ENRICO PASTORE | Per il settimo appuntamento di Resistenze Artistiche ci spostiamo nella capitale per incontrare Francesco Montagna e Maura Teofili di Carrozzerie | n.o.t .
Piccolo miracolo frutto di saggia (auto)gestione e spazio a vocazione multidisciplinare o, meglio, votato a superare le divisioni dei generi, Carrozzerie | n.o.t si situa nei pressi di Ponte Testaccio e ha saputo negli anni intessere uno stretto rapporto con il proprio pubblico ma anche con gli artisti che in quel luogo si sentono a casa.
Il ciclo di interviste dal titolo Resistenze artistiche, lo ricordiamo, si prefigge l’obbiettivo di delineare, almeno parzialmente, quanto avvenuto nei due anni di pandemia in luoghi artistici situati nelle periferie delle grandi città o nelle piccole cittadine di provincia. Questi sono spazi di azione artistica in cui il rapporto con il territorio e la comunità è stretto e imprescindibile. Tale relazione nel biennio pandemico è stata più volte interrotta in maniera brusca, improvvisa e, per lo meno la prima volta, impensata. Tutti si sono trovati impreparati a quanto è successo in questo periodo e le incertezze sull’entità degli aiuti o nelle normative istituzionali di accesso e conduzione delle attività non hanno certo giovato a una serena laboriosità creativa. Nonostante il continuo richiamo a una normalità riconquistata, ciò che stiamo tutti vivendo, artisti, operatori e pubblico è quanto più distante dalla prassi pre-covid. È giusto quindi porsi una serie di questioni in cui, partendo dall’esperienza passata, provare ad affrontare e immaginare un futuro
Come si sopravvive al distanziamento e alle chiusure? Cosa è rimasto al netto di ciò che si è perduto? Quali strategie si sono attuate per poter tenere vivo il rapporto e la comunicazione con i propri fruitori? Come è stato possibile creare delle opere in queste condizioni? Come lo Stato e la politica hanno inciso, se lo hanno fatto, sulle chance di sopravvivenza? Quali esperienze si sono tratte da quest’esperienza? Queste sono le domande che abbiamo posto ad alcuni artisti ed operatori dedicati a svolgere la propria attività sul confine dell’impero, non al suo centro, al servizio di un pubblico distante dai grandi luoghi di cultura e per questo bisognoso perché abbandonato.
Potete raccontarci brevemente come è stato abitato lo spazio (o attività artistica) che conducete in questi ultimi due anni a seguito del susseguirsi di lockdown, zone rosse e distanziamenti?
Durante il primo lockdown siamo rimasti praticamente fermi, come in letargo, rifiutando quasi completamente la conversione delle attività sulle piattaforme virtuali. Abbiamo fatto pochissimo, scegliendo con grande attenzione cosa proporre in una fase tanto delicata (due i progetti realizzati Geografia Privata e Martiri Metropolitani – https://www.carrozzerienot.com/notsoopen -), ma soprattutto abbiamo atteso, osservato, sfruttato questo tempo lento per riprendere a ragionare e rimettere a fuoco la nostra principale responsabilità come spazio culturale; quella di esserci, di fare tutto il possibile per offrire momenti di incontro e scambio reali alle persone. Abbiamo capito, dopo un primo momento di smarrimento (condiviso da ogni persona sulla faccia della Terra) che era nostra responsabilità fare quello che si poteva fare nel modo più concreto possibile, anche se in forma minima: se potevamo abitare lo spazio in massimo tre sarebbe valsa comunque la pena abitarlo in tre. Abbiamo provato a vivere in presenza ogni attimo possibile.
Sia dopo la prima che dopo la seconda chiusura (forse ancora più traumatica per le attività culturali che stavano cercando di riprendere un discorso) non appena è stato consentito, abbiamo quindi cercato di tornare a rendere vivo e pieno lo spazio di Carrozzerie | n.o.t con tutto quello che si poteva svolgere in presenza secondo le normative vigenti: prove, allestimenti, spazi residenziali, etc.
