RENZO FRANCABANDERA | Degli incontri con il suo linguaggio rimane sempre un ricordo molto nitido. Sono incontri a loro modo incancellabili. Perchè inevitabilmente qualcosa resta della pratica artistica che si arriva a condividere con 
Silvia Mercuriali, artista di fama internazionale nata a Milano, che vive e lavora a Londra dal 2000. È pioniera,  con Ant Hampton, della strategia dell’autoteatro, struttura creativa e drammaturgica ideata originariamente per lo spettacolo Etiquette, pensata per due “spett-attori” seduti ad un tavolino da bar, a farsi interpreti di una versione intima e molto personale di Casa di bambola.  

Dal 2007 la sua ricerca è focalizzata sullo sviluppo  di questa struttura poetica e dei suoi potenziali, verso un nuovo tipo di performance in cui il pubblico, ricevendo e seguendo istruzioni audio, video e/o testuali, diventa attore, in alcuni casi addirittura per sé stesso. La Mercuriali ha sviluppato  questo tipo di performance applicandola, estendendola e adattandola a tecnologie diverse e in differenti contesti, invitando costantemente il pubblico a mettere in  discussione ciò che è reale e ciò che non lo è. 

Swimming Home è la sua ultima creazione, in programmazione al Festival Peraspera di Bologna, ma fruibile da qualsiasi luogo, perchè disponibile tramite un’app sul proprio cellulare in tre lingue, italiano, inglese e  francese (i biglietti sono acquistabili a questo link). Nonostante i confini della vasca da bagno o della doccia, i partecipanti viaggiano attraverso una  realtà sottomarina, arrivano sul fondo di una piscina dove il tempo è sospeso, per poi tornare indietro nel bagno di casa.  

È un’esperienza intima che ci invita a rivedere il rituale del bagno (o della doccia), ci incoraggia a osservare e riconsiderare il nostro rapporto con l’acqua, l’esperienza di galleggiare, di affondare, di tuffarsi, così come il nostro rapporto con lo spazio in  cui ci troviamo. Di questo e di alcune altre cose abbiamo parlato con Silvia Mercuriali.

Silvia Mercuriali

Silvia, sei davvero una donna d’acqua tu! È da questo tuo rapporto quotidiano che nasce l’idea della tua performance?

Swimming Home nasce come atto primo di una trilogia sull’acqua, il galleggiare, il nostro essere animali fatti d’acqua. Originariamente l’idea partiva dal desiderio di creare uno spettacolo per degli spettatori seduti sugli spalti di una piscina comunale, osservando l’andare e il venire di nuotatori di tutti i livelli. Amo molto tutti i luoghi dellaquotidianità, che hanno una teatralità innata. Piazze, campi sportivi, supermercati. Luoghi non luoghi dove le persone animano e danno vita allo spazio creando possibili storie per coloro che hanno voglia di cercarle. Luoghi in cui c’è chi osserva e c’è chi è osservato a volte più o meno consapevolmente. Questo primo atto è nato dalla necessità di portare il teatro a chi chiuso in casa non aveva la possibilità di accedere a questi luoghi, con il desiderio di creare uno spazio per l’immaginazione e per un senso di comunità nonostante l’isolamento dovuto alla pandemia.
Come si lega questa azione creativa alle tue precedenti? Che linea di continuità leggi fra questo esito ultimo e il tuo lavoro, tornando indietro fino a Rotozaza?
Swimming Home porta avanti la mia ricerca, iniziata con Etiquette, spettacolo presentato nel 2007 con il nome di Rotozaza, scritto e realizzato da me ed Ant Hampton, sulla strategia dell’autoteatro. Grazie a essa i membri del pubblico rinunciano alla responsabilità delle loro azioni e dei loro gesti, e si abbandonano a istruzioni pre-registrate. I ruoli che normalmente caratterizzano l’esperienza della fruizione teatrale vengono sovvertiti. L’attore non sa più di quanto sappia il pubblico; la distinzione tra pubblico e interprete viene completamente cancellata e la quarta parete scompare mentre il mondo dell’immaginazione e l’esperienza reale coesistono nello stesso spazio.
Unendo questa strategia con un fortissimo interesse per i luoghi pubblici e quotidiani e il desiderio di renderli fantastici e sorprendenti senza dover aggiungere nulla, senza modificarne i ritmi o i colori, ma semplicemente cambiando il modo in cui li percepiamo tramite il suono, il mio tentativo è quello di riscoprire ciò che ci circonda, rileggendo luoghi e persone in chiave poetica.
Il mio interesse primario è sempre lo spettatore stesso e la potenziale teatralità che ci circonda in ogni momento: amo la realtà, amo osservare il mondo attorno a me, vederlo, scrutarlo, non solo passarci attraverso, e immaginare….

