ILENA AMBROSIO e GIORGIO FRANCHI
IA:«Fatti piccolo, tutto piccolo piccolo e passa da qui. Ogni inizio, in fondo, è solo un seguito».
Una scritta in bianco che circonda un buco su un cartoncino nero, un passaggio piccolo, minuscolo che fa da accesso a un regno in cui la piccolezza è preziosa, feconda e in cui lo scorrere del tempo è attesa e insieme cura, ritrovamento di ciò che manca, riconoscersi… un regno da fiaba ma forse non solo.
È da quel buco che la storica compagnia Teatro Gioco Vita e il Balletto di Roma sono entrati e invitano a entrare nel mondo dell’illustratrice ceca Květa Pacovská, riproponendone Il Piccolo Re dei Fiori nella forma di una Fiaba per musica, ombre e danza ideata da Fabrizio Montecchi e Valeria Longo con l’apporto alla drammaturgia di Enrica Carini. Debutto in streaming il 14 febbraio dal Teatro dei Filodrammatici di Piacenza.
La storia: un re piccolo, con le tasche grandi piene di bulbi di tulipano, decide di prendersi cura di un piccolo giardino. Attende la fioritura, ne ammira la bellezza ma si rende conto che gli manca qualcosa, l’amore di una principessa che poi scopre essere sempre stata lì, proprio in uno dei suoi tulipani.
Piccolezza, cura, attesa, amore…
GF: Un re, ma un piccolo re. Non di Norvegia, non di Danimarca, bensì dei fiori. Un doppio ossimoro, un calembour con cui Květa Pacovská detronizza gli anacronistici monarchi del regno delle fiabe. Il giovane lettore è il vero protagonista: non ha bisogno di gerarchie indiscutibili che gli dettino lezioni morali, impara da sé trasformando ciò che lo circonda nel suo regno, esercitandosi ogni giorno a curarlo con amore e gentilezza.
Sulla carta, l’idea di piccoli personaggi per piccoli lettori sembra nata dall’intramontabile vizio degli adulti di romanticizzare l’infanzia, senza in fondo crederci troppo. Rischio forse presente in altri settori ma non nel teatro, dove le produzioni per il giovane pubblico sono spesso la punta di diamante dell’offerta italiana, grazie a un occhio attento e curioso sulle nuovissime generazioni. Lo spettacolo cofirmato Teatro Gioco Vita – Balletto di Roma non fa eccezione, decidendo di riproporre questo gioiello della letteratura per ragazzi nel 2021, a trent’anni dalla sua pubblicazione.
IA: L’immaginario artistico della Pacovská – vincitrice nel 1992 dell’Hans Christian Andersen Award il più importante riconoscimento per illustratori e scrittori per bambini – impregna la scena: le figure geometriche e i colori sgargianti decorano la credenza di cartone, dove si conservano desideri, che sta a centro palco; sulla destra un variopinto orologio, elemento ricorrente nei disegni dell’artista, segna il trascorrere delle stagioni; il pavimento disegnato di linee rosse; i costumi, in particolare i colori vivaci indossati da Isabella Minosi, interprete insieme a Marcello Giovani. Le illustrazioni dell’artista prendono vita nelle sagome e nei disegni realizzati da Nicoletta Garioni e Agnese Meroni che, sempre più vividi e variopinti, animano, insieme al disegno luci di Anna Adorno i pannelli posti a fondo scena. Un’altra prova di come Teatro Gioco Vita abbia trovato una strada del tutto originale e alternativa al teatro d’ombre comunemente considerato di “dominio” della cultura orientale. Una strada che plasma con la luce più che con l’ombra le proprie figure e che si dimostra particolarmente adatta a ridisegnare le opere della Pacovskà.
Ma la messa in scena non punta unicamente su questo aspetto estetico e, sconfinando le pagine della storia del Re, abbraccia l’intero universo poetico della Pacovskà in una costruzione che concatena il progredire dalla fiaba animata dalle ombre a quello della storia dei due giovani in scena.
La realtà dei danzatori è, infatti, una dimensione parallela alla fiaba: lui un giovane che decide di prendersi cura di una piccola aiuola, lei un’artista che lo osserva dal suo studio e che, non vista, gli lascia bigliettini legati da fili rossi. Su quei cartoncini donati con la premura di chi ama teneramente ma di nascosto, parti di fiaba cui danno voce Valeria Barreca e Tiziano Ferrari: voci, anche queste, accurate, che accolgono la parola porgendola con l’espressività necessaria affinché giunga semplice e diretta insieme alle immagini luminose. I due giovani: suggestioni di Claude e Laura, giovani ritratti dall’artista. I bigliettini: i paper wish pensati dalla Pacovská per conservare i propri desideri e regalarli al momento opportuno, facendoli in qualche modo avverare. Tutti questi elementi si intrecciano alla fiaba in una dimensione di preziosa “piccolezza”, di esaltazione di quell’essenziale che è poco visibile e che coinvolge non solo il senso ma anche il gesto, il dettaglio scenico, il suono.
GF: La seconda guerra mondiale ha lasciato ferite profondissime nella nostra storia nazionale, che solo spostando lo sguardo dalla glorificazione dell’impero verso la dimensione intima famigliare hanno potuto essere sanate. Nasce così il neorealismo di De Sica, Rossellini e Visconti: un ritorno al senso di comunità e alla grazia dei piccoli gesti, di cui c’è disperato bisogno nell’epoca in cui la pandemia tronca di netto il miraggio di eterna beatitudine dell’occidente.
