DANIELA FRANCO | Gioni è una ragazzina felice e spensierata che vive in una famiglia perfetta e coltiva sogni a occhi aperti, perché «volere la felicità è semplice, è farla che è complicato»Soprattutto se nella realtà Gioni è un uomo con i baffi, che indossa una parrucca, un bel vestito colorato e tanta immaginazione.
Il drammaturgo, scrittore e regista Rosario Palazzolo compie un nuovo viaggio nell’iperrealtà della tragicommedia di ricerca attraverso l’avvincente Eppideis, lo spettacolo interpretato dall’attore Silvio Laviano e prodotto dal Teatro Stabile di Catania, che sceglie per la sua tappa milanese Il Teatro della Contraddizione di via della Braida.

Nel primo quadro il protagonista è inabissato in un turbinio di luci psichedeliche e risonanze intermittenti, che foggia un’atmosfera sospesa e fugace (antitetica all’architettura scenica in cui alberga) e si fa preludio di quel progressivo disvelamento narrativo, diventato ormai il segno distintivo dell’architettura drammaturgica dell’autore palermitano.
Per rifuggire dalla sofferenza lacerante, quell’uomo proverà a rintanarsi in un altrove illusorio, che lo condurrà negli strabiliosi anni cinquanta dell’americanissimo Happy Days, la sitcom televisiva ambientata nel mondo perfetto di Milwaukee, il luogo in cui «la tristezza non esiste e se per caso dovesse arrivare, dura solo il tempo di una puntata».
«Infilati una bella faccia e inizia a costruire una vita infiocchettata».

Così, immersa nei cromatismi vivaci degli elementi scenici, curati da Mela Dell’Erba, la sottiletta Gioni, vive con naturalezza tutti i momenti di quella tanto agognata quotidianità, dialogando energicamente con le voci fuoricampo dei suoi familiari (di Cosimo Coltraro, Manuela Ventura, Viola Palazzolo e Rosario Palazzolo), e con gli altri protagonisti del telefilm, che scorge tra le persone del pubblico, coinvolte con grande empatia nel suo rifugio chimerico. Sulle note pop delle musiche originali di Gianluca Matti, che avviluppano la narrazione incoraggiando lo spettatore a un viaggio immersivo a ritroso nel tempo, Gioni balla come una cheerleader, si innamora, si entusiasma e si racconta: tra i banchi di scuola con l’amica del cuore Sindi o con il mitico Fonzie, personaggio emblematico del telefilm, a cui chiederà di ripararle la felicità, visto che lui sa sempre come fare tutto.

In quel contenitore immaginario di r-esistenza, edificato con lo sforzo del pensiero positivo a tutti i costi, la piccola Gioni si concede anche l’occasione di confidarsi con la mamma, solo per capire cosa si provi davvero ad avere una madre a cui poter confidare i segreti più reconditi, visto che la vita vera non le ha dato questa possibilità. Tutto accade nella  trepidante attesa della puntata numero cento, quella del suo lieto fine finale, in cui riuscirà a coronare finalmente il sogno di baciare il suo amato Ciachi. E cosa importa se ciò che ha appena conquistato è una felicità che non esiste? «Uno può finire dove vuole con l’immaginazione!» tanto, quella della realtà, è comunque una felicità menzoniera.

Ma la mezzanotte della cenerentola delirante irromperà nell’incantesimo della magia finto-salvifica di quel precario rifugio e condurrà la triste principessa alla cruda e solitaria realtà, dove ad attenderla ci saranno le dolorose verità che aveva tentato di schivare e un finale in chiave metateatrale, realizzato con l’irruzione in scena dello stesso drammaturgo, che scardinerà i fili della trama narrativa attraverso la scelta di un epilogo diverso: “Non finisce così, ma così”.

Laviano si dona al personaggio con un’interpretazione intensa. Dentro e fuori l’en travesti tratteggia con spessore una cospicua varietà di sfumature che intessono il sottotesto e incontrano con naturalezza le parole corrotte di quel fantasioso universo lessicale e sintattico ideato da Palazzolo, che spesso congeda le regole grammaticali dal tessuto idiomatico per offrire spazio all’accurata usurpazione linguistica, ormai sua consolidata cifra stilistica.

Eppideis è un viaggio nei meandri dello smarrimento esistenziale affrontato attraverso una  doppia matrice narrativa, in cui la maschera della leggerezza fa trasparire il vero volto della profondità per condurre verso un’apertura che lascia scorgere sempre altro.
Nella costruzione drammaturgica si sente
 forte il rumore dell’impossibilità, quel nodo concettuale che traccia la trilogia teatrale Iddi – il trittico dell’ironia e della disperazione, e che affronta il  tema dell’impossibilità della scelta in Ouminicch, continua il suo percorso con l’impossibilità della verità in Letizia forever e si conclude con l’impossibilità della speranza in Portobello never dies. L‘impossibilità di Eppideis dialoga con tutte queste, spostandosi verso domande altre, per raggiungere un’ulteriore vetta di accuratezza e consistenza nella rincorsa verso quella irraggiungibile verità sul senso di tutto il nostro fare.

EPPIDEIS

testo e regia Rosario Palazzolo
con Silvio Laviano
con le voci di Cosimo Coltraro, Manuela Ventura, Viola Palazzolo e Rosario Palazzolo 
scene e costumi Mela Dell’Erba 
musiche originali e effetti sonori Gianluca Misiti 
luci Gaetano La Mela
assistente alla regia Gabriella Caltabiano
produzione Teatro Stabile di Catania

Teatro della Contraddizione, Milano
27 novembre 2021