LILIANA TANGORRA | È il 6 aprile del 1941 quando, con l’operazione nominata “Castigo”, le truppe nazi-fasciste di Hitler e Mussolini invadono la Jugoslavia. Viene proclamato così lo “Stato Indipendente Croato” con a capo Ante Pavelić, leader degli ustascia croati, la cui operazione politica è finanziata, in Italia, da Mussolini. Gli ustascia, nazionalisti cattolici filo-fascisti, “depurarono” con un’operazione dai tratti violenti e criminali la Jugoslavia dall’etnia serbo-cristiano-ortodossa.
Questo è il quadro storico in cui si muove lo spettacolo scritto, diretto e interpretato da Dino Parrotta per il Teatro dei Leggeri: Jasenovac – omelia di un silenzio, presentato presso il Teatro Traetta di Bitonto nell’ambito dell’evento “Memento”, promosso dal Comune.
A introdurre questa tragedia, che la storia ha dimenticato, è lo stesso Parrotta – attore, regista, autore e scrittore formatosi alla Scuola Internazionale di Teatro di Roma – il quale in scena, in maniera dialogica e interattiva, confessa al pubblico che l’idea di uno spettacolo basato sui soprusi degli ustascia e sugli orrori del campo di concentramento jugoslavo Jasenovac, nasce nel 2008 a Putignano – città non lontana dal capoluogo barese – durante la visita a una mostra curata dal professor Andrea Catone con la onlus Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia.
Le prime immagini delle epurazioni jugoslave vengono proiettate dopo l’incipit quasi “didascalico” di Parrotta, aprendo lo sguardo dello spettatore su undici atti distinti in cui, con cambi rocamboleschi e precisi, Parrotta si muove interpretando alcuni misconosciuti protagonisti di questa altrettanto misconosciuta tragedia.
Il primo quadro vede la presenza di un nano isterico a metà strada tra la stridente figura di Mussolini – il capo di governo italiano, si evince dalla storia, voleva ottenere il controllo sull’Adriatico – e un fantoccio recuperato dall’immaginario di Otto Dix. L’uomo – la cui piccolezza fisica corrisponde a quella d’animo nell’immaginario comune legato alle figure dei dittatori – altri non è che il despota Ante Pavelic, il quale chiede ad alta voce il riconoscimento ufficiale del nuovo Stato croato. Il “programma d’intenti” di Pavelic culmina in un preciso imperativo: l’azione dello Stato deve essere finalizzata a fare della Croazia la patria di un popolo puro nel corpo e nello spirito, privo di commistioni razziali e depurato degli individui estranei alla fede cattolica – la Chiesa cattolica, coinvolta in prima persona, voleva espandere la propria influenza sui Balcani.
Nel secondo quadro Parrotta cambia registro e racconta la storia crudele e toccante dell’unico sopravvissuto all’epurazione serbo-ortodossa della notte di Glina: Ljubo Jednack, un uomo deformato dai ricordi e dalle recondite paure. A questa storia fa da pendant il terzo quadro in cui un operaio ai lavori forzati, Atijas Jakob, descrive la costruzione delle nuove strade “croate” a discapito dei serbi ortodossi morti durante le fatiche.
Una parentesi agghiacciante che Parrotta interpreta in “aura di santità” è il racconto del frate francescano cattolico Miroslav Filipović-Majstorović, chiamato dal popolo “frate Satana”. Fra le sue nefandezze, il 7 febbraio 1942, vi è l’uccisione nella zona di Banja Luka di 2.750 serbi fra cui 250 bambini, in sole dieci ore. Parrotta declina le idee del frate fanatico come in un’omelia, accompagnata dal ripetuto rumore di accetta su un tronco di legno, che enfatizza l’atrocità dei gesti sugli infanti innocenti. L’attore interpreta il frate, dotato di un feticismo diabolico, che fu membro degli ustascia, per l’appunto, con agghiacciante freddezza, restituendo egregiamente al pubblico una vicenda che alla mente umana potrebbe sembrare surreale. Il Vaticano si limitò, ci dice Parrotta, a sospenderlo a divinis.
In seguito a questo racconto l’attore dà voce al popolo Rom e agli orfani serbo-ortodossi, anch’essi scomparsi crudelmente. Parrotta sovverte il suo atteggiamento mostrandoci ora l’innocente sguardo dei bambini colpevoli solo di essere di origine ortodosse, ora l’odioso occhio di suore e preti carnefici di una strage che sembra giustificata da un credo. Nei quadri sette otto e nove, invece, l’attore enfatizza la pressione emotiva e le assurdità quasi “cannibalistiche” degli ustascia, i quali contro ogni logica umana, impongono il proprio potere in nome di una religione che evidentemente non gli appartiene più. Nell’ultima parte dello spettacolo Parrotta ci catapulta nel dopoguerra, quando nel 2002 papa Giovanni Paolo II, dopo aver beatificato monsignor Stepinac, arcivescovo di Zagabria per il quale esistono le prove della complicità con i crimini degli ustascia, chiese pubblicamente perdono per le colpe dei figli della Chiesa Cattolica croata.
Lo spettacolo Jasenovac – omelia di un silenzio restituisce dignità alla strage dei serbi quasi dimenticata, che ancora oggi nella ex Jugoslavia è considerata un tabù. È un pezzo di storia scottante, opacizzato e imbarazzante per la Chiesa cattolica e per gli Stati coinvolti – compresa l’Italia – che Parrotta ha definito ora con ironia pungente, ora con crudeltà disturbante.
La messa in scena è ben scandita da una colonna sonora le cui note rimarcano la tradizione musicale balcanica. L’assetto scenico, però, è poco avvalorato da una scenografia che alterna oggetti “precari” come altalene e scale.
Il lavoro ha un ricco apparato iconografico di fotografie e video recuperati del museo di Belgrado e proiettati durante i cambi di quadri.
Da curare con attenzione la parte tecnica, soprattutto nella proiezione, che rischia di vanificare la costruzione poetica creata da Parrotta con alcune imprecisioni che sarebbe giusto evitare.
Jasenovac – omelia di un silenzio è dunque uno spettacolo forte che squarcia il velo su un’altra realtà dittatoriale dimenticata e scomoda. Jasenovac – omelia di un silenzio diventa nuovamente monito a non ripetere gli errori passati, che riverberano nelle parole, pure riprese dall’attore, di Hannah Arendt e il suo La banalità del male.
JASENOVAC – OMELIA DI UN SILENZIO
scritto, diretto e interpretato da Dino Parrotta
elaborazione video Pachi Polignano
voce di donna Rossana Marangelli
voce bambino Valerio e Gabriele Parrotta
scenografia e costumi Primo Teatro
consulenza storica e archivio video/fotografico Andrea Catone
consulenza storica Paolo Vinella
6 febbraio 2023 | Teatro Traetta- Bitonto