RENZO FRANCABANDERA | Sarà ospitata in prima nazionale ed esclusiva italiana ad Ancona al Teatro delle Muse nell’ambito della bella stagione di Marche Teatro, sabato 11 dicembre e domenica 12 THE LITTLE PRINCE_Il piccolo principe.

Si tratta di una acclamata produzione della compagnia inglese Protein di Luca Silvestrini ispirata al celebre libro di Antoine de Saint-Exupéry, e che ha avuto oltremanica prestigiosi riconoscimenti: è stata nominata come Miglior Coreografia Moderna al National Dance Awards 2001 ed è Vincitore del premio Miglior Evento per Famiglie al Fantastic for Families 2020. Uno spettacolo per tutta la famiglia con le musiche originali di Frank Moon, le scene e i costumi di Yann Seabra e le luci di Jackie Shemesh.
Silvestrini, direttore artistico di Protein, acclamato coreografo di origine marchigiana vive a Londra da più di venticinque anni, ed ha già lavorato con Marche Teatro in occasione della produzione Food_può contenere tracce di… proposto al Salone delle Feste del Teatro delle Muse con grande successo nel settembre 2018 e anche al Museo Archeologico delle Marche durante l’edizione 2019 di InTeatro Festival.
MARCHE TEATRO ha commissionato con Woolwich Works di Londra il suo nuovo lavoro En Route.
In occasione delle date italiane ad Ancona, peraltro, sarà consegnato al coreografo Il Premio della Critica Teatrale 2020/2021 che non ha potuto ritirare precedentemente, che sarà consegnato il 12 dicembre dopo lo spettacolo, in rappresentanza dell’Associazione dei Critici di Teatro, da Vito Minoia.

Abbiamo intervistato Luca Silvestrini.

Luca, arrivi nelle Marche in prima nazionale con Il Piccolo principe. Che lavoro è? Come è nata questa idea?

Sono molto contento di presentare finalmente il nostro The Little Prince in prima nazionale al Teatro delle Muse di Ancona; la pandemia ci ha bloccati l’anno scorso, ma ora siamo qui. Sono nato in provicia di Ancona e lavorare con Marche Teatro è sempre un enorme piacere, ma è anche un piacevole ritornare a casa. Ho un forte legame con la novella di Antoine de Saint-Exupérie, letta per la prima volta da adolescente, e trarne una trasposizione teatrale è stato interessate e inusuale allo stesso tempo. È la prima volta che dirigo uno spettacolo basato su una storia esistente; di solito parto da un tema e lo analizzo con i miei collaboratori e performer, lasciando spazio a esperienze e storie vissute di chi sta in scena. Invece stavolta mi sono ritrovato a dar vita a personaggi pensati da un autore e conosciuti da milioni di lettori in tutto il mondo. L’idea mi è venuta quando mi hanno commissionato uno spettacolo per famiglie, con un titolo già conosciuto, immediatamente riconoscibile. Riscrivere questa storia per la scena, utilizzando danza, testo, canzoni e tanta teatralità  è stato affascinante e sono contento di aver portato a teatro piccoli e grandi insieme.

Luca Silvestrini

Le tue creazioni hanno sempre una dinamica di relazione particolare con lo spettatore. Perché hai sviluppato questo codice e cosa pensi aggiunga alle tue idee? 

Mi piace pensare che il teatro serva a riflettere e a riconoscersi nelle storie e nei personaggi che vengono messi in scena. Do valore all’intrattenimento e alla piacevolezza dell’esperienza, ma senza sacrificare le potenzialità di una connessione sentita e partecipata tra la platea e ciò che succede sul palco. Preferisco guardare allo spettatore come ad un partecipante, ad un elemento attivo dell’esperienza teatrale. E forse questo modo di pensare mi porta ad andare oltre me stesso, oltre i miei interessi e gusti.

Come sono stati per te questi ultimi anni? Dove hai trovato le energie mentali per superare gli ostacoli?

Sto ancora metabolizzando il tutto, ma è impressionante quanto velocemente artisti e industria culturale abbiano trovato il modo di continuare a creare e a diffondere lavori e progetti. Dopo un primo momento di sgomento, ci siamo tutti attivati affinchè arte e cultura trovassero canali e modalità diverse per sopperire alla mancanza di contatto diretto e di un ambiente di condivisione. Gli ostacoli sono diventati opportunità, le limitazioni libertà creative, e nel giro di qualche mese abbiamo allacciato rapporti e raggiunto pubblici nuovi e lontani.

Ad Ancona ritiri anche un premio assegnatoti dalla Associazione Nazionale Critici di Teatro. Che pensi di questo riconoscimento?

È arrivato l’anno scorso, inaspettato, in un momento molto particolare e in occasione delle celebrazioni dei ventuno anni di attività della Protein, la compagnia inglese di teatro danza che ho co-fondato e che dirigo. È stato un grande onore e una grande soddisfazione ricevere un riconoscimento così prestigioso e perdipiù dal mio paese d’origine. Vorrei dedicare questo premio a tutte quelle centinaia di persone che ho avuto la fortuna di incontrare e con cui ho condiviso percorsi artistici ricchi di scoperte e di grandi soddisfazioni. Parlo di persone perchè le comunità danzanti che ho messo insieme, o che hanno accolto il mio invito, sono sempre state composite, diverse e ricche di umanità.

Photograph © Jane Hobson

Che progetti hai in cantiere? Come stai guardando al prossimo futuro?

Guardo al futuro con una rinnovata fiducia e curiosità verso le immense potenzialità della danza come esperienza creativa ed aggregativa. In questi mesi di pandemia e di lockdown ho sperimentato modalità di creazione, partecipazione e fruizione di progetti ed eventi danzati, muovendomi tra contenuti digitali e spettacoli all’aperto. Progetti come The Sun Inside – un breve film di comunità, realizzato mettendo insieme clip di persone diverse, e come En Route – una camminata collettiva sul nostro rapporto con gli spazi naturali ed urbani che abitiamo, continueranno ad influenzare i percorsi creativi dei prossimi anni. Ho inoltre intenzione di mettere insieme un nuovo lavoro teatrale per famiglie, di raccontare un’altra storia a tutti quelli che dal 2018 ad oggi hanno seguito con grande entusiasmo la nostra versione de Il Piccolo Principe.

Dove sta secondo te il segreto della creatività? In cosa ti aiuta? A cosa ti condanna l’essere artista?

Domande assai complesse queste. Credo che la creatività appartenga alla vita ed è essa stessa un segreto. Dare spazio, coltivare la nostra creatività aiuta a vedere oltre, a sentire oltre noi stessi e a intraprendere percorsi e dialoghi a noi sconosciuti. E la condanna dell’essere artista sta proprio nel non arrendersi, nel non accontentarsi dei traguardi raggiunti e nel continuare a cercare.