Vedendo Il piccolo re dei fiori appare subito questo filo narrativo tra realtà e favola: il bisogno di stringersi vicini, di aiutarsi, la responsabilità intesa come cura del prossimo, riparando dalla pioggia i tulipani appena sbocciati con un’elegante arabesque, analogia di un giardino di sogni che ha bisogno di un’intera comunità per fiorire. E ancora, il senso di una realtà che ora si restringe e che per questo va amata e difesa, con il cuore e non con i denti, che si tratti del pianeta Terra o di un ricordo d’infanzia. L’educazione a una nuova filantropia, come la intendeva Menandro in tempi lontani dai fasti della polis, in cui ciò che rimaneva era fare del proprio meglio per prendersi cura dell’altro. E non è un segreto che i bambini, nel captare la sofferenza altrui, siano dei professionisti.
IA: Questa realtà da difendere è nelle azioni mute degli interpreti – disegnate con una semplice eleganza che richiama il cinema degli anni ’20 – che acquistano senso nel racconto orale e visivo della fiaba. La loro danza, lieve e soave, sfiora l’espressività del mimo, dando a sua volta corpo alla bidimensionalità delle immagini e trasponendo la fantasia nella realtà. Un soffio vitale sembra rimbalzare da una parte all’altra, dalla scena ai pannelli, fluendo come lungo il pentagramma della brillante partitura musicale realizzata da Paolo Codognola, composta di sonorità cangianti e generose nell’assecondare le tinte emotive della vicenda, il progredire delle stagioni segnato puntualmente dall’orologio illuminato.
L’andare di lui è un passeggiare svagato, con le mani spesso infilate nelle tasche e un’espressione di stupore sempre dipinta sul volto. Lei, leggiadra e sorridente, è invece consapevole e attenta, lo osserva e, senza che lui se ne renda conto, lo sostiene e incoraggia nella scoperta di ciò di cui ha bisogno. Una Beatrice danzante.
Così, lungo lo scorrere delle stagioni, vanno come fluttuando, fino al momento in cui il ricongiungersi del Principe e della Principessa coincide con il loro, il loro passo a due è anche quello in cui riescono a toccarsi realtà e fantasia. Un ricongiungersi che è scoprirsi e riconoscersi, ritrovarsi dopo un’attesa che era stata cura assidua e attenta di un piccolo, minuscolo giardino.
GF: Uno spettacolo bello non ha bisogno di tante parole. L’esecuzione è toccante, gli interpreti impeccabili, le ombre, marchio di fabbrica del Teatro Gioco Vita ispirate ai disegni di Pacovská, fanno per gli adulti il lavoro di lente di ingrandimento della realtà che per i bambini fa la fantasia: se per Julia Roberts in Notting Hill l’amore ideale è stato dipinto da Chagall, l’immaginazione che si spegne quando finisce l’infanzia brilla di nuova luce nei disegni dell’illustratrice ceca, dosati con saggezza dalla regia. Un inno al guardare al proprio fianco prima ancora che avanti, permeato da una nota di speranza, non slegata, tuttavia, dalla responsabilità individuale.
IA: Giuro che io salverò la delicatezza mia
la delicatezza del poco e del niente
del poco poco, salverò il poco e il niente
il colore sfumato, l’ombra piccola
l’impercettibile che viene alla luce
il seme dentro il seme, il niente dentro
quel seme. Perché da quel niente
nasce ogni frutto. Da quel niente
tutto viene.
Cascano a pennello le parole di Mariangela Gualtieri per chiosare questo lavoro. Il poco di un bulbo, la delicatezza di un tulipano, il niente che può sembrare un desiderio scritto in forma di fiaba su un cartoncino decorato da nastri rossi… Dalla cura del poco e del niente tutto viene: viene un giardino che diventa un regno e vengono due cuori che possono disegnarsi addosso i nomi l’uno dell’altro, così come nella danza i due giovani immaginano di disegnare sulle loro braccia la fine della storia: «E insieme da quel girono il piccolo re e la piccola regina si presero cura del loro giardino e dei loro desideri.
E vissero felici nel regno dei fiori».
IL PICCOLO RE DEI FIORI
Fiaba per musica, ombre e danza
da Il Piccolo re dei Fiori di Květa Pacovská
una creazione di Valerio Longo e Fabrizio Montecchi
con Marcello Giovani e Isabella Minosi
drammaturgia Enrica Carini e Fabrizio Montecchi
coreografie Valerio Longo
regia e scene Fabrizio Montecchi
musiche Paolo Codognola
sagome Nicoletta Garioni e Agnese Meroni (tratte dai disegni di Květa Pacovská)
costumi Sara Bartesaghi Gallo e Nicoletta Garioni
voci Valeria Barreca e Tiziano Ferrari
luci Anna Adorno
collaborazione alla drammaturgia Valerio Longo e Francesca Magnini
realizzazione scene e oggetti scenici Giovanni Mutti, Nicoletta Garioni e Agnese Meroni
coproduzione Balletto di Roma e Teatro Gioco Vita
NUOVA PRODUZIONE 2021
pubblico: da 4 a 8 anni
durata: 50’