ELISA LICCIARDI | Il teatro esiste per avvicinarci a noi stessi. Un viaggio nel tempo fino alla fine degli anni ’50 è quello che è stato possibile compiere nei giorni scorsi a Roma grazie a Respiro Piano, uno dei tanti spettacoli selezionati in questa 10° edizione del Roma Fringe Festival 2022 al Teatro Vascello dall’11 al 26 luglio. Il nome stesso del teatro ospitante evoca in fondo l’idea del viaggiare. Un vascello su cui ci imbarchiamo in 7 per questa navigazione nella memoria. Forse scelti dal destino, proprio noi 7 lì in quel momento. Attraverso le luci soffuse che illuminano il teatro, si iniziano ad intravedere degli oggetti. Pochi ma essenziali. Giusto il tempo di rendere corpo e mente disponibili e si parte. Buio. Entra in scena Piera Russo interprete e regista dello spettacolo, scritto insieme a Nicola Maiello. Entra tenendo in mano una candela e ci domanda se siamo la ditta di sgombero case.
Con grazia Matilde, così si presenta a noi, schiude le porte del suo passato, in uno spettacolo di narrazione. Ci troviamo in Campania alla fine degli anni ’50. La storia è quella di una famiglia del sud Italia immersa completamente nel suo credo e nelle sue tradizioni. La vicenda rimbalza tra epoche differenti, i salti temporali sono sottolineati da un accurato gioco di luci. Matilde deve vendere l’appartamento appartenuto a lei e alla sua famiglia e scegliere quali oggetti tenere e quali dar via. Ma prima ha bisogno di sentire ancora una volta cosa quegli oggetti hanno da dirle, da dirci.
Ed ecco i ricordi. L’abilità dell’interprete è quella di saper dar vita ai tanti personaggi di questa vicenda, la famiglia al completo, e a tutto ciò che le sta intorno.
Guardate le mani di un attore quando recita e vi si aprirà un mondo. Eduardo de Filippo in un’intervista estratta dal documentario Io sono Anna Magnani del 1979 diceva alla grande attrice :“Anna che te ne importa della voce, tu parli con le mani”.
Sicuramente non sono quelle della Magnani ma anche le mani di Piera/Matilde, parlano. Nel vecchio grammofono è possibile vedere il nonno, nella macchina da cucire la nonna, nella sedia il padre e nella finestra serrata della stanza da letto la madre. Matilde danza tra un gelato alla vaniglia e le voci ataviche del suo paese, dialogando con lo spazio attorno a sé.
Uno spazio vivificato dalla presenza attorale, capace di trasportare attraverso un’Italia la cui memoria è a tratti olfattiva, che profuma di passata di pomodoro e basilico fresco, accostato da Matilde alla felicità di sua mamma mentre è intenta a consumare una danza d’amore con lo zio. Quando sì è felici ed amati tutto è più buono e tutto profuma. L’amore è il condimento migliore. Lo zio, il sole della casa, è un personaggio chiave per scoprire il segreto che la piccola conserva dentro di sé. Un segreto che ci rivela un’altra faccia di quell’Italia che purtroppo non sempre profuma di pomodoro e basilico. Un’ Italia che sa di patriarcato, di rigide regole da rispettare per essere uguale agli occhi degli altri e soprattutto per non dar modo agli altri di poter “parlare”. Un’Italia che si aggrappa alla religione come unica ancora di salvezza, ma che nei fatti piuttosto che accogliere e perdonare, preferisce omettere, nascondere i suoi segreti dentro le ante di un’armadio.
L’armadio è l’oggetto totemico dello spettacolo che Matilde non vuole far toccare a nessuno ma che alla fine decide di aprire per non lasciare che il non detto abbia la meglio. Lei che sin da subito, pur senza saperlo, è stata diversa. Figlia di un amore extraconiugale, figlia del sole, di quello zio che la riempiva di giocattoli. Costretta per questo a subire violenze da parte di chi agli occhi degli altri doveva far finta di essere suo padre, per non macchiare l’onore della famiglia. Il viaggio di Matilde da bambina a donna altro non è che la presa di coscienza e la voglia di andare a fondo fin dentro i meandri bui del suo inconscio per poter uscirne fuori e brillare di luce propria.
L’incedere drammaturgico diventa quindi un atto di rivoluzione per se stessa e per chi verrà dopo di lei e sentirà parlare di questa storia più attuale che mai, nonostante l’apparente salto in un altro tempo. “Eravate pochi ma io vi sentivo”. Queste le parole dell’attrice una volta fuori dal teatro. Ed ha ragione. Una connessione bellissima si è creata tra il pubblico e lei, entrambi a proteggere e ad accogliere lo spettacolo, la sua creatura. L’interprete si apre in un dialogo oltre il tempo della scena circa il suo timore che il dialetto napoletano potesse creare problemi di comprensione. Ma i dialetti, quello campano in particolar modo, parlano alla pancia. Si fanno portatori di ricordi. Rimandano ad uno spazio primordiale dove tutti forse eravamo prima di venire al mondo. Perciò non è necessario sempre capire tutto: capire non sempre significa comprendere, e occorre sentire per poter ricordare.
RESPIRO PIANO
regia Piera Russo
con Piera Russo
aiuto regia Carolina Romano
autori Piera Russo e Nicola Maiello
musiche Frankie Broccoli e Francesco Granatello
laboratorio scenografico Alovisi attrezzature e elementi di scena
scene Rossella Pugliese
collaborazione artistica Elena Starace
Roma Fringe Festival 2022 Teatro Vascello
19 luglio 2022