EUGENIO MIRONE | «Non credo che la regia debba essere creazione artistica, interpretazione soggettiva, come troppo spesso accade, per cui uno stronzo qualsiasi osa mettersi al livello di Eschilo o Shakespeare: il regista deve riproporre le intenzioni dell’autore». Da buon spirito tedesco, Peter Stein non utilizza mezze misure nel riabilitare la figura del regista nella sua originaria funzione di custode del testo. La questione è complessa e non consente partigianerie ma, per quanto risulti lapidario, si lasci passare come legittimo il giudizio di un uomo che ha donato l’intera vita al teatro tanto da incarnare uno degli ultimi giganti del novecento ancora in attività.
Su un punto, però, Stein coglie nel segno, quando afferma che nel fare una regia egli non si concentra sul pubblico ma solamente sugli attori. «Fuck the audience!» era solito dire Pinter, lo testimonia Alessandra Serra che con il drammaturgo premio Nobel ha collaborato nei suoi allestimenti in Italia e che di Pinter ha curato l’edizione critica di tutto il teatro, pubblicata per Einaudi. Ed è sempre Serra a dichiarare che Pinter ha sempre e solo scritto per sé stesso, mai pensando al pubblico.
Stein deve dunque aver pensato solo a Pinter quando ha deciso di tornare a lavorare sul drammaturgo inglese, a quasi dieci anni di distanza dalla sua prima e unica regia pinteriana de Il ritorno a casa. Il testo del “ritorno” è Il compleanno, opera giovanile che al suo debutto nel 1958 andò incontro a un solenne fiasco, ma cresciuta la fama del suo autore ne seguì la sorte, diventando la seconda opera più rappresentata del commediografo inglese.
Al fianco del regista un solido cast composto in maggioranza da attori esperti, quasi tutti navigati collaboratori di Stein tra cui Maddalena Crippa, Alessandro Averone, Gianluigi Fogacci e Fernando Maraghini; Alessandro Sampaoli e la giovane Emilia Scatigno completano la squadra di attori. Le prove si sono svolte per un mese e mezzo sotto la guida del regista nella sua residenza umbra di San Pancrazio, ricostruita – non è nemmeno il caso di dirlo – al massimo della sua originalità, così come nel pieno del rispetto Stein ha sempre cercato di restaurare la prima nazionale di ogni spettacolo su cui ha lavorato. Il discorso è valido anche in questa occasione: Stein è un filologo, gli attori la sua matita per scrivere.
Stanley Webber vive ormai quasi da un anno come ospite nella pensione al mare dei coniugi Meg e Petey Bowles. Del suo passato oscuro si sa poco, forse è stato un pianista o forse si è allontanato da casa per affari, così come poco o nulla viene detto sull’arrivo nella pensione di due misteriose figure, Goldberg e McCann. Turbato fortemente dall’arrivo dei due uomini, Stanley viene colto da una crisi di nervi durante i festeggiamenti per il suo compleanno. Ridotto in stato praticamente catatonico verrà condotto via da Goldberg e McCann per essere “curato”.
La scena è ambientata nel salotto all’interno della casa dei Bowles, dove all’apparenza ogni cosa sembra tranquilla. Le commedie di Pinter si svolgono, quasi sempre, in una stanza che trasmette l’illusione di una calma rassicurante. Le minacce giungono sempre da fuori, insinuandosi attraverso fessure invisibili, e contaminano la scena con un malessere che si rivela a poco a poco tramite i personaggi, fino a quando la situazione non precipita tutto d’un tratto.
Uno dei tratti geniali della scrittura di Pinter consiste nel disseminare all’interno dei suoi testi indizi premonitori dell’instabilità futura. Ne Il compleanno la tensione è presente fin dalle prime battute ma affiora a poco a poco di nascosto, da ciò deriva la sensazione costante di una minaccia incombente. L’espediente di cui si serve il drammaturgo per raggiungere lo stato di angoscia, in questo caso, è il dialogo, declinato secondo la modalità dell’interrogatorio.
Se ne dà subito un esempio nella prima scena in cui Meg cerca di capire dal marito se Stanley sia già sceso per la colazione. Basterebbe salire le scale e andare a controllare in camera ma Pinter decide di costruire un lungo scambio di battute sul tema, che inoltre ricomparirà identico in chiusura della pièce. Il testo abbonda volutamente di frasi interrogative, ciascun personaggio cerca di carpire informazioni sull’identità e le azioni degli altri attraverso domande insistenti alle quali spesso vengono fornite risposte stravaganti tanto quanto i quesiti.
Stanley chiede insistentemente a Meg di rivelargli l’identità dei due sconosciuti; giunti in casa, Goldberg e McCann con furbesca cortesia cercano di capire da Meg se Stanley si trovi nell’abitazione; in apertura di secondo atto McCann e Stanley si interrogano reciprocamente, a turno, nel tentativo di venire a conoscenza l’uno dell’intenzione dell’altro.
Nel ritmo concitato dettato dai frequenti scambi serrati di battute tra personaggi il livello di tensione si alza e la minaccia affiora spaventosa. La scena centrale del secondo atto è l’emblema di questa angoscia senza nome; qui Goldberg e McCann, minacciosamente in piedi al fianco di Stanley, si lasciano andare a un profluvio di interrogazioni che incalzano senza respiro l’inquisito portandolo fino all’incapacità di formulare risposte.
