ANNAMARIA MASSARO | Si è tenuto a Bologna, a metà del mese di marzo, il festival internazionale di arti performative per la prima infanzia Visioni: un festival curato da La Baracca – Teatro Testoni di Bologna. E’ un Mapping festival, ovvero un progetto di cooperazione tra diversi teatri in tutta Europa, sostenuto dal programma Creative Europe dell’Unione Europea.
Per l’edizione 2022 è stato possibile seguire il festival non soltanto in presenza ma anche online sul sito www.visionifestival.it registrandosi gratuitamente. Rivolto sia ai bambini che alle loro famiglie, ma anche ad insegnanti ed educatori, questo evento ha visto in programma spettacoli, laboratori, mostre e iniziative, che raccontano quanto questo settore sia sempre in evoluzione e confermi la sua importanza nell’universo dei linguaggi delle arti sceniche e dello spettacolo dal vivo, anche in relazione alla formazione del nuovo pubblico.
Il Festival ha ospitato la seconda edizione del Premio Valeria Frabetti, dedicato a tutti gli artisti del mondo che hanno partecipato significativamente al miglioramento e alla diffusione delle arti performative per i più piccoli: i vincitori sono stati Myrto Dimitriadou dall’Austria, Susanna Romo dal Messico e Silvia Colle e Lucia Vinzi dall’Italia. Inoltre è stata anche la sede della quindicesima edizione del Premio nazionale “Infanzia-Piccolo Plauto” assegnato ai soggetti e agli enti, che hanno dato contributi notevoli alla cultura per l’infanzia tra cui Adriano Capoccia, Erika Tron in ex equo con Monica Ferrari e Andrea Maffia e Simona Mancarella.

Fra le diverse proposte presentate quest’anno e di cui abbiamo fruito online, brevemente ne commentiamo qualcuna.

Partiamo da Cornici- ricordi in 3 atti di Andrea Buzzetti, con l’interpretazione di Sara Lanzi e Giada Ciccolini.
I bambini vengono messi di fronte a una tematica che spesso anche gli adulti faticano a comprendere e ancor più a elaborare e spiegare: la morte e il ricordo di chi è defunto.
La scenografia proposta è semplice: non c’è nessun elemento in scena se non dei pannelli neri, su cui le attrici, anche loro con abiti neri, disegnano le forme degli oggetti con i quali devono interagire (per esempio le pentole oppure una lavatrice). Al suono di una campanella inizia il primo atto: Sara indossa un cardigan e ciabatte; i suoi movimenti sono lenti e pacati e ci fanno capire che davanti a noi c’è un’anziana signora immersa nella sua routine quotidiana. Mentre sta apparecchiando la tavola si accorge di aver messo un posto in più. Il suo sguardo, divenuto a un tratto malinconico, si poggia su una cornice vuota. Su un piccolo pannello disegna un paio di occhiali rossi e le note di una canzone cominciano a risuonare nell’aria: Il cielo in una stanza di Gino Paoli. Immersa nei ricordi di un tempo ormai passato, inizia a danzare, sempre con quegli occhiali tra le mani, come se qualcuno di fronte a lei li indossasse. La musica si interrompe e lei, come risvegliata da un sogno, si guarda intorno e la sua espressione è segnata da un mesto sorriso. Nel secondo atto interviene Giada. Immediatamente indossa giacca e scarpe formali e i suoi movimenti sono veloci e nervosi. Di fronte a noi abbiamo una giovane donna affaccendata, tuttavia anche lei per un momento, si perde nel viale dei suoi ricordi. La stessa canzone, sentita nell’altro atto, riparte, ma a differenza di prima, mentre lei sta ballando, tra le sue mani non vediamo gli occhiali ma un cappello.
Le due donne si ritrovano successivamente in quello che sembra essere un cimitero di fronte a una tomba: lì disegnano un vaso e un fiore e poi dopo essersi scambiate uno sguardo di intesa, nel punto in cui dovrebbe esserci la foto del defunto, disegnano insieme l’occhiale e il cappello visti nei due atti precedenti. Finalmente i pezzi di questo intricato puzzle si incastrano – le due donne sono una madre e una figlia che hanno perso una persona importante, padre per una, marito per l’altra – e una cornice che altrimenti resterebbe vuota viene riempita dai loro ricordi, tristi ma al contempo preziosi. In questo spettacolo tutto è affidato alla sapiente mimica delle due attrici e sebbene la parola sia assente, le loro azioni restano nella memoria dello sguardo con impressionante vividezza, e per un momento anche noi sentiamo quella sensazione agrodolce che accompagna sempre il ricordo di una persona amata che abbiamo perduto.

