RENZO FRANCABANDERA | Ripercorrere l’edizione 2022 di Festival Opera Prima organizzato dal Teatro del Lemming a Rovigo significa portare con sè un complesso insieme di visioni ma anche di attraversamenti del luogo città, dello spazio condiviso fra artisti, operatori, spettatori, critici.
Significa riattraversare finanche la storia del festival, che ha rivisto tornare a Rovigo Ascanio Celestini, con Radio Clandestina, che era stato in questo festival agli esordi della sua carriera, scelto allora da Massimo Munaro per la sua capacità di insinuarsi fra memorie, luoghi, persone.
Una cifra che quest’anno, oltre che le drammaturgie, ha attraversato anche le scelte sul versante della danza, come l’ultima creazione di Aldes/Roberto Castello che, con Mbira, affidato alla corporeità di Giselda Ranieri e ai suoni afro dei musicisti e percussionisti che la accompagnano, racconta di come i conquistati, i colonizzati del continente africano, abbiano finito poi per contaminare in modo indelebile la cultura occidentale, il nostro modo di vivere, imponendo un linguaggio, i ritmi, che sono ora patrimonio dell’umanità.
Un ragionamento, quello sulla contaminazione, coerente anche con quello che hanno proposto nelle sale del Museo dei Grandi Fiumi, in un mix di danza e narrazione, Marigia Maggipinto e Chiara Frigo con Miss Lala al Circo Fernando: si ripercorrono in uno spazio intimo, fra fotografie, autobiografia e movimento danzato, le vicende umane e artistiche della Maggipinto nel suo non breve periodo al Tanztheater di Wuppertal, sotto la guida di Pina Bausch, un tracciato emotivo per pochi spettatori in cui si enfatizza il percorso umano e il travaso di sensibilità nel dialogo fra la Maestra e la performer.
L’ultima giornata del Festival ha poi visto un succedersi di eventi che hanno in qualche modo magnificato l’identità polisemica di Opera Prima, fra musica, teatro, performance in tutta la città di Rovigo.
Emozionante ed intensa, nella sua poetica brevità, l’azione di Collettivo Rosario, un gruppo affidato alla direzione artistica di Charles Raszl, che ha porta la piazza a vivere compiutamente una esperienza di Body Music.
Totale il coinvolgimento del pubblico per il loro Fio Azul, con ciascuno degli spettatori chiamato ad accompagnare l’azione coreografico-canora del collettivo con il proprio strumento, il proprio corpo. Mentre il gruppo intona a cappella al tramonto una serie di canzoni della tradizione, da quella sarda a quella portoghese-brasiliana, sfruttando come strumento di percussione il corpo, il numeroso pubblico presente viene invitato in un gioco di accompagnamento che progressivamente avvolge tutta la piazza in un emozionante crescendo di idem sentire. Chi ascolta sviluppa un’esplorazione di pattern musicali profonda, in cui ritmo e melodia diventano un tappeto per il dispiegamento dell’empatia affidata al codice sonoro.
Si torna quindi, attraverso un’esperienza canoro poetica collettiva, guidata da questo gruppo di musicisti, attori, danzatori di diversa provenienza artistica e geografica, a ricollegarsi alle storie, alle leggende e alle tradizioni che il vissuto quotidiano dell’urbanizzazione deritualizzata ha cancellato. Ne viene fuori un concerto ibrido, che ha le caratteristiche della performance danzata come la si sarebbe potuta intendere alla scuola di Richards nel Workcenter Grotowski. Emozionante.
La giornata è proseguita nella “casa” del Teatro del Lemming, il Teatro Studio, dove Matilde Vigna aspettava gli spettatori che accedevano in sala già seduta su una ribalta nera a forma di parallelepipedo posta al centro della scena, lei in impermeabile beige, quasi venuta fuori da un film degli anni 50 sul neorealismo.
E qualcosa con questo ambiente mentale quello che segue ha a che fare: la giovane e talentuosa attrice, originaria proprio di questa zona, con Una riga nera al piano di sopra porta in scena una riflessione sul tema del distaccarsi da quello che costituisce la propria identità, sul trauma della separazione, del cambiamento, dello stravolgimento. Si intrecciano, nella drammaturgia scritta dalla stessa interprete, la vicenda, raccontata quasi in modo autobiografico, di una donna adulta costretta ai cambiamenti della vita, con la storia e le memorie dell’alluvione del Polesine del 1951.
In un gioco di luci, silenzi, recitazione frontale e spazi nebulosi, la piena del Po arriva a coincidere con la piena emotiva della donna che si narra: i segni che lascia l’inondazione sul territorio, nelle case, la riga nera richiamata dal titolo, si sovrappongono a quelli del vissuto della donna, fra cambiamenti e ricostruzione.
Vive sono la narrazione e la recitazione, partecipate ed empatiche, che il pubblico a fine recita premia con un lungo e caloroso applauso; uno sguardo registico vero e proprio, esterno rispetto al combinato testo/attoralità, avrebbe potuto conferire un ulteriore amalgama al ritmo e al movimento scenico, nell’alternarsi delle sequenze narrative.
A concludere la serata sotto gli alberi secolari del giardino della torre civica, Skills, il bellissimo concerto di Sven Helbig & Piano quartett. Helbig è figura poliedrica: compositore, regista e produttore musicale tedesco, scrive soprattuto musica per coro ed orchestra e il suo dark ambient, contaminato tanto da influenze classiche quanto da intrecci noise e industrial, propone una miscela dal sapore incredibilmente evocativo. L’artista che ha lavorato come produttore, compositore e arrangiatore con i Rammstein, Pet Shop Boys, Snoop Dogg, Polarkreis 18, Fauré Quartet si è esibito in un quartetto in cui lui stesso era alle manipolazioni elettroniche, accompagnato da un pianista, una violinista e una violoncellista. Le atmosfere ora titaniche, ora nostalgiche, affondano nella ripetizione, nella insistenza ritmica degli archi tutta contemporanea, fra Nyman e Fripp, e ha catapultato l’uditorio in una stanza sonora complessa, onirica e sofisticata allo stesso tempo.
Un finale travolgente per un’edizione 2022 del festival davvero notevole.
FIO AZUL
regia Charles Raszl
con Charles Raszl, Andrea Sampalmieri, Claudia Pellegrini, Gennaro Pantaleo, Sara Tinti, Silvia Sasso, Marta Paganelli, Simone Magnoni, Valentina Romizi
UNA RIGA NERA AL PIANO DI SOPRA
monologo per alluvioni al contrario
di e con Matilde Vigna
dramaturg Greta Cappelletti
progetto sonoro Alessio Foglia – disegno luci Alice Colla – costumi Lucia Menegazzo – aiuto alla regia Anna Zanetti
scenografa decoratrice Ludovica Sitti
produzione ERT/ Teatro Nazionale