Abbiamo dovuto attendere molto di più per far ripartire in presenza le attività di formazione professionali e non professionali, che – assieme a quelle artistiche – sono per noi il cuore dell’attività, ma abbiamo cercato di ricostruire con grande attenzione e con scelte non sempre facili il momento della ripresa, consapevoli della grande necessità di relazione che si è sviluppata nel frattempo nelle persone per essere pronti a riceverla e stimolarla con proposte in ascolto e sensibili.
Verso quali direzioni si è puntata la vostra ricerca e attività a seguito di questo lungo periodo pandemico che non accenna a scomparire dal nostro orizzonte?
Abbiamo cercato di sfruttare questo ritmo inimmaginabile per approfondire i nostri ragionamenti curatoriali e per mettere a fuoco la dimensione più profonda della funzione di Carrozzerie | n.o.t rispetto alla città e all’ambiente in cui agisce. Abbiamo provato a prendere tempo e rimodulare alcune idee. Si ha sempre l’impressione di voler far entrare un elefante in una cinquecento ma abbiamo cercato di mettere a fuoco cosa era fondamentale per noi e per le persone a cui vogliamo rivolgere le nostre proposte (ovvero quasi tutte o almeno sempre una in più di ieri) per poi fare quasi tutto come prima. Cadenze regolari, spazi di immaginazione, momenti di pura astrazione guadagnati con grande pazienza.
Voler trasmettere il valore e le potenzialità delle pratiche artistiche e del teatro come stimolo di relazione e di ragionamento sul mondo a più persone possibili, far sentire a tutti che questi linguaggi sono rivolti anche a loro e sono per loro delle possibilità espressive uniche per reimmettersi nel mondo e guardarlo con occhi nuovi, offrire una possibilità di accesso al ragionamento e alla bellezza nella profonda convinzione di quanto questo possa significare per ciascuno…
Le istituzioni come sono intervenute nell’aiutare la vostra attività in questo stato di anormalità? Non parlo solo di fondi elargiti, anche se ovviamente le economie sono una parte fondamentale, ma anche di vicinanza, comprensione, soluzioni e compromessi che abbiano in qualche modo aiutato a passare la nottata.
La nostra struttura non ha mai percepito finanziamenti pubblici prima della pandemia; abbiamo sempre lavorato in totale autonomia facendo derivare dall’attività tutte le possibilità di sostegno agli artisti e svolgimento di nuove proposte laboratoriali o di spettacolo. Alla luce delle chiusure imposte, invece, nella totale impossibilità di far fronte alle spese di gestione e all’affitto dello spazio ci siamo avvalsi delle fondamentali opportunità di sostegno che sono state proposte dalle diverse Istituzioni
Abbiamo dedicato molta attenzione al rinvenimento delle risorse per poter traghettare Carrozzerie | n.o.t come spazio fisico e progettuale attraverso questa situazione e abbiamo partecipato a tutte le iniziative di aiuto economico corrispondenti alla nostra attività risultando idonei ai contributi messi a disposizione del Ministero della Cultura con l’Extra FUS, del Comune di Roma con il Bando Programmi e da alcune iniziative della Regione Lazio per le associazioni culturali. Questi fondi – erogati a fronte dell’emergenza e quindi con criteri del tutto specifici – ci hanno permesso di rimanere aperti e di provare a rilanciare le nostre attività e di dare continuità alla proposta con iniziative calate rispetto alla normativa vigente.
Per rispondere alla seconda parte della domanda dobbiamo ammettere che – come singola realtà – non abbiamo né abbiamo avuto contatti diretti con nessuna di queste istituzioni; tuttavia diverse organizzazioni di categoria si sono fortemente battute per rappresentare situazioni specifiche di piccole realtà come la nostra presso di loro e gli strumenti messi in atto ci sono sembrati il risultato di un livello di ascolto importante.
