RENZO FRANCABANDERA | Intonato in modo strano ma coerente con il clima delle ultime settimane, Pescara è stata interessata per la seconda volta da Open Mic, uno spettacolo di ciclo-teatro che il 10 settembre in 3 ore ha toccato 2 quartieri delle periferie, Borgosud e San Giuseppe, 5 location/piazze con 5 momenti di spettacolo e ha coinvolto 10 performers e più di 15 attivisti.
Cinquanta persone pedalanti, e più di cento partecipanti hanno ridato vita ad una formula che in questi due anni si è rivelata efficace nel tentativo di stimolare riflessioni e coinvolgimento sui temi dell’inclusione, dei diritti, della discriminazione e della violenza di genere.


Con la direzione e ideazione della regista Monica Ciarcelluti, direttrice artistica della Compagnia Arterie, lo spettacolo ha visto coinvolti numerosi artisti, dai danzatori Gisela Fantacuzzi e Lambert Julien, agli attori Mariangela Celi, Ottavia Orticello e Marco Paparella, e ancora il musicista Piero Delle Monache.
Hanno garantito la riuscita dell’iniziativa, con il loro intervento, anche Fonderie Ars, il Collettivo Zona Fucsia, FIAB Pescara Bici,  che ha accompagnato la carovana dei ciclisti attraverso le 5 tappe da La Madonnina del Porto, Piazza Rizzo, Piazza Caduti del mare, piazza San Giuseppe, Molo Pescara Nord, e ancora Mazì Arcigay Pescara, Jonathan diritti in Movimento, Il Gatto con i Pedali, che ha fornito le biciclette per gli artisti, e infine ULE Francavilla e SPAZIOMATTA.

Abbiamo intervistato Monica Ciarcelluti.

È il secondo anno che torna Open Mic. Come è nato questo pensiero, che l’anno scorso sembrava aver a che fare più con il lasciarsi alle spalle la pandemia e il riappropriarsi della città. Quest’anno invece…?

Abbiamo pensato di muovere con la bicicletta, a sciame, attori, danzatori, pubblico,  attivisti, ciclo-amatori e  di dar vita ad un vero e proprio viaggio-poetico su due ruote! La performance è estremamente energetica, ha un incredibile fascino caotico, sostenibile e agita nel rispetto dell’ambiente; gode dell’improvvisazione e della partecipazione degli attivisti e del pubblico.
Il teatro torna sul suo palco più ambito, all’aperto. I performers e gli attori hanno interagito con gli attivisti e il pubblico attraverso le opere dei grandi del teatro, come Shakespeare e Céchov, in controcanto con lo sguardo e il punto di vista degli attivisti, che hanno fatto da elemento di confronto.

Abbiamo esteso il campo di azione a temi dell’Agenda 2030 e agli obiettivi della sostenibilità, cruciali per la vita sul pianeta ma anche attualissimi nel dibattito politico internazionale insieme a quelli della parità di genere e all’inclusione.

Sono molti gli artisti e i partner che hanno voluto prendere parte all’evento, e sembra quasi che ciascuno abbia voluto portare un suo tassello per comporre l’opera.

Sì, molti. E ciascuno con il proprio linguaggio. Il teatro, dicevamo prima, con estratti dal Riccardo III di Shakespeare affidati all’interpretazione di Ottavia Orticello e Marco Paparella, ha dialogato con le attiviste del Collettivo Zona Fucsia sul tema della parità di genere, ponendo la questione della violenza di genere e il senso di colpa femminile che ritorna dal dramma all’attualità, giusto per fare un esempio; i miti greci hanno raccontato di cambiamenti possibili, attraverso la voce degli e delle attivist* LGBT+ e gender fluid e il gioco creativo di cross-dressing, accompagnati dalla performance di Gisela Fantacuzzi, Mariangela Celi e Lambert Julien. E poi, guardando alla città e al suo evolvere urbanistico, siamo tornati agli interrogativi de Il Giardino dei Ciliegi con la sua problematica domanda: lottizzare e vendere o mantenere la natura e sopravvivere? Diverse generazioni si sono messe a confronto sulle domande più difficili dei temi legati all’ambiente con la narrazione di Mariangela Celi.

Sembra una piccola comunità che si muove con un’intento comune.

Noi di Arterie sentiamo il dovere di fare qualcosa che possa far stare bene noi e i nostri figli e figlie, creare spazi che siano non solo di stimolo culturale sui temi dei diritti e dell’inclusione, ma anche di aiuto al nostro territorio.  Stiamo ragionando sulle nuove modalità di intervento della cultura, rimodulando le proposte artistiche in una direzione più marcatamente legata a “Lo Stato delle Cose”. Attraverso l’arte vogliamo mettere in atto uno sguardo attivo nei confronti del mondo che ci circonda.

Da tempo la vostra azione artistica si mescola con l’impegno civico, rientrando in quell’area definita di “attivismo” che mira a facilitare con l’arte il senso della comunità e l’attenzione alle tematiche del vivere sociale.

Arterie ha creato qualcosa di più di uno spettacolo site-specific: Open Mic è un evento che è una vera propria esperienza immersiva, che coinvolge e attiva il pubblico, per di più inclusivo perché in grado di raggiungere fisicamente le periferie, i più anziani, i vulnerabili, le minoranze, proprio in quei quartieri della città meno attivi per quanto riguarda attività culturali e per le comunità che hanno spesso difficoltà ad essere ascoltate e rappresentate. Oggi non si può essere distanti dalle trasformazioni che stiamo vivendo e che sono di triplice ordine: culturale, sociale (con il ritorno alla Guerra Fredda), e artistico, con il bisogno di conoscere e sperimentare i nuovi linguaggi, specie quelli più praticati dalle giovani generazioni.

Perché l’artivismo, la fusione fra arte e attivismo? Torna anche nei vostri spettacoli?

E’ uno dei modi possibili per incontrare il pubblico, rovesciando il paradigma tipico del fatto teatrale, con lo spettatore che va a teatro: qui non è il pubblico che va incontro all’artista, ma l’artista che riprende il suo pubblico e scende in campo. Vogliamo sposare un duplice atto di resistenza e di rischio, sperimentare nuovi linguaggi da una parte, come con il digitale nella sua forma ibrida e dall’altra lavorare sui grandi temi dell’Agenda 20-30, quali l’immigrazione, cui abbiamo dedicato Quel che resta  nel 2014 (liberamente tratto dal romanzo “Chiedi alla Polvere” di Fante), i temi dei diritti e delle oppressioni in L’Assedio/The Siege del 2019, le questioni legati al femminile in Truth-ing del 2021, e da ultimo i temi della sostenibilità con il ciclo-teatro di Open Mic-comizi teatrali performance nata nel 2021, e dell’ambiente con il progetto che abbiamo in cantiere So Human – la mia vita da pianta, in un connubio di dialogo con il territorio e pensiero sul cambiamento, di cui l’uomo è responsabile, colto da un punto di vista non antropocentrico.