EUGENIO MIRONE | All’interno del cortile dell’Ex ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano sorge il TeatroLaCucina, per raggiungerlo bisogna percorrere un lungo viale alberato soffusamente illuminato. Questa è la fascinosa cornice in cui due uomini si incontrano dopo tanto tempo. Sono due pellegrini della scena che al teatro hanno dedicato l’intera esistenza: ora è il teatro a restituire le loro vite.
Per César Brie e Antonio Attisani lo spettacolo Boccascena ovvero Le conseguenze dell’amor teatrale, in cartellone al Teatro Elfo Puccini, è l’occasione per fare finalmente i conti con se stessi. Alla fine del viaggio viene il tempo della narrazione; solitamente coincide con l’ultima stagione della vita, la senilità. Quel che viene regalato al pubblico è proprio il racconto dell’avventurosa odissea che ha portato i due ad attraversare il procelloso mare del teatro. Per narrare, Brie e Attisani si sono serviti dell’arte della scena. Non poteva essere altrimenti.
I due attori indossano le maschere (di Andrea Cavarra e Chiara Barlassina) del Gatto e della Volpe. La favola di Pinocchio, infatti, viene utilizzata come sfondo su cui dispiegare il racconto dei frammenti di vita dei due protagonisti. Realtà e finzione, memoria e racconto si intrecciano in otto brevi quadri che ripercorrono le vite dei due attori.
La scena è il laboratorio di due artieri: cordami pendono dal soffitto, due altalene oscillano nel vuoto, da un baule in proscenio nasce la melodia di uno xilofono. In questa bottega – che ricorda quella di un falegname – l’attrezzo da lavoro è la pura artigianalità dell’artificio teatrale. I colpi di teatro si susseguono a ruota libera, accade, ad esempio, che i colorati stendardi disegnati da Marisa Bello vengano issati come vele dai due attori; sotto la mano incantatrice di Brie, curatore della regia dello spettacolo, ogni oggetto acquista una seconda vita grazie a trovate sceniche sorprendenti.
Accanto ai due anziani uomini di teatro si trova anche la giovane attrice Caterina Benevoli nei panni di un servo di scena che è anche qualcosa di più. È il metronomo che scandisce la durata di ogni sezione, il regista che sceglie gli argomenti da trattare, ma soprattutto è l’erede: rappresenta i giovani e a lei spetta il compito di chiudere la pièce.
Al centro della scena recita le parole di una poesia scritta sulla sua veste bianca che trasmette la visione del teatro elaborata da Brie e Attisani: il teatro è una lotta con il buio, il buio diventa inchiostro che serve per scrivere la vita.
Boccascena è un dolce, ironico e disincantato commiato dal teatro di due uomini ormai non più giovani. Ma l’operazione non è fine a se stessa, in quanto, citando Brie, «l’intimo è sociale». E forse sarà scorretto affermare che il tempo del racconto coincide esclusivamente con l’età della vecchiaia, ognuno di noi, infatti, ha bisogno di raccontare di sé, ma «questo Sé quando viene condiviso diventa in un certo qual modo un Noi». In sintesi, è soprattutto attraverso l’Altro che conosciamo noi stessi.
Tutto questo è stato reso perfettamente a partire dal testo in cui, come afferma Attisani: «io e César ci riconosciamo e non ci riconosciamo, perché si tratta di un’opera che nasce dall’incontro di due esistenze, due biografie di uomini che hanno dedicato tutta la propria vita al teatro». Capita che una battuta – anche personale – pronunciata da Attisani sia stata invece pensata e scritta da Brie e viceversa; oppure che entrambi donino la propria esistenza alla ricostruzione dell’altro. Così in un attimo Attisani si trasforma in Sulplicio, vecchio attore innamorato del giovane Brie, mentre Brie assume i panni del prete polacco incaricato di far visita ad Attisani nell’ospedale di Cracovia in cui era ricoverato.
Brie e Attisani, ripercorrendo l’uno accanto all’altro la via crucis della loro esistenza, dimostrano che la vita ha un sapore diverso quando si trascorre insieme. Ancora una volta le parole di Brie sono illuminanti: «per me fare questo spettacolo è stato cesellare un’amicizia. È la prima volta nella mia vita che fare teatro significa anche occuparsi dell’altra persona, mentre io ho rinunciato a occuparmi degli altri per fare teatro. In questo lavoro fare teatro è stato anche occuparsi del mio amico Antonio. Questo mi risarcisce di tante cose».
Anche la situazione particolare in cui lo spettacolo ha preso forma fa scuola. Caratteristica peculiare di questo testo è il fatto di essere nato in dialogo durante la pandemia. In seguito alle misure di isolamento domiciliare, infatti, Brie si è trovato chiuso in un teatro a sua completa disposizione. «Io andavo a trovarlo fingendomi il suo medico per non dare nell’occhio. Ci stavo dentro otto ore, chissà cosa pensavano i vicini!», ricorda Attisani.
L’amor teatrale è anche questo: due uomini nel pieno della vecchiaia che in un momento di emergenza sanitaria trasgrediscono le regole per il desiderio di fare. Di certezze non ce ne erano, non si sapeva se i teatri avrebbero riaperto né tantomeno se il mondo intero si sarebbe mai risvegliato dallo stand-by generale in cui era sprofondato. D’altronde non ci si mette in viaggio solo per raggiungere la meta.
In questo senso lo spettacolo è rivolto soprattutto ai giovani, quei giovani che troppo spesso a causa di banali generalizzazioni vengono etichettati come svogliati e che più di tutti forse saranno coloro che risentiranno delle ripercussioni legate alla pandemia. A essi Brie e Attisani hanno donato un regalo prezioso mostrando quanto possa far star bene seguire una passione.
Boccascena è anche una grande affresco della vita e una metafora del buon modo di intendere la relazione tra generazioni. E sebbene il tono della pièce sia prevalentemente agrodolce, dai lamenti e dalle ferite dei due attori filtra un barlume di speranza. Vale, perciò, la pena trascorrere un’ora osservando due maestri di teatro che parlano di sé e della vita in scena, come due nonni che davanti al focolare raccontano una storia ai loro nipoti. È il corso della vita: il passato si fa presente, il presente sarà futuro.
BOCCASCENA OVVERO LE CONSEGUENZE DELL’AMOR TEATRALE
di César Brie e Antonio Attisani
regia di César Brie
con Antonio Attisani, César Brie, Caterina Benevoli
stendardi e ritratti Marisa Bello
interventi musicali Giulia Bertasi, Pablo Brie, Federico Costanza
scene e costumi Giancarlo Gentilucci e Lara Friia
maschere Andrea Cavarra, Chiara Barlassina,
luci Daniela Vespa
produzione ERT/Teatro Nazionale con la collaborazione di Agidi
TeatroLaCucina, Milano | 7 ottobre 2022