SUSANNA PIETROSANTI | Il Festival Collinarea, a Lari, va in scena per il secondo anno “in un tempo infausto. Va in scena nonostante il brutto tempo. Il festival è una nave che non vuole solo stare a galla, ma cerca lunghe traversate, resistendo al tempo che ci è dato di incontrare”, dice Loris Seghizzi, direttore artistico, intervistato da Paneacquaculture nei giorni terminali della manifestazione. Lari è un paese in forma di teatro. È stata proprio la forma del paese, la dolce conchiglia di Lari, a ispirare nel 2011 Loris Seghizzi all’esperimento più coraggioso che un piccolo borgo toscano potesse concepire: cablare tutto il paese per poter giocare con il tempo, con lo spazio, con il salto di dimensione. Creare un teatro dislocato, un palcoscenico diffuso che potesse concedere al pubblico un nuovissimo modo di fruire lo spettacolo.

“L’idea mi è venuta quando pavimentavano la piazza”, racconta Seghizzi, “ho pensato: ora o mai più”. E la cablatura è avvenuta, e ha permesso un esperimento audace.  Nei giorni finali del festival, che ha galoppato per molte sere e attivato un ininterrotto flusso di spettacoli, laboratori, modi diversi di entrare in contatto con lo spettatore, si è realizzato un evento-spettacolo dislocato che ha utilizzato il sistema di cablaggio in fibra ottica, realizzando una performance diffusa appunto in diversi luoghi di Lari, a cura di Scenica Frammenti. Si tratta di Tempo InFausto, uno spettacolo che prende a pretesto l’interminabile notte di Fausto Coppi, quando in bilico tra la vita e la morte l’uomo solo riflette sul tempo trascorso in terra, una riflessione dolente e onirica, con protagonista Eros Carpita, insieme a Iris Barone, Marco Sferruzza e Leonardo Galeotti, e tre galline, vettori di trasformazione percettiva;  più una gallina/totem, imbalsamata.

La drammaturgia è di Loris Seghizzi, la regia di Cesare Inzerillo, “un artista polivalente”, racconta ancora Seghizzi, ”principalmente uno scultore: sono sue le sculture dell’ultimo spettacolo geniale di Emma Dante, Pupo di Zucchero: e sue le mummie parlanti che hanno preceduto sperimentalmente lo spettacolo. In residenza a Palermo in una fase progettuale (lì era come una scatola nera, chiusa) lo spettacolo va in scena adesso compiutamente”.

Lo precede la restituzione al pubblico di Aiace, laboratorio di drammaturgia scenica in forma di incursione urbana a cura di Civilleri/ Lo Sicco e Scenica Frammenti, in co-produzione con il Teatro Libero di Palermo. Aiace nasce in seno a due progetti di formazione artistica dedicati agli under 18, costruiti in due diversi territori dell’Italia: la Sicilia e la Toscana. I due progetti di formazione si sono incontrati sull’idea di creare un unico collettivo artistico under18 capace di unire e condividere le risorse per la realizzazione di una produzione. Una formazione volutamente lontana dall’accademia, che ha favorito il laboratorio creativo basato sull’esperienza diretta dei partecipanti. Gli artisti, registi e attori intervenuti nel laboratorio hanno svolto un compito di tutoraggio, limitando il loro apporto alla trasmissione dei saperi, come in una bottega d’arte, lasciandosi guidare nel processo da parole chiave quali innovazione, interdisciplinarità, autorialità, teatro classico, ricerca, tecnologia smart.

Da una rilettura del testo sofocleo emerge la figura di un eroe contemporaneo fragile, vittima di una catena di errori, non molto diverso dall’infelice Aiace del Teatro dei Borgia: aggiogato al giudizio degli altri, bullizzato per quello che ha commesso, per mezzo e opera della grande Dea: la Rete. Coerentemente con la diffusione dello spettacolo e con la ricerca di partecipazione del pubblico, ogni sera era comunque possibile assistere alle prove del laboratorio e vederlo crescere, come un organismo vivente sospeso tra spazio e tempo e vivo nella vista degli spettatori.

Gli spettatori sono stati protagonisti anche di SAM Studio Open Doors, ovvero una music session dal vivo (a cura della band Mc Nick & Fabulous Brothers) che attraverso il dispositivo del cablaggio in fibra ottica è stata diffusa in tutte le altre location del centro storico. Il pubblico era autorizzato ad accedere a piccoli gruppi allo studio di registrazione per vedere la performance dal vivo, ma poteva anche, dopo l’esperienza diretta, sperimentare l’approccio esterno, muovendosi da un luogo all’altro del paese. La reazione è stata entusiastica e il concerto è stato replicato per le molte richieste pervenute.

Adeguatamente, a questo punto, dopo eventi sperimentali che hanno messo in discussione proprio questo tema, si è svolto al mattino di sabato 31 luglio l’incontro tematico su nuove tecnologie e arte performativa, una discussione aperta che ha riunito attorno a una riflessione comune su nuovi possibili scenari, esperti del settore, critici teatrali, giornalisti, artisti. Da un lato accademici come Salvatore Tedesco, coordinatore del DAMS a Palermo, Anna Maria Monteverdi della Statale di Milano, dall’altro critici come Maria Dolores Pesce, coordinati dal giornalista, musicista e compositore Piero Chianura, fondatore dell’Electroclassic Festival, in cui l’elettronica incontra le sonorità degli strumenti tradizionali, e collaboratori della rivista di formazione e innovazione musicale MusicEdu.
Un momento di riflessione che ha sicuramente aiutato a depositare le innovazioni e le sfide di un festival coraggioso, che non solo non ha ceduto alla chiusura forzata della pandemia ma che si è misurato con nuove proposte facendo maturare e gemmare proprio i limiti imposti dal periodo appena attraversato, e che ne ha fatto innovazione e bellezza. Spazio, tempo, le sue coordinate: “perché fermarsi, mollare, vorrebbe dire stare al gioco, e destinare l’arte e la cultura al pianto di chi assiste alla scomparsa del sogno”. Ma il sogno si è dilatato, e Collinarea ha scelto di non mollare mai. O almeno, non adesso.

 

Collinarea Festival 2021 / Connessioni | XXIII Edizione

dal 23 luglio al 1 agosto/ Borgo di Lari
progetto di Scenica Frammenti
direttore artistico Loris Seghizzi