SUSANNA PIETROSANTI | “Volevo scrivere un testo sul lavoro”, racconta Edoardo Erba, autore di Muratori, in scena al Teatro Pacini il 25 e 26 novembre. “È un testo, questo, che ho scritto vent’anni fa, quando decisi di far ristrutturare il mio studio e i lavori durarono sei mesi. Mentre guardavo gli operai costruire la tramezza di mattoni, mi dissi: i loro movimenti sono già teatro, pensa se parlassero. E, da lì, nacque il testo”.

Questi muratori in scena, infatti, parlano. E lavorano. Devono costruire, in una notte, un muro abusivo, che faccia diventare il palcoscenico un ambiente affittabile dalla banca adiacente. Scaricano mattoni, mescolano calcina, riproducono in realistica mimesi i movimenti economici del costruire. E parlano. Uno dei due, Fiore (un Alberto Ierardi in stato di grazia per umanità e intensità), non ha esitazioni. Il muro s’ha da fare, che sia regolare o no erigerlo, perché il guadagno permetterà di mettersi in proprio, creare un’impresa di spurghi, salire la scala sociale. L’altro, Germano (un irresistibile Giorgio Vierda), ha maggiori esitazioni, è più lunare e meno deciso, ma comunque collabora.

Muratori, Teatrino dei Fondi

I mattoni si impilano, il muro inizia a nascere. Intanto i dialoghi intessono la storia, condotti in uno splendente vernacolo pisano assolutamente comico che diventa un vettore invincibile di coinvolgimento del pubblico e rappresenta l’ultima variante di uno spettacolo caleidoscopico, un vero e proprio mutaforma.
Concepito in italiano, fu poi, su suggerimento di Franco Quadri, ripensato in romanesco, per riprodurre ancora più realisticamente la maniera espressiva dei personaggi: nel suo lungo cammino scenico, ha conosciuto varie “traduzioni” in molteplici dialetti, fino ad approdare alla cadenza ironica e solare che la versione del Teatrino dei Fondi gli ha regalato. Una lingua immediata, bassa, corposa, popolare, ironica, che conosce il suo contraltare nell’arrivo in scena della signorina Giulia (Marta Paganelli).
Fuggita non si sa come dalle pagine di Strindberg, ectoplasma generato dalla magia del teatro, trascina immediatamente Germano in un incanto che il suo linguaggio onirico e letterario, seducente, la aiuta a tessere. Trascinato da questa seduzione, Germano è disponibile a cambiare, a lasciar perdere tutto, a fuggire con lei sul lago di Como, dove la bellissima gli chiede di portarla, adesso, subito, prima di scomparire in un turbine perché, dice, deve salutare il suo lucherino, l’ha amato tanto.

Germano resta folgorato, vittima della mutevolezza affascinante e dell’enigmaticità che questo fantasma del teatro gli ha trasmesso. Fiore tenta di ricondurlo alla realtà, affastellando spiegazioni razionali (sogno, fantasma, creazione della stanchezza) alla fata morgana che ha turbato l’amico. Più tardi però il contagio colpirà anche lui, quando Giulia rientrerà in scena; parleranno, l’attrazione si scatenerà, con modalità meno stilnovistiche di quelle che hanno metamorfosato Germano, ma ugualmente violente. Fiore tenta un approccio diretto, Giulia fugge, il tradimento mette uno contro l’altro i due amici, brevemente, perché lo spirito del teatro sta preparando per loro ben altri miraggi.
Dietro il muro quasi concluso si intravede il pagliaio che Giulia aveva evocato tante volte nelle sue parole, quello in cui il suo crudele amante le aveva suggerito di ritirarsi per uccidersi. Basta questo per far sì che Fiore e Germano si lancino in quella direzione, scavalcando il muro e scegliendo di immergersi nel mondo altro, incantevole, che il miraggio del teatro propone.

La regia di Enrico Falaschi, minimale e precisa, ha qui un’ottima intuizione: il muro, naturalmente, è un archetipo così importante da superare le motivazioni di scrittura del testo e creare un caleidoscopio di suggestioni. Messo in scena dopo la chiusura dei teatri, dopo la svalutazione dell’importanza dell’arte, il testo si amplia, cresce, ingloba nuovi significati. Superarlo per lanciarsi a capofitto dietro il flauto magico del teatro è un bellissimo messaggio, una nuova nota sulla tastiera di un lavoro ricco di sensi e capace di continuare a creare nuovi agganci e nuove allusioni al mondo, ideale e reale, che siamo chiamati ad abitare.

MURATORI 

di Edoardo Erba
produzione Teatrino dei Fondi
regia Enrico Falaschi
con Alberto Ierardi, Marta Paganelli, Giorgio Vierda
scenografia Federico Biancalani
luci Angelo Italiano, Marco Sacchetti

Fucecchio, Teatro Pacini
25 e 26 Novembre 2021