Flavia Poldi | Bárbara Bañuelos approda a Roma a Short Theatre 2022, festival internazionale di arti performative giunto alla 17esima edizione, portando con sé, in prima nazionale, il suo Hacer Noche. Con lei vi è Carles Albert Gasulla, guardiano di un parcheggio notturno a Barcellona, con il quale per un anno e mezzo ha intrattenuto un intenso scambio di letture e riflessioni che ha portato poi alla concezione di questo atto teatrale. Un dialogo, un racconto intimo e personale dei e tra i due.
Lo spazio è una scatola nera illuminata a malapena da luci neon di un bianco freddo che penzolano dal soffitto. Veniamo invitati a prendere posto sulla sedia che più ci aggrada: sono disposte in modo disordinato, ma nell’insieme formano un anello. Agli apici della sala vuota ci sono quattro schermi che per tutto il tempo della performance trasmetteranno la traduzione del dialogo in lingua italiana e inglese (i due parlano nella loro lingua, lo spagnolo), rendendo accessibile a tutti il lavoro e la forza del suo messaggio sociale.
L’impressione che si ha è di partecipare a una seduta di gruppo, ma andando a scoprire il racconto di Gasulla, capiamo che il luogo più appropriato per descrivere la scena è proprio un parcheggio in piena notte, come quello in cui l’uomo ha lavorato per tutta la vita. Un luogo grigio, buio, freddo, desolato, a tratti pauroso, dove in solitudine è solito rifugiarsi tra le pagine dei libri e delle poesie che più ama.
Il romanzo Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Céline è lo sfondo su cui si poggia lo spettacolo.
I due si conoscono già da anni quando iniziano a lavorare su Hacer Noche, il destino li ha fatti incontrare durante una riunione a Radio Nikosia, un’associazione di persone che si interessano alla promozione dei diritti e alla prevenzione della discriminazione nei confronti di persone neurologicamente diverse dalla popolazione “neurotipica” e che si occupa di promuovere il concetto di “neurodiversità”.
Quasi non ci si accorge di quando lo spettacolo inizia: Gasulla si confonde tra il pubblico facendosi strada tra le sedie in sala, ne sposta qualcuna rimasta vuota, quasi in punta di piedi e con il capo chino si siede nell’anello centrale della platea a spirale. Arriva anche Bañuelos, ma pur sedendosi nello stesso cerchio, rimane distante dall’uomo. Come nel racconto di Céline, i momenti sono ben scanditi e divisi seguendo un ordine fisso come i capitoli del libro.
A introdurci nel dialogo è proprio un passo tratto dal libro che l’uomo ci legge, seguito da una registrazione audio di lui che inizia a raccontarsi. Come in un diario, si alternano le riflessioni sulle letture da lui amate e racconti quotidiani. L’uomo ci dà l’impressione di vivere una profonda insoddisfazione e frustrazione, è un uomo arreso alla vita e al mondo.
Se inizialmente Gasulla e Bañuelos paiono lontani e con percorsi di vita totalmente differenti, man mano che i dialoghi e le registrazioni-diario proseguono, si iniziano a scorgere attinenze, finché la connessione tra loro diventa sempre più evidente. Non si tratta più del loro stretto personale, il loro si tramuta in un discorso politico e sociale collettivo. Il vivere diventa sopravvivere.
L’uomo, pur avendo studiato filologia e parlando cinque lingue, si è visto costretto a lavorare come custode in uno squallido parcheggio multipiano, sottopagato e costantemente a contatto con l’indifferenza e l’ingratitudine, che lo porteranno verso la depressione.
La donna, dal canto suo, vive come un peso il suo essere artista, un’attività impensabile a tempo pieno, tanto da essere costretta a svolgere un altro lavoro per poter “andare avanti” in questa società. Entrambi, quindi, reggono il peso di non poter essere ciò che hanno sempre desiderato.
E se dietro ogni individuo ci fosse anche dell’altro? Se scoprissimo che dietro a un direttore o a una direttrice di banca ci può essere un danzatore o danzatrice, ad esempio? Per convenzione non ci viene facile pensare a qualcuno in altre vesti, se fino a quel momento lo abbiamo visto con gli stessi panni da sempre. Su questo, dunque, si focalizza Hacer Noche: la frustrazione che porta all’insoddisfazione che conduce, a sua volta, all’autocensura, alla depressione.
Il lavoro affronta dunque problematiche importanti, decisive, con umiltà, realismo e una buona dose di coraggio nel mettersi a nudo e mostrarsi in tutti i propri punti deboli che si rivelano, però, al tempo stesso fonte di forza per riuscire a restare tutti interi, fedeli al proprio modo di essere.
I due protagonisti, in maniera quasi impercettibile, si ritroveranno vicini, si guarderanno negli occhi, uno di fronte all’altro, buttando giù, una a una, le luci fredde al neon che all’inizio ci avevano sorpreso, facendoci provare l’ansia di un parcheggio desolato di sera. I parcheggi come metafora della società che ci circonda, i momenti bui della vita, con i suoi conflitti, con l’indifferenza che abita corpi umani.
Hacer Noche non conosce momenti di pausa, la sollecitazione al pensare, riflettere e assimilare i temi proposti è costante e forse, proprio per la moltitudine degli stimoli e la rapidità dei racconti, lo spettatore rischia di non essere totalmente coinvolto. Il ritmo dei dialoghi risulta così monotono e privo di picchi emotivi, e il pubblico si trova a non partecipare fino in fondo ai problemi che la scena solleva.
Si direbbe che il formato scelto abbia bisogno di elaborazione e di studio maggiore per raggiungere effettivamente chi sta a guardare. I pensieri, che cercano di comunicarci con i dialoghi, potrebbero essere più efficaci se sostenuti o addirittura sostituiti dallo strumento visivo? A questa domanda risponde proprio Bañuelos. Alla fine della performance, al momento dei saluti, svela di aver immaginato inizialmente Hacer Noche come un docu-film e di aver sognato di poter vincere la Palma d’oro al festival di Cannes.
In conclusione, siamo di fronte a un fiume di parole: il carattere performativo lascia presto il posto a una conversazione qualsiasi. Hacer Noche è e rimane l’intreccio della vita dell’uno e dell’altra. Parole, parole e parole, che alla lunga perdono di efficacia e allontanano dalla reale valenza sociale e politica che veicolano. Allontanano dalla bellezza di Bárbara e Carles Albert che non conoscono arroganza, che sono semplicemente loro stessi.
Compagnia Bárbara Bañuelos_Bárbara Fournier
HACER NOCHE
regia Bárbara Bañuelos
sceneggiatura Carles Albert Gasulla e Bárbara Bañuelos
narrazione, dialogo, riflessioni e presenza scenica Carles Albert Gasulla e Bárbara Bañuelos
allestimento spazio Antoine Hertenberger e Marwan Zouein
luci David Picazo
assistenza tecnica Javier Espada
produzione e comunicazione Mamífero
co-produzione TNT (Terrassa) e CondeDuque (Madrid)
progetto in residenza al TNT Festival (Terrassa)
in collaborazione con El Graner (Barcelona) e il Teatro Calderón (Valladolid)
ideazione e residenze tecniche Espacio Azala (Vitoria), Teatro Principal, Festival TNT (Terrassa) e El Graner (Barcelon
Short Theatre 2022
La Pelanda – Studio 2
09 settembre