RENZO FRANCABANDERA | Dentro un Olimpico di Vicenza che fa il pieno di spettatori, i diavoli di malebranche corrono da una parte all’altra, alla ricerca del terribile Satana. Chiedono lumi su cosa fare di un gran numero di anime arrivate sulle rive dello Stige in conseguenza di una terribile pestilenza che ha afflitto l’umanità. Belzebù, con generosità, offre uno sconto di pena alle anime di tre buffoni, Zuan Polo, Domenico Tagliacalze e Pietro Gonnella in cambio di intrattenimento. In poco tempo i tre devono inventare di sana pianta uno spettacolo per guadagnare il bonus sulla condanna infernale.
Parte da questo pretesto drammaturgico Buffoni all’Inferno il nuovo lavoro di Stivalaccio Teatro, la compagnia dedita da quasi quindici anni al teatro popolare, alla commedia dell’arte, oltre che al teatro ragazzi e all’arte di strada, attraverso la produzione di spettacoli, la formazione e l’organizzazione di festival e rassegne.
Nata nel 2007 dall’incontro tra Michele Mori e Marco Zoppello, la compagnia si è poi arricchita nel 2013 con l’arrivo di Sara Allevi e Anna De Franceschi, formatesi presso la Nico Pepe di Udine e che condividevano con i fondatori la passione per il teatro fisico-gestuale basata sulle tecniche della commedia dell’arte, la danza, il nuovo mimo e la clownerie.

Zoppello, che della nuova creazione è drammaturgo e regista, con il piglio filologico che anima da sempre la ricerca alla base dei loro spettacoli, indaga qualche esempio di racconti infernali tra il tardo medioevo e il rinascimento, prendendo spunto tanto dai fablieux francesi quanto dai grandi classici di Boccaccio e Chaucer.
Questo spettacolo, a differenza degli allestimenti assai popolati di interpreti e con una scenografia importante, che di solito sono cifra peculiare di Stivalaccio, ha invece una scenografia leggera (di Alberto Nonnato): una sorta di zattera dei dannati, una semplice pedana di legno rialzata con una vela che ricorda più dei panni sporchi stesi al vento, la barca dei folli di goldoniana memoria.
Gli attori in scena sono solo tre, i tre poveri saltimbanchi che nella speranza di vedere le loro anime in qualche modo salvate si arrampicano sugli specchi di una prova satanica, rinverdendo i fasti dell’arte buffonesca di matrice quattrocentesca che ebbe naturale evoluzione poi nelle maschere e nella grande tradizione dei comici dell’Arte.
Fra novelline, travestimenti grotteschi e improvvisazioni Buffoni all’Inferno ambisce ad essere un piccolo Decamerone teatrale, che come la raccolta boccaccesca, coniuga il buffo e tragico.
Le notevoli interpretazioni sono di Matteo Cremon, Michele Mori e Stefano Rota, interpreti d’esperienza, che da anni si occupano di dare corpo ad un teatro popolare, capace di guardare con apertura alla tradizione della commedia dell’arte.
I tre, riportando in scena quindi testi che sono parte della storia della letteratura italiana e documenti preziosissimi anche sulla nascita della nostra lingua, danno vita ad un centone letterario che mette insieme parole di Boccaccio con frasi di Pietro Aretino e poi ancora frammenti che hanno testimoniato nei secoli la nascita della nostra lingua.
Si tratta non solo di un ben recitato lavoro teatrale, ma anche di un tuffo letterario dentro fonti linguistiche ormai assai poco praticate e che invece rendono lo spettacolo adattissimo ad un pubblico ampio.

Quello presente al teatro Olimpico di Vicenza, per tutta la durata della recita, partecipa attivamente con risate e applausi a scena aperta, e viene coinvolto di frequente dagli attori in un continuo impasto di testo letterario e improvvisazione, che amplia le strettoie letterarie ad una pratica teatrale del lì per lì, e chiama il pubblico ad una presenza davvero attiva. Come rituale dei loro spettacoli l’ingresso in scena degli attori avviene anche dalla platea, e da quel momento in poi coinvolge il pubblico in un continuo di scherzi, lazzi e battute che esaltano anche le doti di improvvisazione degli interpreti.
Tanto la regia quanto il gruppo di attori mostrano di padroneggiare in modo accuratissimo e totale la cifra espressiva di riferimento, di cui Stivalaccio è, se non l’unico sicuramente il principale interprete al momento in Italia, un vero e proprio presidio per la salvaguardia di questo patrimonio, oltre la grande tradizione che però dall’Arlecchino di Strehler in poi non ha conosciuto una vera e propria rilettura organica. Anzi, questa area del linguaggio ha subito negli ultimi venti-trent’anni, un drammatico e inspiegabile abbandono, che complice un rinnovamento del linguaggio affidato alla multimedialità digitale, ha steso un velo di oblio su un modo di fare teatro che è parte fondante della storia del teatro italiano, premiata attraverso l’opera di Dario Fo addirittura con il Premio Nobel.I successi all’estero, in particolare di recente in Francia, non fanno che confermare come la pratica originale, autorale e comunque di grande attenzione alle fonti drammaturgiche e letterarie, sia la strada corretta per questo gruppo di artisti, capaci di inserire con attenzione anche l’elemento musicale nella composizione, e di affidarsi a giochi luce mai banali.
In Buffoni all’Inferno è pregevole, sotto questo aspetto, il contributo di tutta la squadra, che va dal lavoro su maschere e carabattole di Stefano Perocco e Tullia Dalle Carbonare, agli stupendi costumi di Lauretta Salvagnin.
Contribuiscono alla riuscita e ai cambi di coloritura emotiva tanto il disegno luci di Matteo Pozzobon, quanto le musiche originali di Ilaria Fantin.
Il mix di tutti questi elementi spinge gli spettatori per tutto il tempo della recita a focalizzare lo sguardo su quanto avviene in scena senza doversi perdere nella grande bellezza della scenografia scultorea del teatro Olimpico di Vicenza.
Il rodaggio drammaturgico successivo a questo felice debutto, dopo aver vissuto il respiro del pubblico in forma ampia, permetterà tanto di puntellare ulteriormente l’amalgama testuale per dare compattezza ulteriore al pretesto narrativo, quanto di dosare gli inserti di improvvisazione per arrivare a quella durata aurea intorno all’ora e mezza che appare la durata ideale della creazione.
Il lavoro che a breve sarà a Pergine per una nuova data a metà Novembre, merita davvero di girare, perché oltre ad essere divertente e ben interpretato, contiene al suo interno tutti gli elementi più sani di una pratica teatrale onesta, fatta di intenso lavoro, preparazione e sacrificio.

 

BUFFONI ALL’INFERNO

con Matteo Cremon, Michele Mori, Stefano Rota
soggetto originale e regia Marco Zoppello
scenografia Alberto Nonnato
maschere e carabattole Stefano Perocco e Tullia Dalle Carbonare
costumi Lauretta Salvagnin
disegno luci Matteo Pozzobon
musiche originali Ilaria Fantin
assistente alla regia Alvise Romanzini
realizzazione costumi Antonia Munaretti
scene realizzate da Roberto Maria Macchi e Matteo Pozzobon
calzature Aldo Biasibetti
produzione e distribuzione Federico Corona
amministrazione Ludovica de Luca
organizzazione Andrea Contarin
grafica Martina Bolzan

produzione Stivalaccio Teatro
si ringraziano il Teatro Busnelli di Dueville e l’Accademia Olimpica di Vicenza