
Grazie a questo espediente, sono addirittura riusciti anche a guadagnare quasi 2000 €, attraverso la pubblicità di Google. Questo ha consentito anche di finanziare in parte lo spettacolo con l’acquisto di un software digitale in modalità demo, che permetteva ai performer di prendere le sembianze di Vladimir Putin nella proiezione.
C’è anche un drone che si muove è qui e lì, per fare delle riprese aeree e che ad un certo punto diventa protagonista dell’invasione marziana.
Il tema vero ovviamente riguarda i media e la verità, messi a confronto con l’antico ed umanissimo epistolario a distanza, fatto di lettere che spesso arrivavano settimane dopo, fra lo scalatore scomparso e sua moglie che lo attendeva a casa.
La verità.
Raggiungerla, cercarla, è faticoso: scalare una montagna, con tutti i sacrifici che implica, tutti gli sforzi, i disagi, per raggiungere la cima e vedere la realtà per quello che è, e non solo ombre o riflessi. Ma è davvero una immagine che racconta il percorso verso l’assoluto? Esiste la verità? O è una convenzione fra persone? La vicenda, anzi l’intreccio delle vicende, ha davvero un ritmo serrato, salta di qui e di là, consentendo allo spettatore una agevole comprensione delle questioni di fondo dello spettacolo, assai in linea con le tematiche socio-politiche, care alla Agrupación Señor Serrano.
Tutti mentiamo. Lo facciamo in media tre volte al giorno, secondo studi richiamati dagli artisti spagnoli. O almeno non siamo strettamente fedeli alla verità, nascondiamo informazioni. «Dovremmo abbracciare la menzogna, dovremmo insegnare la menzogna a scuola – dicono gli artisti- insegnare come funziona la menzogna in modo che possa essere rilevata, confrontata e disattivata. Perché se la menzogna esiste, allora esiste anche la verità e, quindi, possiamo desiderarla. La menzogna e la verità sono solo esercizi di narrazione e, come sa ogni narratore, le storie sono fatte principalmente di forma e solo un po’ di contenuto.»
il plot drammaturgico ricalca un modulo creativo ormai rodato, che unisce ad una vicenda soggettiva specifica, in questo caso quella dello scalatore, una tematica mass mediatica di conoscenza comune e infine una traccia più politico filosofica, che è il vero interesse, il tema centrale, quello che, grazie all’intreccio delle altre due vicende, troverà verifica, conferma argomentativa.
La riuscita è come sempre più che buona: dal punto di vista tecnico la dotazione a disposizione della compagnia, ormai celebre in tutta Europa e non solo, si va facendo sempre più ricca senza però minare la capacità degli artisti di raccontare in maniera semplice e accessibile, con un linguaggio che fa quasi del tutto a meno dell’attore.
La narrazione è quasi integralmente digitale, e l’azione performativa consiste nella creazione di uno spettacolo fatto perlopiù di videoproiezioni, realizzate in diretta sotto gli occhi dello spettatore, un po’ con lo stesso modulo creativo di Cathy Mitchell.
Dopo il festival Contemporanea a Prato, sarà possibile vedere questo lavoro a Milano, presso Zona K, che negli anni ha più volte ospitato la compagnia in Italia.
THE MOUNTAIN
di Agrupación Señor Serrano
creazione Àlex Serrano, Pau Palacios, Ferran Dordal
performance Anna Pérez Moya, Àlex Serrano, Pau Palacios, David Muñiz
video-programmazione David Muñiz
video creazione Jordi Soler Quintana
musica Nico Roig
spazio scenico e modellini in scala Àlex Serrano, Lola Belles
assistente scenografia Mariona Signes
costumi Lola Belles
design luci Cube.bz
maschera digitale Román Torre
produzione Barbara Bloin
produzione esecutiva Paula Sáenz de Viteri
diffusione in Italia Ilaria Mancia
management Art Republic