RENZO FRANCABANDERA | 30F&A! Trent’anni sono veramente molta strada. Nell’arte e nella ricerca del linguaggio teatrale vuol dire veramente vivere, conoscere e confrontarsi con almeno due generazioni.
Chiara Lagani e Luigi De Angelis, da tempo conosciuti con la denominazione di Fanny & Alexander, erano all’epoca compagni di liceo, avevano iniziato a frequentarsi, a mescolare i loro pensieri, i loro progetti: hanno negli anni seguenti creato una realtà importante del linguaggio della scena contemporanea italiana, con una ricerca improntata alla sfida, al mai banale, al lavoro pionieristico di indagine filosofica prima ancora che artistica sull’interazione fra attore, parola e macchina (teatrale ma anche digitale).
Molti i compagni di viaggio in questo percorso così ricco e vario, e tanti gli attori che hanno avuto riconoscimento importante per questo incontro, da colui che è stato a lungo interprete “feticcio” del F&A pensiero, Marco Cavalcoli, a Francesca Mazza, che ha vinto il Premio UBU come migliore attrice protagonista nel 2010 con il loro spettacolo West, fino alla recente esplosione di Andrea Argentieri, anche lui premio UBU come miglior Attore o Perfomer Under 35 nel 2019 per il progetto Se questo è Levi, che ha avuto anche un riconoscimento con il Premio Speciale Ubu 2019. Il tutto attraversando intrecci importanti con la letteratura, l’editoria e la medialità intesa in senso ampio, come per pochi altri sodalizi artistici che il teatro italiano abbia conosciuto in questi anni.
Un percorso raro, un cammino fortunato.

Festeggiare il trentesimo anno è stata quindi l’occasione per guardare a tutti questi incontri, alle persone, alle opere, agli artisti, ai teatri e ai festival, alle relazioni umane e artistiche che hanno permesso e alimentato il cammino della compagnia, come hanno dichiarato i due artisti a margine dell’evento 30F&A! – Trent’anni di Fanny & Alexander che per tutto il 2022 ha attraversato e attraverserà l’Emilia Romagna, con un focus speciale sulle città di Ravenna e Bologna, con azioni interdisciplinari nei territori, coinvolgendo studiosi, artisti e, soprattutto, dialoghi con il pubblico. Ma il progetto, che ha visto coinvolta anche la RAI con uno speciale in due puntate andato in onda a Fuori Orario, prosegue fra librerie, teatri, canali radiofonici, concerti, installazioni, a conferma di una straordinaria vocazione multimediale del duo.
E proprio a Ravenna il festeggiamento, nell’ambito di Ravenna Festival, ha visto un momento centrale: il debutto del nuovo spettacolo Addio Fantasmidopo il prologo installativo  del polittico video / concerto The Garden di inizio luglio.
La prima assoluta dell’ultima creazione tratta dal romanzo di Nadia Terranova edito da Einaudi, finalista al Premio Strega 2019 e affidato a due interpreti d’eccezione – Anna Bonaiuto e Valentina Cervi – è andata in scena al Teatro Alighieri in un teatro riempito in ogni ordine per festeggiare questa occasione particolare, cui la scrittrice stessa non ha voluto mancare.

L’allestimento stesso forse ha a che fare, oltre che con la vicenda del romanzo, proprio con l’idea di teatro, di arte dal vivo che il duo cerca di fare propria da tanti anni: un racconto che separa con una tenda sottilissima la macchina, il meccanismo, il trucco, da quello che appare. I passaggi fra un mondo e l’altro sono continui, e in questo spettacolo sono molto più evidenti e tutt’altro che celati, come invece era in altri lavori in cui l’inganno e l’artificio della ricerca scenica erano affidati a minuscole auricolari, celate al pubblico, che poteva finanche uscire dallo spettacolo ignaro che dietro la recita ci fossero giochi nei giochi, livelli e architetture di conoscenza, stratificazioni algoritmiche dell’esperienza scenica, alcune delle quali riservate al piacere, sempre un po’ solipsistico, che esiste fra chi dirige e chi viene diretto.
Ma a differenza dei registi che hanno mantenuto questo piacere per sè, tenendolo rinchiuso nella scatola magica delle prove, in molti spettacoli F&A hanno voluto che il brivido dell’incertezza, dell’improvviso invadesse ogni visione, si rinnovasse di volta in volta, e che ogni spettacolo divenisse in ultima analisi nuovo episodio, ulteriore prova, circostanza artistica diversa dalle precedenti e in cui si rinnova l’incertezza dell’esito finale.

