ELENA ZETA GRIMALDI| Lo Stretto di Messina è da sempre luogo magico ed epico, ispiratore di storie e leggende. Luogo di passaggio e frontiera insieme, tra le sue acque calde e movimentate si scorgono creature straniere, avvengono incontri inaspettati, si compiono i riti della vita. Le donne e gli uomini che abitano questa lingua di mare conoscono bene la sospensione dell’essere a metà, tra due terre, tra due mari, tra due elementi, tra due tensioni. A metà tra due essere.

Più che esemplare è in questo senso Don Mimì, personaggio chiave dell’ultimo spettacolo dell’attore e cuntista Gaspare Balsamo, Omu a mari, che ha debuttato durante la X edizione del Cortile Teatro Festival. Insieme a Epica fera compone il dittico Horcynus, un progetto che si sviluppa attorno alla riscrittura di alcuni episodi del romanzo di Stefano D’Arrigo Horcynus Orca, che proprio nello Stretto pone il centro del suo mondo.
Mimì, all’età di 7-8 anni viene colto da paralisi infantile, quella malattia che non risparmia né ricchi né poveri, a cu pigghia pigghia, e perde l’uso delle gambe; il padre, riportandolo in spalla dall’ospedale, con poche parole gli apre inaspettatamente un mondo: «Ma che c’ha fari chi jammi? Futtutinni di jammi, pensa e sirene!».

Foto di Giuseppe Contarini – Fotoinscena

Le sirene, donne con la coda di pesce al posto della gambe, metà terra e metà mare, di cui tutti i marinai, anch’essi metà terra e metà mare, parlano e raccontano, ma nessuno mai riesce a descriverle, a dare loro un volto, una vita. Mimì invece le vede davvero quelle creature così simili a lui: gli fanno compagnia, gli crescono accanto, e quando il piccolo Mimì diventa il raccamatore e sarto di reti Don Mimì, ha così tante storie e tipologie di sirene da raccontare che ogni giorno la spiaggia si riempie di picciriddi, òmini e picciotti che pendono dalle sue labbra e, ascoltando le sue parole, intravedono le meravigliose e terribili creature che li spiano dagli scogli.

In un gioco di scatole e rimandi, il cuntista si sovrappone al raccamatore, ci racconta i racconti di Don Mimì, e la melodia del cunto materializza gli abitanti dello Stretto, in maniera naturale, come se davvero entrassero in scena truppe di bambini che, non potendo ancora vedere una donna vera, sotto il sole cocente sorteggiano tra di loro chi sarà sirena e chi marinaio. Pochi gesti universalmente intendibili palesano quel non-detto, non-consapevole del gioco dei bambini che, applicando nei punti giusti poseidonia e spugne di mare, trasformano i capelli corti in folte chiome, i petti lisci in minne janche e mettono la barba a quello che D’Arrigo chiama lu pisci barbutu. 

foto di Giuseppe Contarini – Fotoinscena

Come nel primo capitolo del dittico, anche qui la fera (il delfino) gioca un ruolo primario nella vita degli abitanti del mare tra Scilla e Cariddi: le sirene, infatti, seducono con le loro lusinghe i marinai, mettendo in mostra il petto bianco e sodo e, quando i malcapitati si gettano in acqua per raggiungerle, si trasformano in fere e li sbranano, cominciando proprio dalla parte che rende l’uomo un uomo.

Tra le maglie delle narrazioni cucite insieme con cura, Balsamo fa emergere la sempre eterna lotta tra “basso” e “alto”, tra saggezza popolare e imposizione (sedicente) razionale, il confronto e lo scontro tra identità che si esprime prima di tutto attraverso il linguaggio. In Epica fera lo scontro avviene tra alcuni ufficiali fascisti e i pescatori: i primi ritengono che il delfino − parola dal suono così dolce − sia un animale innocuo, giocoso e di buon presagio; i pescatori, dal canto loro, sanno bene che la fera − lo dice il nome stesso − è un essere feroce, infido e opportunista, che non risparmia né le reti dei pescatori né i pescatori stessi, se ne ha occasione.
In Omu a mari, la questione ci viene messa davanti fin dall’inizio, quando quella gran camurria (dicasi di cosa o persona molto fastidiosa e insistente) del delegato di spiaggia sfida Don Mimì sostenendo che quelle che lui e gli altri chiamano sirene, in realtà non sono altro che foche viste da lontano. Ne segue un acceso scambio di battute in cui, comicamente ma in maniera molto chiara, si mettono a confronto due diversi concetti di femminino: da un lato la donna tutta casa e chiesa, calma, fedele e sottomessa che la foca rappresenta; dall’altro quella libera, volitiva, astuta, calda e sanguigna che è la sirena.

foto di Giuseppe Contarini – Fotoinscena

Incomprensibile per il delegato di spiaggia, è questo il tipo di donna che fa gola ai picciotti che vogliono ingegnarsi di fimmini. Che sia sirena d’alto borgo che con accento francese saluta dal ponte di uno yacht, o mercante che s’incaglia col suo caicco schifazzu in una secca vicino alla spiaggia, o un gruppo di scaltre femminote con cui è sempre bene non abbassare la guardia, i ragazzi si lanciano in questi incontri fugaci ammaliati dalla curiosità e sospinti dalle fantasie delle mille storie ascoltate da bambini. Ma le storie di Don Mimì sono vere per intero e, come dice lui stesso, è chiaro che cu mancia fa muddiche: i giovani inesperti, che si sono precipitati tra le braccia delle sirene per soddisfare i loro desideri, si ritrovano spiazzati, sballottati, comandati e, a loro volta, “usati”; da aspiranti predatori si scoprono prede della voluttà e della risolutezza di queste donne che solcano il mare come fere, e tornano a casa con tanta esperienza in più ma anche qualche fantasia di meno.

foto di Giuseppe Contarini – Fotoinscena

La maestria di Balsamo nel trasportarci da un personaggio all’altro, da un luogo all’altro, si concretizza in gesti semplici, movimenti del corpo calibrati e significanti, che insieme all’attenta modulazione dei toni e della ritmica vocale sono in grado di immergere la platea in un universo immaginifico, di farci letteralmente vedere attraverso le parole. Il cunto ammalia lo spettatore come il canto delle sirene, lo culla alla deriva nel Mediterraneo, mare di esplorazioni calde, mare di relazioni in cui si naviga a vista in cerca di un’occasione per farsi sedurre dalla vita.

 

OMU A MARI
Il cunto delle sirene

di e con Gaspare Balsamo

Cortile Teatro Festival, Messina
3 agosto 2021