ELENA SCOLARI | Luce solo sul volto, lunghe ciglione piumate color fucsia sulle palpebre, la testa che si muove a scatti come quella degli uccelli, un richiamo fischiato con la bocca e poi un velocissimo frullar d’ali con la mano che attraversa il fascio luminoso di un proiettore.
Così Stefania Tansini compare sul palco del Teatro dell’Arte in Triennale a Milano, dove sono state disposte le sedie per gli spettatori. Un ingresso leggero, sognante, quasi aereo, come si addirebbe a un usignolo. Gli umani gli invidiano il destino ma l’usignolo fa ben più che svolazzare: il suo cinguettio è la voce del fato, nell’Orestea di Eschilo il lamento della profetessa Cassandra è infatti paragonato al suo verso, incomprensibile agli uomini e che rimarrà quindi inascoltato.
Of the Nightingale I Envy the Fate è l’ultimo lavoro ideato da Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande, fondatori del gruppo Motus, visto nell’ambito della vivace e ampia programmazione di FOG 2023 presso Triennale Milano.

ph. Ilaria Depari

L’invidia non è solo per la sorte volatile e vellutata dell’usignolo ma anche per una capacità a noi lontana, cui tutta la performance si richiama: la forza estatica dei riti sciamanici, il saper fare da tramite tra mondo degli uomini e mondo degli spiriti. Stefania Tansini incarna quel medium, con una presenza magnetica, forte, disinvolta e libera, disegna con i movimenti un continuo flusso comunicativo tra natura e persone; lei stessa è una creatura a metà tra donna e usignolo, stivali color crema e cintura di piume, maglia lilla e cosce bianche poi rosse di sangue, si addentra in una foresta che non la inghiotte ma la accoglie, segue una luce (piano di Theo Longuemare) che le farà mettere a fuoco quei pochi versi che recita a mezza voce (non sempre comprensibili), soprattutto l’auto-profezia che descrive la morte di Cassandra: la gola trafitta da un’ascia, “e sarò io ad avere l’arma in mano”.

Un telo che cade dall’alto a fondo scena e si allunga fino al proscenio, fa da paravento rappresentando un diaframma dietro al quale Tansini si nasconde, fugge, cambia direzione, perde qualche pezzo di sé (inteso come parte del costume di scena, di Boboutic Firenze), proietta la sua ombra; la striscia è anche una lingua-passerella, la performer ci passa sopra e si insinua sotto, sbucando animalesca come a portare testimonianza di ciò che ha visto “di là”.
Non è sicuramente univoca la lettura di alcuni dei segni che trovano posto in Of the Nightingale, per esempio la spina dorsale che Tansini porta sopra alla maglia attaccata al collo e alla vita: a me ha ricordato gli scheletri di uccelli o rettili esposti nei musei di Storia Naturale e pertanto la preistoria, una traccia di ciò che l’evoluzione ha conservato fino a noi, senza sostanziali cambiamenti; o forse anche l’ossatura del senso dello spettacolo, chissà.

ph. Ilaria Depari

La figura che vediamo muoversi in scena è un misterioso misto tra la leggiadria giovanile, il carattere deciso di un’esploratrice del movimento, del gesto, dell’arte di occupare lo spazio e l’inquietudine di un essere, simbolico, che si carica sulle spalle il fardello della veggenza, conoscendo anche la propria tragica fine, e al contempo sputa fuori il colore della ribellione. Stefania Tansini non è mai eccessiva, però, attenzione: è consapevole della cupezza ambigua di un personaggio nero, la sua è un’energia controllata, in consonanza con la scatola sonora curata da Enrico Casagrande, Demetrio Cecchitelli e R.Y.F. (Francesca Morello), che firma il brano musicale.

Oltre all’Orestea e al personaggio di Cassandra, un’altra è la suggestione letteraria cui i Motus fanno riferimento, consegnando anche il testo originale all’uscita dalla sala: A litany for survival della poetessa americana Audre Lorde (1934-1992), tratta dalla raccolta The Black Unicorn (1978). Militante e pensatrice, segna con la sua impronta l’azione politica di molte donne, suscita risvegli di coscienza, lascia una traccia profonda nel pensiero femminista e precorre temi attuali ancora oggi. Nella parte finale dello spettacolo Tansini sussurra la sua poesia e intanto dispiega a terra un telo bianco con un’illustrazione (a cura di Lilsis.art): un disegno tondo in bianco e nero con la scritta “We were not meant to survive (Non siamo fatti per sopravvivere n.d.r.)”, un verso di Litania per la sopravvivenza. Anche Lorde un po’ Cassandra, dunque.
La traduzione in italiano della poesia è però tutta al femminile, nonostante i termini neutri della lingua inglese; qui si ritrova forse un’ombra di ideologia ma il fulcro tematico ed estetico rimane nei 45 minuti in cui il pubblico osserva le trasformazioni e le conquiste di una creatura femmina e animale che attraversa gli inferi, ne riemerge con molte paure ma con la convinzione che parlarne possa essere la via per sopravvivere. In barba alle previsioni.

 

OF THE NIGHTINGALE I ENVY THE FATE

ideazione, regia Daniela Nicolò, Enrico Casagrande
con Stefania Tansini
drammaturgia Daniela Nicolò
suono dal vivo Enrico Casagrande
ambienti sonori Demetrio Cecchitelli
direzione tecnica e disegno luci Theo Longuemare
brano musicale R.Y.F. (Francesca Morello)
props in lattice _vvxxii
abito Boboutic Firenze
foto Ilaria Depari
video Vlamidir Bertozzi
assistente costumista, scenografa Susana Botero
illustrazione Lilsis.art
grafica Federico Magli
produzione Francesca Raimondi
organizzazione, logistica Shaila Chenet
comunicazione Dea Vodopi
promozione Marta Lovato, Ilaria Depari
ufficio stampa comunicattive.it
distribuzione internazionale Lisa Gilardino
produzione Motus, TPE – Festival delle Colline Torinesi
residenze artistiche ospitate da Lavanderie a vapore Torino, Centro nazionale di produzione della danza Virgilio Sieni, AMAT Marche
con il supporto di Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna

Triennale Milano, Teatro dell’Arte | 1 marzo 2023