La ricerca di una verità che dia certezza è un tratto che attraversa tutta la commedia. La conoscenza è un potentissimo strumento di potere perché attraverso il controllo fornisce stabilità e sicurezza. Il re Claudio desidera conoscere il motivo della pazzia di Amleto non perché tenga particolarmente alla salute del nipote ma, semmai, per timore della sua incolumità.
Anche ne Il compleanno, così come in Amleto, emerge il tema dello spionaggio che prende la forma, come si è detto, di un interrogatorio costante. Soltanto che Pinter non consente alla ricerca di andare a buon fine, di conseguenza i suoi personaggi – e lo spettatore – precipitano in un perenne stato di angoscia, analogo al sentimento d’ansia che affligge il re Claudio per non avere il polso della situazione.
Pinter viviseziona con risolutezza e trasparenza le paure, le ombre e le instabilità della condizione umana. Come afferma Serra: «Non è affatto facile recitare Pinter, perché non è un autore che offre supporti su cui gli attori possono costruire le basi dei personaggi da interpretare». I suoi protagonisti quasi sempre entrano in scena da un luogo imprecisato portandosi dietro un passato misterioso, «con il loro ingresso i personaggi “contaminano” un “dentro” apparentemente tranquillo con un “fuori” ambiguo e spesso violento».
Nonostante l’alto tasso di difficoltà, il cast si è distinto in una prova coralmente solida, in cui a spiccare non sono stati i singoli ma l’interazione fra attori, e non di omologazione si sta parlando, dal momento che ogni interprete è riuscito sapientemente a far risaltare le marche caratteristiche del proprio personaggio.
La scena di Ferdinand Woegerbauer è essenziale, non un oggetto in più di quel che serve, come giusta è la cura riservata agli arredi e ai costumi (di Anna Maria Heinreich) perché aderente al senso in cui li intendeva Pinter, cioè non far prevaricare mai questi elementi causando la distrazione del pubblico. È buona tradizione nel teatro inglese che l’attenzione ricada in gran parte sulla parola.
Altrettanto compatta ed efficace risulta la regia di Stein. La bellezza dell’arte risiede nella possibilità di essere interpretata, a tal punto che anche una rilettura strettamente fedele può essere attuata in funzione di questa libertà. Ma, siccome la riproposizione di un testo teatrale non è un evento settoriale, può capitare che anche il più fedele custode del culto venga colto dalla tentazione di apporre lievi modifiche alla liturgia rituale. E infatti Stein si concede un piccolo colpo di teatro nella scena della festa in cui Goldberg amoreggia caldamente con la giovane Lulu, seduta sulle sue ginocchia.
La didascalia nel testo recita “si abbracciano”, però, la posa dei due attori con i volti coperti dal foulard bianco di Lulu ricorda volutamente il bacio de Gli amanti, il celebre dipinto di Magritte. La visione è senz’altro suggestiva, ma forse superflua se si tiene presente il monito di Pinter. È un dettaglio che non inficia l’alto valore del lavoro ma che risalta maggiormente in funzione della dichiarata posizione conservativa nei confronti del testo.
A destare una leggera perplessità è, invece, la particolare scelta di divisione dei tempi della rappresentazione. Il compleanno non ha una durata considerevole tale per cui non si possa assistere alla rappresentazione senza l’ausilio delle pause (si parla di circa due ore e mezza di spettacolo).
Pinter è stato capace in tre atti di delineare una parabola perfetta in cui all’acme raggiunto nella scena della festa segue un terzo atto in cui la tensione viene rilasciata lentamente fino alla risoluzione della vicenda. In questo senso l’intervallo posto a conclusione del secondo atto indebolisce la strategia di tensione su cui si basa l’opera, perché disperde l’attenzione del pubblico proprio nel momento clou della storia.
Non conosciamo la ragione della scelta, ma, ad ogni modo, non pone in discussione la pregevole fattura dell’operazione registica di Stein, il quale ha sempre fornito uno studio ragionato sugli autori con cui ha avuto modo di entrare in contatto. Si tratta di una qualità prestigiosa che non deve esser data per scontata. Nella sacra libertà del pensiero critico, dovrebbe rimanere salda l’idea che assistere ad un lavoro di una voce autorevole sia sempre una grande opportunità da cui uscire arricchiti, un punto di partenza su cui costruire le proprie riflessioni. Questo è il ruolo dei maestri.
IL COMPLEANNO
di Harold Pinter
traduzione di Alessandra Serra
regia di Peter Stein
assistente alla regia Carlo Bellamio
scene Ferdinand Woegerbauer
costumi Anna Maria Heinreich
luci Andrea Violato
assistente alla produzione Cecilia Negro
oroduzione Tieffe Teatro Milano/TSV-Teatro Nazionale/Viola Produzioni srl
con
MEG Maddalena Crippa
STANLEY Alessandro Averone
GOLDBERG Gianluigi Fogacci
PETEY Fernando Maraghini
MC CANN Alessandro Sampaoli
LULU Emilia Scatigno
durata: 100 minuti I e II atto – 15 minuti intervallo – 30 minuti III atto
Progetto sostenuto da Next – Laboratorio delle Idee edizione 2022
Teatro Menotti, Milano | 1 novembre 2022