RENZO FRANCABANDERA | Questa prima italiana di Farfalle, andata in scena all’Arena del Sole – cui sono seguite le date modenesi allo Storchi in ragione della co-produzione ERT – testo e regia di Emanuele Aldrovandi, arriva poco tempo dopo che il regista ha ricevuto il Nastro D’Argento 2021 per il Miglior corto di finzione con Bataclan.
È indubbio che Aldrovandi sia fra i drammaturghi e sceneggiatori italiani di maggior talento fra quelli della nuova generazione, ma occorre dire che a queste abilità di scrittura non sono inferiori a quelle come decisore del processo scenico (e filmico).
Anzi. Talvolta, come nel caso di Farfalle, testo che ha ricevuto il Premio Hystrio 2015 e vincitore 2016 del Mario Fratti Award, la regia pare aggiungere una ulteriore determinazione all’intenzione poetica, riuscendo a qualificare scelte precise, sensate, di ritmo e di indirizzo.
Lo spettacolo, dopo la prima internazionale al The Tank Theatre di New York nel 2019, ha debuttato a Bologna, dopo quasi due anni di congelamento pandemico. Ad interpretare un duetto surreal-crudele sono Bruna Rossi e Giorgia Senesi in una produzione di Associazione Teatrale Autori Vivi, ERT / Teatro Nazionale e Teatro dell’Elfo.
Il pretesto fabulistico della trama calata sulle due interpreti è una specie di “dimmi, dammi, comanda”: le due sorelle, rimaste senza madre e con un padre che le ha abbandonate piccolissime andando via con una crudele e accondiscendente matrigna come nelle migliori favole, sono sole.
Inventano quindi un gioco in cui a turno, chi ha in mano la collana a forma di farfalla, può obbligare l’altra a fare qualsiasi cosa, pena la fine del gioco. Lo spettacolo è quindi una sorta di avanti e indietro di memorie dentro un vissuto in cui il rapporto archetipico tra le due sorelle vuole essere narrato in un ampio ventaglio di sfaccettature, fino alla crudeltà con cui le due donne pretendono di influenzare le rispettive esistenze, con scelte indirizzanti non banali e a volte terribili.
Nessuna delle due vuole terminare il gioco perchè sarebbe in fondo la fine di tutto quello che le ha legate, fra dispetti e atti d’amore, avvinte da un vincolo di sangue ma ancor più di senso stesso dell’esistere.
L’autore ha iniziato a lavorare a Farfalle nel 2013, ispirandosi ad alcune novelle di Luigi Pirandello. Ma in questi personaggi convivono le identità prismatiche dei grandi affreschi letterari del rapporto di sorellanza nella letteratura, dalle energie ora esplosive ora flemmatiche di Piccole Donne, a quelle disperate e senza forze de La coscienza di Zeno, passando per i sogni infranti delle tre sorelle di Cechov.
Letterariamente il testo, scritto più di sei anni fa ormai, quindi da un autore neanche trentenne, pur non arrivando a intarsi di profondità come quelli letterari che abbiamo menzionato, gioca bene a tenere insieme alcuni aspetti caratterizzanti dei caratteri (anche se in talune pieghe e un po’ nel finale appare più sbrigativo, con l’intonazione di fondo nevrotica o assoggettata, come se fosse un necessario topos del carattere femminile).
Ma il pregio vero di questo allestimento, come dicevamo, è che, dove a nostro avviso non arrivava in modo compiutissimo e maturo con il testo il drammaturgo, arriva invece il più risolto e maturo regista di ora, che inizia a vedere all’orizzonte i quarant’anni. È la stessa persona, il drammaturgo che porta in scena il suo testo in uno spazio che non ha alcuna pretesa di confrontabilità con una dimensione paesaggistica reale; anzi, pretende l’irrealtà, in cui le due sorelle sono inserite in modo mimetico.
Rosso lo spazio, di rosso vestite loro, sembra una natura morta con maschere, che guarda ad un ambiente fra il sarcastico e l’ironico che rimanda ora a Beckett ora a Ionesco. Ma il pregio maggiore di questo allestimento è il ritmo che viene impresso al recitato, alla messa in scena favolistica. Nessuna indulgenza verso sottofondi musicali inutili e che non di rado ammorbano gli allestimenti con le intonazioni minimal-new age ora di moda, o giochini di luci di particolare effetto, se non per creare sottopartizioni ambientali in alcune circostanze, per determinare degli altrove che più che geografici sono mentali.
Dal tempo dell’età bambina a quello dell’età adulta, le due donne per certi versi continuano a rimanere infantili, anche nella postura fisica (ben studiata da Olimpia Fortuni), a mettere il gioco al centro del loro rapportarsi. Ma man mano l’evoluzione psicodinamica in scena sviluppa variazioni tonali che portano le figure ad evolvere, le maschere a modificarsi, e quindi l’allestimento a organicità e coerenza, nutrito dalle scene e grafiche di CMP design, dai costumi semplici ma non banali di Costanza Maramotti e dalle luci sempre evocative di Vincent Longuemare, creatore degli interni notte più interessanti dal punto di vista compositivo e tonale, dal piglio quasi cinematografico, della scena italiana.
Riesce, a conti fatti, la sfida registica che Aldrovandi si poneva parlando della sua creazione, ovvero quella di costruire una dinamica che fosse “interna” alla vicenda, ma allo stesso tempo avesse il potere di “creare” le situazioni e i personaggi, lasciando il resto sullo sfondo, come se fosse o potesse essere una proiezione dell’immaginario.
Una possibile psico-fantasia acida e a tratti crudele. Che è poi il gusto di questo lavoro.
FARFALLE
testo e regia Emanuele Aldrovandi
con Bruna Rossi e Giorgia Senesi
scene e grafiche CMP design
costumi Costanza Maramotti
luci Vincent Longuemare
suoni Riccardo Caspani
movimenti Olimpia Fortuni
design farfalla Laura Cadelo Bertrand
assistente alla regia Valeria Fornoni
responsabile tecnico Luca Serafini
produzione Associazione Teatrale Autori Vivi, ERT / Teatro Nazionale, Teatro dell’Elfo
in collaborazione con L’arboreto Teatro Dimora | La Corte Ospitale ::: Centro di Residenza Emilia Romagna
in collaborazione con Big Nose Production
con il sostegno di Centro di Residenza della Toscana (CapoTrave/Kilowatt e Armunia)
con il sostengo di Fondazione I Teatri Reggio Emilia
Testo vincitore del Premio Hystrio scritture di scena 2015 e del Mario Fratti Award 2016.Il testo Farfalle di Emanuele Aldrovandi è stato pubblicato nel numero di gennaio/marzo 2016 di Hystrio e nella collana Linea di ERT ideata con Luca Sossella editore.