DANIELA FRANCO | Un uomo solo. Nessuna parola. Un corpo che incontra illusioni, fatica e disorientamento. Una danza capace di prendere per mano il ricordo e abitare la terra dei vinti attraverso il racconto. Un’opportunità di riflessione e condivisione della memoria. Per far sì che non accada mai più.
Con Chotto Xenos, L’Akram Khan Company, una delle compagnie più visionarie della scena contemporanea internazionale, propone – pensata per i ragazzi – la rivisitazione di Xenos, lo spettacolo dedicato agli orrori della prima guerra mondiale e alle storie lontane dei soldati coloniali.
In scena, la raffinatezza ritmica del performer è in costante dialogo con le potenti immagini filmiche (di Lucy Cash), che aprono il racconto attraverso la proiezione di gigantesche mani che dapprima accolgono il protagonista e partecipano alla sua danza, poi ne guidano i movimenti, come a voler intimare la resa. Le ciclopiche mani si sporcano di Terra, forse preludio simbolico alla trincea e a quel destino di morte. Sarà un fiammifero acceso a concludere questo primo quadro immaginifico, animato da passaggi musicali molto intensi e carico di elementi emblematici capaci di offrire un ricco ventaglio di domande stimolanti.
La riuscita crasi tra reale e virtuale sarà un elemento ricorrente e nodale della rappresentazione.
Sul palco, la scenografia ideata da Ingrid Hu è minimale e contraddistinta da soli due elementi, un cumulo di funi che si solleveranno da terra e un grammofono impolverato che segnerà uno dei momenti apicali del racconto: la chiamata alle armi; il danzatore viene illuminato con un fascio di luce fredda proveniente dallo strumento musicale e una divisa si paleserà scendendo dalle funi: la sua guerra è cominciata. Inizia così la marcia, le corde diventano armatura, il luogo filmico si fa trincea e restituisce il ricordo dei sepoy (i militari indigeni indiani sotto il governo britannico), attraverso le storie dei loro volti.
Oltre un milione di indiani partì per il fronte al fianco dei britannici; il Regno Unito aveva promesso l’affrancamento dell’India dal dominio coloniale in cambio del loro sacrificio; quegli uomini erano convinti di contribuire alla liberazione della propria terra. La promessa non fu mantenuta.
La scrittura coreografica ideata da Akram Khan accompagna i giovani spettatori nella toccante fabula dell’uomo che diventa soldato per un ideale ma che si trova a camminare verso l’ignoto. La suggestiva fusione tra movimenti di danza kathak e contemporanea descrive didascalicamente il draconiano addestramento, l’arruolamento e la dura vita della trincea, tra paura, solitudine e speranza, che moriranno insieme a lui, nel rumore assordante di bombe e mitragliatrici.
L’assolo si muove negli spazi sonori creati da Domenico Angarano e Phil Wood che, ispirati alle musiche di Vincenzo Lamagna per Xenos, riescono ad avviluppare la danza armonicamente. Le luci di Guy Hoare respirano con le sequenze, disegnando atmosfere coinvolgenti.
La rilettura nasce dall’intento di offrire al giovane pubblico una riflessione attraverso un viaggio emozionale che affronta il toccante racconto del destino di quei troppi morti senza nome. L’adattamento della regista Sue Buckmaster offre una narrazione scorrevole e al contempo suggestiva, intrisa di metafore che non scivolano mai nella banalizzazione.
«I bambini di oggi sono esposti alle immagini di guerra tramite i social media e all’idea della lotta come divertimento attraverso i videogiochi – racconta Sue Buckmaster –. Meritano maggiori spunti di riflessione per capire cosa ciò significhi davvero, per comprendere le vite di chi è loro vicino e il mondo in cui cresceranno. Spesso hanno una conoscenza piuttosto limitata della storia delle guerre, quasi nulla sanno dell’esperienza dei soldati, da dove provengono e per cosa credono di combattere. La pace futura dipende dalla nostra capacità di ispirare le giovani generazioni a essere più tolleranti, di orientarle nella lettura delle cause scatenanti di un conflitto e dei modi per gestirlo.»
Forse i più piccoli non sono riusciti a cogliere tutte le sfumature di quei passi di danza e dei messaggi offerti dagli elementi simbolici, ma credo che nessuna parola sarebbe stata capace di evocare con tanta autenticità e immediatezza il dolore interiore e lo smarrimento di quegli uomini.
In questo viaggio a ritroso, fatto di quadri immersivi per mente e cuore, si respira ovunque la necessità di condividere il ricordo, tracciato da quell’urgenza comunicativa che solo in pochi riescono a tradurre in creazioni capaci di arrivare dentro, e restare lì… a fare nuove domande al passato, con la speranza di avere risposte diverse dal futuro.
CHOTTO XENOS
Akram Khan Dance Company
direzione artistica e coreografia originale Akram Khan
regia e adattamento Sue Buckmaster (Theatre-Rites)
danzatori Guilhem Chatir o Kennedy Junior Muntanga
set design Ingrid Hu
lighting design Guy Hoare
musiche originali Domenico Angarano, ispirate alle musiche di Vincenzo Lamagna per XENOS
sound design Domenico Angarano & Phil Wood
costume design Kimie Nakano
film & projection design Lucy Cash
Teatro Franco Parenti | 09 ottobre 2021