Il nostro dialogo più diretto rimane quello con altre realtà culturali del territorio (come TdR, Romaeuropa Festival, ATCL) che con la disponibilità ad immaginare e realizzare assieme attività e forme di affiancamento alle compagnie emergenti hanno permesso in parte di mantenere attivo il pensiero di Carrozzerie | n.o.t e di mettere in pratica molto del sostegno agli artisti e alle nuove progettualità sceniche che altrimenti non avremmo potuto veder accadere in questo difficile biennio.
Ora che possiamo ripartire con le attività regolari vogliamo fortemente riprendere la linea di autosostentamento e di relazione fra le attività di Carrozzerie per tornare ad esprimere quanto possiamo in connessione con la presenza e la partecipazione delle persone che frequentano, animano e in sostanza sono Carrozzerie | n.o.t
Quali sono le strategie messe in atto al fine di mantenere un legame con il vostro pubblico?
Durante i periodi di lockdown prima e chiusura poi, il dialogo è rimasto attivo, nel modo più diretto che si possa immaginare: siamo stati sommersi di telefonate, mail, confronti su zoom. L’affetto e la partecipazione delle persone ci ha sorpreso per sensibilità e vicinanza. Abbiamo fatto tesoro di questo slancio, privilegiato l’ascolto e raccolto l’occasione per essere ascoltati. Abbiamo provato ad ammettere le nostre paure, a ricordarci grazie alle voci di artisti e persone comuni quanto fossero immerse in quelle degli altri, senza farci schiacciare da sensazioni orrende come la perdita di senso. Abbiamo provato a mantenere alta la promessa di bellezza e di incontro che sempre cerchiamo di mantenere con le persone che frequentano Carrozzerie e ad essere felici per quel che poco che potevamo fare e lo siamo stati, con onestà.
Quali sono le vostre aspettative per il futuro anche a seguito della pubblicazione del nuovo decreto per il triennio 2022-2024 dove non si contemplano più stati di eccezionalità legate alla pandemia?
Il presente è l’unica cosa che ci riguarda.
Se gli vuoi anche solo un po’ di bene diventa futuro da solo.
Posto che il decreto è già uscito e quindi determinerà nel bene e nel male la vita della scena italiana per i prossimi anni, secondo la vostra opinione, cosa non si è fatto, o non si è potuto fare, in questi due anni per mettere le basi per un futuro diverso per il teatro italiano?
Noi non presentiamo domanda al Ministero in nessuna sezione.
È molto difficile mantenere un’attività culturale autosufficiente, pone dei limiti, ma consente anche di tentare di mantenere il ragionamento quanto più libero possibile dalle logiche fissate dai parametri del decreto.
Sarebbe stato bello se, anche a fronte del grande ascolto dimostrato in pandemia, le nuove disposizioni avessero dimostrato di voler riconsiderare il sistema (super)produttivo che ha schiacciato, vessato e umiliato negli ultimi anni molte formazioni artistiche teatrali. Riconsiderare il tempo della produzione artistica e la tutela delle opere già realizzate, ci sembra davvero fondamentale per non vanificare energie creative e discorso artistico. Creare e ricreare e ricreare come se ci fosse una fonte infinita da cui attingere, come se la terra per dare frutti non dovesse mai riposare. La creazione è un tempo lento a volte improvviso, ma certamente non costante. La grande occasione persa in questo tempo sospeso è stata proprio quella di non trovare il modo per dare spazio al pensiero artistico, al momento della creazione tornando a privilegiare solo il dato produttivo e numerico, la visione del teatro come mercato su cui mettere un prodotto e ottimizzarlo, spremerlo e prosciugarlo. Quasi sempre troppo rapidamente.
Non possiamo chiedere a nessuno di essere un albero che fa frutti ogni anno. Forse, non dovremmo chiederlo neanche all’albero.