Addio Fantasmi. Foto di Luca Del Pia

Lo spazio scenico è dunque circondato da questa tenda, involucro del rapporto umano fra madre e figlia. Minimale la dotazione scenografica, oggettuale, vintage, che riporta a case e arredamenti che ormai si trovano solo nelle seconde abitazioni nei paesini e nelle località di villeggiatura, non di rado ricettacolo delle memorie familiari, luoghi di accumulazione e deposito della memoria di famiglia, finché il destino lo vuole. E il libro racconta proprio dell’arrivo di Ida a Messina, dove la madre l’ha richiamata in vista della ristrutturazione dell’appartamento di famiglia.
Si devono fare i conti con gli oggetti di sempre, con il trauma della morte del padre e dei seguenti silenzi con la madre. Il mondo attorno, come la figura paterna, assume nell’allestimento una caratteristica di segno confuso, di voce dall’altrove, dal dietro la tenda. Non è mai perfettamente comprensibile, è spesso corrotta, per cui si è sempre in bilico fra memoria, immaginazione, distorsione del ricordo personale, proiezione dello spazio psichico.

L’equilibrio narrativo del romanzo, ma finanche il filo conduttore, che è l’affrancamento della figlia dal lutto paterno, viene riorientato sul rapporto madre/figlia nella riscrittura di Chiara Lagani, che svuota la scena da tutte le altre figure, le lascia sullo sfondo, ma qui finiscono oltre, oltre il fondale tenda, e diventano voci, luci, soffi, privi di corporeità. Tutto diventa ectoplasmatico, confuso tranne il rapporto con la madre, le asperità reciproche e il mosaico di non-detti che, in sostanza, sono lo spettacolo, tanto che la trama stessa diventa in qualche forma illeggibile.
Pare quasi di vedere in questa drammaturgia il condizionamento di quel sistema di storia nelle storie del Sylvie e Bruno di Carroll, spettacolo precedente a questo, e che Lagani aveva tradotto per Einaudi. Ma se nel romanzo del padre di Alice nel paese delle meraviglie, il confondersi dei piani narrativi è dato dal sovrapporsi di vicende ma anche di tanti personaggi contigui nei ruoli e che sono le porte che aprono agli scambi di plot, qui il caos calmo si attorciglia attorno al duo al femminile, un duo che si avvicina a una recitazione quasi post-drammatica ma senza mai farla propria, e anzi rimanendo di fatto in un susseguirsi di micro monologhi (anche quando si tratta di dialoghi), a testimoniare l’incomunicabilità delle due, e il loro continuo tuffarsi nella fissità non scalfibile dei ricordi.
Dopo un po’ il gioco scenico soffre di questo schema, che resta sospeso nel tentativo di un’idea forte, per riorganizzare il testo e adattarlo alla scena in una dimensione psicologica dialogica (tralasciando quindi l’efficace presa in soggettiva che nel libro si respira più fortemente), e così per i loro trent’anni Fanny&Alexander si regalano il lusso di uno spettacolo, di una creazione più tradizionale, dove il rischio è più sul versante testuale della riscrittura che sul piano della messa in scena.
È meno visibile l’indagine sulla macchina e sul meccanismo; la meccanica attorale binaria – troppi sono i piani di leggibilità portati dietro la tenda – soffre nel ritmo e nei dialoghi, è affaticata dallo stile volutamente tenue per le manifestazioni dei fantasmi, delle memorie corrotte dal tempo e spesso qui volutamente incomprensibili, ma che sono elemento cruciale per la ragnatela di pensieri e relazioni che dalle due protagoniste si dipana.
E insomma, davvero mancano i fantasmi, qui, e senza fantasmi anche Fanny& Alexander (come il film insegna) sono meno loro stessi.


Addio Fantasmi

tratto dal romanzo omonimo di Nadia Terranova (Einaudi, 2018)

regia Luigi De Angelis
drammaturgia e costumi Chiara Lagani
in scena Anna Bonaiuto e Valentina Cervi
musiche e sound design Emanuele Wiltsch Barberio
costumi Chiara Lagani
con le voci di Mirto Baliani, Consuelo Battiston, Silvio Lagani, Marco Molduzzi, Margherita Mordini, Rodolfo Sacchettini
fonica e supervisione tecnica Mirto Baliani
macchinista Raffaele Basile
organizzazione Maria Donnoli, Marco Molduzzi, Gianni Parrella
coproduzione Ravenna Festival, E Production / Fanny & Alexander, Infinito Produzioni, Progetto Goldstein, Argot Produzioni
grazie a Moellhausen fragrances, Valerio Vigliar, un ringraziamento particolare a Nadia Terranova