Hans Gerritsen

Anche in Wacht’s even / Aspetta un minuto di De Stilte, compagnia dei Paesi Bassi composta da Mara Arts e Catarina Paiva, la scena è minimale e illuminata perfettamente; a terra ci sono oggetti candidi disseminati su tutto il palco e lo sguardo viene subito attratto dai colori sgargianti, blu e rosa, della tuta indossata da una giovane donna che serafica volteggia loro intorno sulle note di un pianoforte. Sul fondo c’è una porta dentro la quale ella scompare e sul palco un’altra figura la sostituisce. A differenza della prima, la seconda indossa un’enorme pelliccia che la copre interamente: riusciamo a intravederne solo le mani e i piedi nudi. Alla sua apparizione anche la musica cambia, diventa più accelerata, in accordo con i suoi movimenti vivaci, che sembrano evocare una dimensione fanciullesca e sbarazzina e che i bambini percepiscono immediatamente: nel teatro infatti echeggiano le loro risate. L’incontro tra le due è inevitabile, e sebbene in un primo momento ci sia un contrasto tra queste due personalità così differenti, la prima più calma e la seconda più esuberante, tuttavia piano piano, armonizzando i loro movimenti, imparano a rispettarsi a vicenda e ad accettarsi. Facendo questo finalmente riescono a costruire il proprio spazio, con una casa e un piccolo pianoforte. Quegli oggetti che all’inizio giacevano a terra inanimati, ora finalmente prendono vita e significato. Ma a essere sorprendente è la reazione dei bambini: i loro sguardi sono meravigliati e incatenati all’azione delle due donne. Con tanta semplicità riescono a immedesimarsi, tanto da cercare di danzare intorno al palco e alla fine la barriera tra attore e spettatore viene rotta con gioiosa esuberanza, loro diventano i protagonisti e con le loro piccole mani cominciano a comporre ciascuno la propria storia.

Chiudiamo con la proposta O Czym Szep Cze Las/ Sussurri dalla foresta della compagnia Teatr Animacji & Art Fraction Foundation proveniente dalla Polonia, dove l’autrice Alicja Morawska-Rubczak cerca di portare i bambini in una dimensione quasi onirica in cui la luce si anima, vestendosi di diversi colori.
Al centro della scena abbiamo la riproduzione di un albero imponente, che attraverso un moderno apparato tecnologico sembra respirare: è quello l’afflato vitale che anima tutte le creature viventi. Intorno a esso si muovono tre attori: Anna Domalewska, Zuzanna Łuczak Wiśniewska e Marcin Chomicki. I loro costumi di scena sono semplici: una calzamaglia e una maglietta che riprendono i colori dell’albero, il verde delle foglie e il marrone della corteccia. Muovendosi nel sottobosco come se fossero piccoli spiritelli con le loro mani animano alcune marionette. All’inizio appare un picchio, si muove furtivo sul tronco dell’albero battendolo ripetutamente con il suo becco acuminato, poi uno scoiattolo che si sposta curioso sui rami emettendo un fruscio tra le foglie e infine un tasso che dopo un lungo letargo, esce da un incavo tra le radici e comincia a guardarsi intorno e a esplorare l’ambiente circostante. Rilevante la dimensione sonora nella creazione: a tutti questi rumori generati dalla foresta si uniscono le voci degli attori, e accordandosi tra di loro alla fine generano un’armonia impareggiabile. Attraverso le videoproiezioni ogni cosa si tinge di sfaccettature diverse, è come vedere il bosco attraverso un caleidoscopio dove musica e immagine trovano una sintesi sempre eccellente, quella della natura. La rappresentazione lancia un importante messaggio attuale e pressante: la natura è armonia, è una forma d’arte che va osservata e ascoltata con attenzione perché anche in un semplice filo d’erba possiamo vedere la meraviglia.

Cornici: ricordi in tre atti

Di: Andrea Buzzetti, Giada Ciccolini, Bruno Frabetti, Sara Lanzi

Con: Giada Ciccolini, Sara Lanzi

Consulenza grafica sul segno di: Enrico Montalbani

Wacht’s Even/Aspetta un Minuto

Coreografie e Regia Di: Femke Somerwil, Gertien Bergstra

Musiche di: Jeroen van Vliet

Con: Mara Arts, Catarina Paiva

O czym szep cze las/Sussurri dalla foresta

DI: Alicja Morawska-Rubczak

CON: Anna Domalewska, Zuzanna Łuczak Wiśniewska, Marcin Chomicki