SUSANNA PIETROSANTI | NU per nuovi, UT per utopia, DA per danzatori, ed ecco Nutida, un nome che in svedese significa ‘contemporaneo’. Nome evocativo per il Festival di danza sostenuto dal Comune di Scandicci, progetto di Stazione Utopia insieme al MIC e alla Città Metropolitana di Firenze nell’ambito di OpenCity 2022 che ogni sera, dal 18 giugno al 20 luglio, nel magico Pomario del Castello dell’Acciaiolo, ha dato vita a 21 performance, interpretate da gruppi famosi e da esordienti, con 9 prime nazionali. Cristina Bozzolini, insieme a Saverio Cona, costituiscono la mente formidabile dell’intero progetto. Cristina Bozzolini, artista geniale, ha fondato il Balletto di Toscana, ha diretto il Balletto di Roma e l’Aterballetto per dieci anni, creando poi il Nuovo Balletto di Toscana e la relativa Scuola. Attraverso le sue parole, possiamo rivivere la magia delle serate appena trascorse.
Com’è nata l’idea della rassegna?
Ho sempre avuto la passione per la coreografia. Quando ho smesso di ballare avrei voluto fare la coreografa, poi ho pensato che organizzare eventi mi fosse più congeniale. Saverio Cona lavora con me da trentacinque anni. Era direttore di scena al Balletto di Toscana, ma quando vide uno spettacolo del Collettivo Danza Contemporanea si innamorò dell’arte. Colpo di fulmine. E allora insieme abbiamo pensato a una rassegna particolare.
Quali sono le caratteristiche speciali di Nutida?
Di rassegne ce ne sono anche troppe, questa, però, ha una prerogativa diversa. Non è una vetrina di spettacoli, questo lo sanno fare tutti, aiutati poi dalla velocità di contatto del web. Qui si fa un lavoro diverso; si danno opportunità a molti, anche a esordienti, anche a sconosciuti. Si dà la possibilità di fare spettacolo, ma non solo. Si offrono indicazioni, competenze. Si offrono maestri. La danza contemporanea soffre per assenza di storia culturale. Noi offriamo competenze e la possibilità per i giovani di formare un loro stile personale, senza il quale sei un artigiano della coreografia, come diceva Bach. Se hai il tuo stile sei un vero artista, altrimenti rimani un artigiano.
L’originalità di stile si basa sulla conoscenza e sulla cultura, dunque….
Certo. Mi arrivano progetti di giovani che ritengono di essere originali e che contengono elementi di poetica che forse erano freschi negli anni Settanta, e loro non lo sanno. Non capisco perché. Anni fa eravamo interessati a quanto era stato fatto prima, in America, in Germania, ora no. Sono necessarie indicazioni chiare, sono necessarie competenze e maestri. E anche chiarezza da parte dei critici, che dovrebbero assistere alle prove, comprendere il movimento creativo, non sparare a zero senza capire le effettive difficoltà e le tappe di chi in quel momento sta creando.
In che modo il Festival supporta i giovani danzatori?
Accompagniamo gli artisti emergenti dall’ideazione della coreografia fino alla messa in scena e non credo che ci siano altre realtà come noi. È un lavoro di ricerca e di gruppo svolto insieme ai coreografi del nostro centro. La rassegna diventa un enorme laboratorio. Seguiamo il processo di scrittura coreografica. Diamo consigli musicali, drammaturgici… per assurdo questa rassegna è anche un corso di coreografia. Offriamo a giovani coreografi la possibilità di crescita indicando loro ciò che non funziona, che si può migliorare. Per esempio, nel programma di quest’anno c’è uno spettacolo di Philippe Kratz, che è stato danzatore con me per tanti anni all’Aterballetto. E adesso è molto richiesto, è invitato alla Scala, a Monaco di Baviera e non solo. Eppure lo spettacolo che presenta a Nutida è supportato dal Festival e coinvolge giovani danzatori, dando loro modo di relazionarsi con un coreografo esperto.
Avete scelto di lavorare ogni sera senza luci artificiali, questo cosa ha regalato alle varie performance?
Molto. L’idea che abbiamo avuto – secondo me anche questa molto buona – è di non cercare di fare un teatro all’aperto. Sono sempre brutte copie dei teatri al chiuso. Ci vorrebbero mezzi enormi per fare un palco idoneo.
Allora i nostri spettacoli si svolgono all’imbrunire, con la luce del tramonto, è una cosa meravigliosa, vera, naturale, una poesia straordinaria. Questo è molto bello, è un’idea vincente.
Ha avuto successo la rassegna?
Sì. La gente viene, è venuta. Dovremmo fare più pubblicità, ma anche così l’incanto c’è stato.
Lo spettacolo di Philippe Kratz, citato da Cristina Bozzolini, si intitola Midnight Youth, un titolo ossimorico. Si basa su una celeberrima poesia di Chandra Livia Candiani, tratta da La Bambina pugile (“la vita nuova/ arriva taciturna/dentro la vecchia vita/ arriva come una morte/ uno schianto/ qualcuno che ti spintona così forte/ un crollo”). Anche con lui abbiamo avuto la possibilità di dialogare.
Da dove è nata l’idea di tradurre in danza una poesia?
Dopo la pandemia, ci sentivamo spersi. Quelli della mia generazione, forse più degli altri. Allora la Candiani mi ha folgorato. L’invecchiamento. Arrendersi e trovare la bellezza. Può arrivare con violenza, ma finisce in modo dolce, in pace. Sotto la pioggia l’erba si arrende, si china e la beve. In fondo la metamorfosi nutre.
In quali immagini è riuscito a tradurre la poesia della Candiani?
Cinque persone in viaggio, il gruppo non si ferma mai. I danzatori sono sempre in scena. Uno di loro non è nella comunità, è un individuo separato, ma il collegamento non ha mai fine. Ho scelto una ritmicità chiara e forte, come a livello visivo avviene quando gli sguardi si agganciano l’un l’altro, favorendo la presa di coscienza. Ho ripulito il più possibile. La prima parte più voce e ritmo, la seconda più rituale.
Né luce, né quinte….
No. Solo un ambiente evocativo, i costumi verdi che favoriscono la fusione con la natura, e i corpi. I corpi hanno creato le parole, hanno creato la poesia.
Festival Nutida
18 giugno/ 20 luglio
Pomario del Castello dell’Acciaiolo, Scandicci
Direzione Artistica Cristina Bozzolini e Saverio Cona
Midnight Youth
Coreografia Philippe Kratz
Nutida/ Stazione Utopia, Compagnia Nuovo Balletto di Toscana
In scena: Cristina Acri, Matteo Capetola, Matilde Di Ciolo, Veronica Galdo, Niccolò Poggini