CHIARA AMATO | Al Teatro Out Off di Milano ritorna in scena lo spettacolo Tutta casa, letto e chiesa con la regia di Lorenzo Loris, che aveva visto nel 2021 la sua prima nazionale.
Regista dal 1986 della compagnia del teatro Out Off, che dirige insieme a Mino Bertoldo, Loris si è formato come attore con registi del calibro di Carlo Cecchi e Luca Ronconi. Con l’Out Off ha realizzato un lungo percorso di allestimenti attraversando molta della drammaturgia del Novecento e contemporanea, in uno degli spazi tra i primi veramente underground di Milano.
Il testo scritto da Dario Fo e Franca Rame nel 1977 è incentrato sulla questione di genere, sempre attuale, ed è stato portato in scena oltre 3000 volte in tutto il mondo. È stato il primo caso in cui la Rame ha firmato un testo con Fo.
Lo spettacolo si struttura in tre monologhi cui in questa regia corrispondono i relativi cambi di scena, di costumi e di personaggi femminili, tutti interpretati da Monica Bonomi. In realtà il testo di Loris è una riduzione rispetto a quello originario, che conteneva altri racconti di donne, ma ne mantiene intatto il carattere grottesco e insieme drammatico.
Gli episodi scelti (“Una Donna Sola”, “Abbiamo tutte la stessa storia” e “Medea”) dividono lo spettacolo in tre macro sequenze narrative: nella prima è protagonista una casalinga ironicamente nevrotica a causa dell’infelicità del suo matrimonio che la ingabbia; a seguire la vicenda di una donna come tante che non è appagata dal solo soddisfare i piaceri del suo uomo e diventare non volontariamente madre (dopo aver già superato anche degli aborti per la pigrizia maschile contro gli anticoncezionali); infine, una Medea che mostra la sua irruente ribellione all’annullamento femminile, in virtù sia dei propri figli sia del proprio Giasone opportunista, ghoster (come si direbbe oggi) perché già invaghito di una amante più giovane.
Le tre vicende portate in scena sono intervallate da una musica in sottofondo, sulla quale riecheggiano, velate da una parete luminosa, prima le parole di Molière sul profondità del comico a teatro; poi da una citazione di Franca Rame sulla condizione del femminile, sulla stanchezza e la fatica nel ribaltare quella forma imposta, non solo dal sistema patriarcale, ma dalle donne stesse che ne fanno parte. La Rame è ovviamente presenza indiscussa: aleggia per tutto lo spettacolo la sua personalità, la sua firma e cifra umana.
Le scene di Lorenzo Loris e Luigi Chiaromonte ci presentano prima un semplice appartamento di città, arredato in forma sintetica con un asse da stiro, una sedia, un comodino e un telefono che squilla di continuo, utilizzato dal marito della protagonista per controllarla ossessivamente; successivamente parte di questo allestimento sparisce per lasciare in scena solo una sedia, sulla quale la Bonomi simula annoiata un rapporto sessuale da routine con il suo partner; infine sullo sfondo del muro in tufo fondale del teatro Out Off, che ricorda le mura delle città greche, sempre in posizione centrale una sedia, dalla quale Medea risponde agli attacchi delle altre donne di Corinto.
Anche con le luci Chiaromonte focalizza l’attenzione sulla unica attrice protagonista enfatizzando momenti di maggiore raccoglimento, soprattutto nel secondo e terzo episodio, stringendola in un cono di luce che rende l’ambiente più intimo e che non a caso coincide con i punti in cui la protagonista si rivolge al suo pubblico, dialogando in particolar modo con il sensibile femminile.
I costumi, scelti dallo stesso regista, giocano su una contemporaneità di donne libere, sensuali e allo stesso tempo androgine. Non è il contenitore in questo caso a colpire, lasciando largo spazio al contenuto: i vestiti restano vestiti qui, senza dover veicolare necessariamente altro messaggio, se non quello di una personalità di donna già forte e consapevole, mostrata dalla drammaturgia.
Il lavoro tocca, con ironia prima e con serietà dopo, nodi importanti della vita e della psiche femminile, dall’antica Grecia ad oggi, con diverse tematiche di natura sociale purtroppo ancora irrisolte: schemi che si perpetuano nei secoli e che rendono il testo in qualche modo (purtroppo forse verrebbe da dire) immortale e, perché no, “classico”.
La regia di Loris spinge su un utilizzo del corpo molto marcato: i tic nevrotici, gli equilibri precari con i piedi sollevati come durante un rapporto sessuale, il modo di toccare il proprio corpo che è un po’ gabbia e un po’ tempio, i passi veloci e marcati, i sorrisi plastici che diventano una maschera che volge all’infelicità (poco) latente.
Il maschile appare sul palco solo defilato, con la partecipazione di Tommaso Di Pietro. Ne vediamo solo le mani, le braccia ed infine una camminata silenziosa sul palco nelle vesti di Giasone. Sembra che il testo in questa rilettura porti in sé una sorta di resa dei conti, come se urlasse che ora la voce deve essere quella al femminile. Donne sui generis, ma in fondo così comuni, come ricorda il titolo della seconda pièce.
Tutte e tre le mogli, madri, donne hanno un velo meravigliosamente tragico e tenero, cucito addosso alla drammaticità, alla tenerezza e alla comicità della Bonomi. Come afferma Medea sul finale “meglio essere ricordata come bestia feroce, che dimenticata come capra mansueta, tosata e venduta”.
Il sistema patriarcale con i suoi schemi qui viene mostrato nel suo declinato domestico, nel rapporto sessuale e di coppia. Micro-mondi che fanno da specchio a quel macro-mondo sociale dove i disequilibri sono gli stessi.
L’accoglienza in sala non passa solo attraverso gli applausi. Il pubblico, senza distinzioni di genere, ride e “ascolta” quello che il testo offre, oltre le parole, e attraverso quell’energia e quell’intensità che la Bonomi riesce a trasmettere pienamente.
TUTTA CASA, LETTO E CHIESA
di Dario Fo e Franca Rame
con Monica Bonomi
e con la partecipazione di Tommaso Di Pietro
regia di Lorenzo Loris
scene Lorenzo Loris e Luigi Chiaromonte
costumi Lorenzo Loris
interventi pittorici di Giovanni Franzi
video Davide Pinardi
luci Luigi Chiaromonte
produzione Teatro Out Off