PAOLA ABENAVOLI | Creare un nuovo progetto editoriale dedicato alla pubblicazione di testi teatrali (che includano anche, se presenti, gli spartiti dei brani musicali originali come parte integrante della scrittura drammaturgica, oltre a interventi critici); farlo in una regione ricca di stimoli culturali spesso poco noti e dove un progetto del genere è sicuramente un unicum; e farlo partire nel 2020, periodo non facile, volendo essere da stimolo alla rinascita del teatro, essere al contempo memoria di quanto realizzato e impulso alla realizzazione di altri importanti testi.
Su queste basi nasce, per i tipi di Edizioni Erranti di Cosenza, la collana di filosofie e teatri La scena di Ildegarda. Un nome non casuale, scelto dalle ideatrici e direttrici Donata Chiricò e Vincenza Costantino: Ildegarda di Bingen fu infatti “filosofa, drammaturga, artista, cosmologa, biologa, erborista, guaritrice e musicista, a dodici anni entrò in un convento di benedettini come oblata e ne uscì come la “Sibilla del Reno” che, nel frattempo, aveva fondato un ordine femminile e si era guadagnata il diritto di tenere pubbliche conferenze. Autrice, tra l’altro, di un alfabeto e di una lingua e oggi patrona degli esperantisti”. Dunque, un “multiforme ingegno”: e proprio in questa direzione, la collana, oltre a proporsi di dare spazio “a saggi e a testi teatrali che affondino le loro radici nella gloriosa tradizione della riflessione filosofica e drammaturgica”, nello stesso tempo, seguendo la lezione di Ildegarda, intende dare vita “a inedite forme di intersezione tra saperi filosofici e linguaggi della scena, promuovendo un dialogo tra questi ultimi e media tradizionali e nuovi”.
Già quattro i testi pubblicati: La mia Idea. Memoria di Joe Zangara di Ernesto Orrico e Massimo Garritano, Lo psicopompo, di Dario De Luca, Lucciole, di Francesco Aiello, e La fuga di Pitagora lungo il percorso del sole, di Marcello Walter Bruno, appena uscito e presentato qualche giorno fa a Roma, nell’ambito del Festival Mauro Rostagno.
Chiediamo, dunque, a Vincenza Costantino:
Com’è nata l’idea di questo progetto?
L’idea di questa collana nasce dal desiderio, mio e di Donata Chiricò, di far convergere sul teatro – che è la nostra passione – i nostri studi di natura accademica, la filosofia del linguaggio per Donata, la pedagogia per me, ma al tempo stesso di aprirci a tutte quelle altre discipline che trovano possibilità loro nel teatro. Il teatro, essendo un’arte multicodica, raccoglie al suo interno tanti linguaggi e si fa anche espressione di tanti linguaggi, di tante chiavi di lettura diverse. Si presta a essere interpretato e ad aprirsi a un’inclusione piena delle diverse arti, delle diverse discipline. L’idea iniziale, quindi, è quella di mettere al centro un’arte che, però, paradossalmente, è difficile mantenere sulla pagina scritta.
Quali sono i vostri obiettivi?
Gli obiettivi della collana sono diversi: il primo è sicuramente far conoscere i testi teatrali. L’editoria drammatica è in sofferenza, i testi drammatici vengono in generale poco pubblicati. Un altro obiettivo è quello di mantenere traccia degli spettacoli, perché le nostre pubblicazioni sono sempre legate a debutti o a spettacoli, quindi sono legate alla scena. Diffondere il testo teatrale, insieme all’apparato critico e agli altri materiali, consente di mantenere viva l’attenzione sullo spettacolo e anche di mantenere una traccia quando poi lo spettacolo non girerà più, nel formato libro rimane nel tempo e gli si può dare una vita molto più lunga, nella lettura. Cerchiamo di dare una memoria dello spettacolo.
Un altro obiettivo è creare un dibattito intorno a temi, a problemi della contemporaneità, evidenti negli spettacoli che abbiamo scelto di pubblicare. Pensiamo, ad esempio, a Lo psicopompo, in cui si affronta il tema dell’eutanasia, ma anche a La mia idea, in cui si conosce una pagina molto particolare, un racconto su un personaggio particolare come Joe Zangara.
Noi crediamo che il teatro racconti, affronti questi temi, questi problemi, in una maniera speciale, in una maniera diversa, perché lo fa attraverso l’arte. E così possiamo porre l’attenzione su una serie di tematiche che oggi, sì, trovano tanto spazio, ma magari in altre forme d’arte che, a nostro parere, sono meno efficaci, attraverso una comunicazione che spesso è veloce e superficiale, sui social media, attraverso la comunicazione televisiva. Quindi, affrontare queste tematiche tramite l’arte è per noi un elemento importante, che può creare un dibattito più incisivo e duraturo nel nostro presente.
Quale l’attenzione della vostra collana nei confronti della drammaturgia calabrese?
Sicuramente è alta; non è esclusiva, ma è un punto di partenza fondamentale. Perché lavoriamo in una regione che produce teatro e che utilizza anche un linguaggio specifico, in linea con le tendenze nazionali e internazionali.
Noi pensiamo che questo territorio debba essere raccontato e che il primo passo per raccontarlo sia proprio quello di renderlo visibile. La pubblicazione di un testo teatrale è un veicolo importante per far conoscere esperienze significative che interessano la nostra regione. Esiste una produzione di testi e spettacoli importanti che, in linea di massima, ha poco spazio per essere approfondita e conosciuta, proprio perché occupiamo una regione sicuramente marginale rispetto alla grandi città, ai grossi centri italiani di produzione.
Per cui, anche se si tratta di spettacoli che hanno una vita di tournée, di fatto rimangono degli spettacoli poco recensiti, poco noti nello scenario critico. Quindi la nostra attenzione è alta, perché, in quanto calabresi, ci piace raccontare queste esperienze e renderle visibili. Ma non sarà sicuramente una collana esclusivamente calabrese, perché l’idea è allargare il più possibile, non deve diventare poi una costrizione, un limite.
Questi testi chiedevano la nostra attenzione, sono spettacoli che ci hanno molto colpito e che noi abbiamo visto e avevamo il desiderio di condividerli. Certo, la collana esce in due anni, 2020 e 2021, di grande sofferenza per il teatro di tutto il mondo, che ha visto chiudere gli spazi e rendere impossibili gli spettacoli a causa della situazione pandemica e la pagina scritta è stato un modo anche per continuare a tenere vivo il teatro attraverso il racconto degli spettacoli, attraverso la lettura dei testi.
Speriamo di continuare, di andare oltre La fuga di Pitagora lungo il percorso del sole, l’ultima uscita, un testo molto bello di Marcello Walter Bruno; speriamo sia un percorso molto lungo, quello de La Scena di Ildegarda, e di allargarci sempre di più, senza però mai dimenticare che partiamo da questo territorio: la Calabria.