Nell’Olimpo dei tuoi artisti-dei ispiratori non ci sono solo performer ma anche cineasti e scrittori. Ci dici di qualcuno di loro e del legame con il tuo universo fantastico?
Un’artista che per me è stato di grandissimo impatto è John Smith con il suo The Girl Chewing Gum, un film breve girato a Londra nel 1976, in cui passanti inconsapevoli di essere filmati sembrano seguire le indicazioni del regista come fossero attori selezionati con cura, e ogni loro azione parte di un copione ben preciso.
Il cinema ha giocato un ruolo fondamentale per me, più che il teatro: Pier Paolo Pasolini e il modo in cui utilizza volti di tutti i giorni, imperfetti, a volte stanchi, e luoghi poveri, disagiati, dimenticati, e li trasforma in poesia; le file interminabili di cardinali di Federico Fellini che con il loro attraversare lo schermo ti aiutano a vedere lo spazio che li circonda, percepirne la dimensione, la profondità l’umore. Ma anche libri: Le Città Invisibili di Italo Calvino per esempio, il modo in cui Marco Polo reinterpreta costantemente la sua città invitandoci a guardarci in giro con occhi sempre diversi e domandandoci quale sia la faccia vera del mondo se quella immaginata o quella fisica e se ci sia davvero una distinzione tra le due.
C’è tanto, tantissimo che mi ispira sempre e cambia anche continuamente; come anche cambiano il mio vocabolario e la mia pratica. Ma ciò che rimane sempre è il modo che ci circonda, i suoi abitanti e l’immaginazione a cui possiamo tutti attingere.
Che significa per te autoteatro? È il superamento dell’attore? Non temi una esasperazione della dinamica sociale monadica?
 

L’autoteatro è per me una strategia che permette allo spettatore di diventare protagonista di un evento straordinario, intimo e irripetibile. Non è il superamento dell’attore, è l’opportunità per lo spettatore di diventare attore lui stesso, senza però dover avere la responsabilità di imparare battute o di improvvisare, ma semplicemente abbandonandosi a delle istruzioni e scoprendo, come nella vita stessa, ciò in cui è coinvolto mentre agisce. Queste esperienze non sono necessariamente per uno spettatore alla volta, a volte per due, a volte per cento, ho usato questa strategia per spettacoli completamente diversi tra di loro, ma che hanno in comune un senso di esperienza condivisa e completamente dal vivo.
Se è vero che Swimming Home è per spettatori “isolati” gli uni dagli altri, poiché ognuno nello spazio intimo della propria vasca da bagno, l’esperienza accade per ognuno di loro allo stesso momento, creando una comunità di nuotatori d’acqua dolce municipale che si estende oltre i limiti della propria città, grazie anche all’app Mercurious-NET (National Ear Theatre – Teatro Nazional dell’Orecchio), che fa accedere allo spettacolo. Nuotatori da tutto il mondo, tutti esattamente alla stessa ora.
Lo spettacolo si è inoltre espanso ed evoluto, includendo un progetto fotografico chiamato DIY (fai da te) Swimming Home, che viene fatto dal pubblico stesso, il quale, alla fine dello spettacolo, è invitato a inviare una foto di sé come nuotatorE da vasca (o doccia). Queste foto sono state raccolte sul mio sito e formano una comunità di nuotatori DIY in continua crescita.

Stai già lavorando ad altro? Come nascono le tue idee, i tuoi progetti?
 
Sto iniziando ora a immaginare e programmare il secondo atto di Swimming Home, che sarà per due nuotatori alla volta in una piscina, mentre nuotano circondati da altri nuotatori. Spesso le mie idee vengono osservando il quotidiano e pensando a come certi eventi, situazioni, spazi, influenzano il mio essere e chi mi sta intorno. Immagino che questo nuovo capitolo mi porterà molto in piscina! A volte sarà a proposito del sentire il mio corpo che nuota e a volte si tratterà di guardare altri corpi, come ci si relaziona gli uni con gli altri in un luogo così specifico, chi c’è intorno a me, e come il luogo stesso agisce sui miei sensi e sulla mia immaginazione.
Ma tu sai nuotare?
 
Non sono certo una perfetta nuotatrice, ma amo nuotare! Amo il mare, il fiume, il lago, la mia vasca da bagno… amo l’acqua in tutte le sue forme.