Molto più di un bar
di Bianca Macerini Papini
Un bar, un luogo di mezzo, terra di nessuno dove entrano ed escono storie, dove ci si incontra e ci si scontra, dove può non avvenire niente, oppure può succedere di tutto. Perché il bar, a teatro, non è solo un bar. È quello che accade ogni giorno in un bar a essere sorprendente; quello che accade alle persone che passano di lì. Ai personaggi di Animali da bar, spettacolo di Carrozzeria Orfeo.
Si tratta di “animali” in perenne lotta con gli altri che tentano di difendersi oscurando così il conflitto con sé stessi. Un teatro “sociale”, esistenziale, quello del drammaturgo e regista Gabriele Di Luca, che si focalizza essenzialmente sugli esseri umani. Un teatro in cui nessuno è protagonista e tutti sono vinti dalla vita. Per risultarne meno sopraffatti i personaggi si aggrappano all’alcool, al razzismo, alle illusioni, all’odio, guidati da un dolore che non riescono a canalizzare, un dolore che può sfociare in violenza. Verso sé stessi, come accade al personaggio di Sciacallo, che cerca continuamente di suicidarsi, o a quello di Mirka, che mette in affitto il proprio utero pur bevendo troppo. Oppure una violenza che può indirizzarsi verso gli altri, come accade al Vecchio, personaggio che non si rivela mai e che tuttavia si sente, tramite uno walkie talkie, prendersela con gli extracomunitari. In questo microcosmo tra l’umano e il ferino vi è anche Swarovski, scrittore maledetto che sputa sentenze. E poi ancora Milo, imprenditore fallito, ma tenace, di un’azienda di pompe funebri per animali, e Colpo di Frusta, buddhista difensore del Tibet che viene picchiato dalla moglie.
Gli attori – Pier Luigi Pasino, Beatrice Schiros, la voce di Alessandro Haber, Paolo Li Volsi, lo stesso Gabriele Di Luca e Massimiliano Setti – con la loro spontanea comicità riescono a instaurare un rapporto di fiducia con lo spettatore, generando empatia nella risata, ma anche nella commozione e nei momenti più amari, che non mancano. A legare tutti i personaggi di questa messinscena è la fragilità, minimo comune denominatore dell’umanità intera. E sul palco può essere manifestata e rappresentata senza alcun limite. Per questo Di Luca descrive il suo teatro come “pericoloso”, perché libero di esprimersi, di far vedere il bello, il brutto, il marcio della vita attraverso storie autentiche.
Questo ammasso di verità investe il pubblico come una valanga, grazie al ritmo sincopato della messinscena cui si alternano momenti di pausa, nei quali le luci si fanno ora più calde ora più fredde, alzandosi e abbassandosi, scandendo così il giorno e la notte, momenti di tensione e altri di distensione. Il bancone del bar è ricreato al centro della scena mediante una struttura in legno; dall’alto scendono tre lunghe lampadine, sulla destra si trova un tavolino con due sedie e sulla sinistra un bagno. Il tutto appare piuttosto malconcio, ricreando fedelmente l’atmosfera di un bar di paese dove si finisce stanchi la sera a bere un boccale di birra. Anche gli abiti di scena contribuiscono a dipingere il quadro, scelti a pennello per esaltare le personalità dei personaggi. Basti pensare al look trasgressivo (chiodo e anfibi total black) di Sciacallo, o a quello impeccabile di Milo, uomo d’affari in giacca e cravatta.
Animali da bar ha inizio con la scena di Mirka che sta partorendo proprio al di sopra del bancone, un’anticipazione di quanto avverrà nel finale. Una cornice, questa, a cui viene aggiunto un epilogo d’impatto: durante la scena del parto – identica a quella incipitaria – tutto si blocca. Swarovski prende le redini del racconto e si rivolge al pubblico, svelandogli il futuro di ciascun personaggio. Così a mano a mano i protagonisti si voltano di spalle. La loro storia si è esaurita. Ognuno prende la propria strada. C’è chi è morto, chi ce l’ha fatta, chi non si sa, e chi come Swarovski si è ribellato al sistema: non scriverà mai il libro sulla Grande Guerra che il suo editore gli ha commissionato, perché la guerra di cui lui vuole parlare è un’altra. È una guerra attuale, viva, urgente: è quella che si combatte ogni giorno nei bar di tutto il mondo.