RENZO FRANCABANDERA | È iniziato il 4 giugno ed entra nel vivo il prossimo weekend Danza in Rete, Festival giunto alla sua 4° edizione e che si presenta come un evento “globale” promosso dalla Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza e dalla Fondazione Teatro Civico di Schio che pervade i luoghi di spettacolo e gli spazi urbani delle due città, ponendo la Danza, le sue modalità espressive e le sue potenzialità di relazione, come segno forte e di identità del territorio.
Si tratta di un evento diffuso, programmato in sedi diverse, nei teatri principali e in spazi artistici e monumentali e si compone di numerosi appuntamenti tra spettacoli, performances, incontri di approfondimento con gli esperti di danza e con gli artisti, percorsi di audience development e di engagement, con il coinvolgimento attivo del pubblico, con un ricco programma che si estende, concentrandosi nei weekend, fino al 24 luglio.

Interessante, all’interno del programma anche il progetto Spettatori Danzanti che mira a coinvolgere un gruppo di spettatori attivi e partecipi, dai 20 anni in su, che potranno assistere agli spettacoli della sezione Danza in Rete Off con un percorso personalizzato. La partecipazione al progetto prevede un ciclo di incontri guida alla visione degli spettacoli condotti da Chiara Bortoli (danzatrice, performer, coreografa del collettivo Jennifer rosa) – e da altri artisti del collettivo, Francesca Raineri, Francesca Contrino, Vasco Manea -, delle masterclass (facoltative) con gli artisti del Festival e la possibilità di vivere da vicino il processo creativo dei danzatori, documentando l’esperienza nel blog dedicato: www.spettatoridanzanti.wordpress.com Ed è interessante segnalare anche la novità di quest’anno, Spettatori Danzanti Young (di età compresa fra i 14 e i 19 anni), in un progetto curato da Alessandro Sanmartin.

Abbiamo ragionato sulle dinamiche del Festival con Alessandro Bevilacqua, curatore della sezione Off.

Alessandro, Danza in Rete sembra ripartire da dove ci si era fermati, giusto?

Quest’anno abbiamo deciso di dare continuità al progetto dello scorso anno.
I titoli in programma – da inizio giugno a fine luglio – sono infatti presi dal programma mai realizzato l’anno passato, e per questo hanno un significato ancora più forte: oltre al messaggio della creazione autoriale portano in scena la fatica, la capacità di resistenza degli artisti e delle loro idee.

Quale messaggio si vuole dare con l’iniziativa? Pensi l’arte possa aiutare a vedere in controluce la società, a dialogare profondamente con essa?

Vogliamo esprimere forte e chiaro il nostro sostegno a questi artisti, che in questi mesi durissimi hanno continuato a lavorare per essere pronti a riabbracciare il pubblico non appena possibile.
Ora questo momento è arrivato, e quindi siamo particolarmente felici di presentare per la sezione off del festival dieci progetti artistici diversi, ma accomunati dalla forza del loro linguaggio poetico, in grado di esprimere i momenti segreti del cuore e dell’anima attraverso il movimento, la forza del gesto danzato, che non si esime da un confronto con il sociale, le convenzioni, la comunità.

In che modo le relazioni del linguaggio si confrontano con il nuovo sistema di relazioni a cui la pandemia ci ha costretti? Che senso ha la danza oggi?

Le relazioni liquide, e pertanto connesse in modo irreversibile, che mettono a confronto le esperienze dei creatori-interpreti, e dei creatori e degli interpreti, rappresentano una varietà di linguaggi e segnano tracce nei percorsi che diventano voce, gesto, immagine, che parlano incessantemente della necessità di fare danza ed essere danza.

Ci fai una panoramica della proposta che il Danza in Rete Off ospita?

Si va dalla dimensione fiabesca di Lucrezia Maimone, al Manbuhsa ispirato al mondo delle risaie di Pablo Girolami, dalle storie di famiglie qualunque di Nicolas Grimaldi Capitello, al lavoro tra epico e ordinario, senza alternativa di Giselda Ranieri, dalle influenze cromatiche di Rothko e dalle influenze sonore di Mozart nasce il progetto di Lucrezia Gabrieli, fino alla danza liberatoria di Daniele Ninarello che vede protagonisti gli interpreti di Dance Well. Arriviamo poi ad una storia d’amore impossibile, quella tra un umano e una figura antropomorfa con il lavoro della Esklan di Erika Silgoner, fino ai corpi-protesta di Francesca Foscarini. Chiudono poi questo bellissimo viaggio, il corpo di Chiara Ameglio che diventa territorio di scrittura singolo e collettivo e la performance dedicata al pubblico di Sara Sguotti.

Punk.Kill_me_please ph_Elisa_Nocentini

La danza non è un codice espressivo unitario. Ci sono, dentro la pratica artistica, molte correnti estetiche e creative. In che modo Danza in Rete OFF prova ad abbracciare queste diversità?

Proponiamo una scelta che abbraccia le ricerche di questi artisti, che vanno dalla composizione pura, all’espressionismo post-punk, dal recupero dell’estetica neoclassica, al simbolismo del teatrodanza, finoall’astrazione poetica attraverso i colori.
Tutto questo sotto il segno della novità: con quattro prime nazionali e sei prime regionali, per affermare in modo concreto, fisico, la volontà di fare e proporre innovazione, innovazione che si esprime attraverso l’opera di ricerca e scouting, che porta a questo tipo di programmazione, consolidata dalle reti a cui Il Teatro Comunale di Vicenza partecipa in modo attivo da anni, Anticorpi XL e la NIDPlatform tra tutte. Se dunque questa sezione del Festival vuol essere un contenitore di nuovi progetti dei giovani artisti italiani, per presto riaprire orizzonti internazionali, è oggi una voce a sostegno, un inno alla resistenza silenziosa di chi la danza la crea, la pratica come arte e come lavoro,di chi la ama e di chi ne scrive, degli artisti e dei loro pubblici, un invito gioioso all’incontro che ènecessariamente un nuovo incontro, un incontro che diventa nuovamente vita. Per tutto questo abbiamo lavorato in questi mesi, e non abbiamo mai smesso di crederci.