RENZO FRANCABANDERA | Doveva esser un dittico, ma gli scioperi francesi non hanno permesso la cosa.
Dopo il debutto parigino al Théâtre national de la Danse – Chaillot, domenica 12 marzo al Teatro Arena del Sole di Bologna doveva tornare in scena la creazione binaria firmata da due dei più stimati coreografi della scena contemporanea, Rachid Ouramdane e Angelin Preljocaj, composta da due parti autonome e indipendenti: Un jour nouveau | Birthday Party; un esperimento il cui intento è la celebrazione dei corpi nella terza età, una produzione che segna il primo passo di una collaborazione tra Emilia Romagna Teatro e Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto, inserendosi all’interno del programma di CARNE, la rassegna dedicata alla drammaturgia fisica di ERT e curata da Michela Lucenti. Ma Un jour nouveau di Ouramdane (15 minuti, due danzatori) non è andato in scena. Il danzatore e coreografo è rimasto bloccato in Francia per gli scioperi come si diceva: non mancherà alla ripresa dello spettacolo nell’autunno 2023.
Ma va detto che i 50 minuti di Birthday Party (coreografia per otto danzatori) insieme al successivo incontro del coreografo con il pubblico presente cui hanno partecipato Malosti per ERT e Cristoforetti per il Centro Nazionale per la Danza oltre al coreografo francese di origini albanesi, hanno saziato la sete di danza e bellezza del numerosissimo pubblico.
Angelin Preljocaj ha esordito con la danza classica prima di passare alla danza contemporanea con Karin Waehner, Zena Rommett, Merce Cunningham, poi Viola Farber e Quentin Rouillier e si è poi unito a Dominique Bagouet fino alla creazione della propria compagnia nel dicembre 1984. Da allora ha coreografato 57 creazioni, da assoli a lavori con grandi ensemble, alternando grandi balletti narrativi a coreografie più astratte. Il Ballet Preljocaj è composto oggi da 24 ballerini stabili e dal 2006 ha sede al Pavillon Noir di Aix-en-Provence.
“Ho voluto partecipare allo spettacolo perché era un’occasione eccezionale per fare appello alla terza età, per riabilitarci nel mondo culturale e sociale e una sfida per dire a me stessa: posso andare fino in fondo? Quello che mi porta questa avventura è una seconda giovinezza, e allo stesso tempo il culmine di una vita di donna, madre, insegnante e ballerina. A tutti voi dico: grazie!”. Tante le testimonianze e le interviste raccolte fra i protagonisti della coreografia e disponibili agli spettatori al loro ingresso in sala: otto danzatori scelti con una call rivolta proprio a professionisti e appassionati di anagrafe senior.
La creazione si compone di una serie di scene, visioni conseguenti, che fluiscono l’una nell’altra e che si distinguono per il numero di partecipanti all’azione coreografica e per le musiche, ricamate magistralmente dalle luci e dai costumi utilizzati, firmati rispettivamente da Eric Soyer e Eleonora Peronetti.
Lo spazio scenico è occupato solo dal corpo dei danzatori. La scena iniziale li vede allineati in squadra, mentre avanzano dal fondo del palco in avanti, vestiti alcuni di abiti contemporanei e altri da attributi di sapore barocco e di vago richiamo alla teatralità spettacolare, come qualche merletto o qualche gorgiera: le loro corporeità paiono quasi immergersi dentro uno spazio sacro di rappresentazione, condensato nello spasimo di un gesto solenne e affaticato che protraggono nel loro incedere.
Ma una volta giunti in proscenio quando la musica di tono enfatico si conclude, chiuso lo sforzo, con un sospiro tornano umani con un:”Ohhhhh!” uscendo dalla rappresentazione. E il pubblico, agganciato dalla fulminea ironia seguente a un’intensità così drammatica non può che sciogliersi nel primo dei diversi e ripetuti applausi a scena aperta che lo spettacolo raccoglie.
Il motivo centrale dello spettacolo pare proprio il narrare queste persone nel loro essere attori e soggetti con un proprio specifico vissuto, che ovviamente lo spettatore non può conoscere ma che legge attraverso le diversità fisiche di ciascuno, esasperate, come sempre dall’evolvere dell’umano, dall’età. Il segreto dei vissuti viene svelato di tratto in tratto, ora più leggibilmente, ora in modo accennato e implicito.
Lo spettacolo si fonda sulle specificità che ciascuna umanità racconta, rappresenta. La domanda centrale, che si trova alla base del lavoro, come suggerisce Preljocaj, è: quale è l’età di un corpo?
La casa che ciascuno si porta dietro per tutta l’esistenza, che si trasforma con il tempo, è un tema centrale nella società occidentale in particolare, che invecchia spesso senza riflettere sull’estensione e sul valore del tempo della vita. Angelin Preljocaj, da sempre affascinato dalla bellezza compositiva del movimento e dello sguardo e dell’intensità narrativa, non ha voluto lavorare soltanto con ex danzatori, ma anche con persone capaci di raccontare e creare un movimento nuovo e intenso.
Per alcuni di loro il tempo pare non aver modificato in nessun modo, almeno all’occhio inconsapevole dello spettatore amatoriale, la flessuosità e la sinuosità dei movimenti della danza praticati in alcuni casi per tutta la vita. In altri invece il tempo assegnato una linea più marcata che ora ferma i gesti, li limita, li costringe. Anzi: si legge una fascinosa maturità che si vede ricamata dalle pieghe del tempo e lascia una consapevolezza di sé che spesso il narcisismo dell’artista da giovane non permette trovi spazio.
Le sequenze corali vanno nella direzione comunque di cogliere queste fragilità specifiche e di farle proprie dentro un disegno di azioni capace di valorizzare l’indole specifica e così, ora in tuta scura, tutti uguali ma tutti diversi, i danzatori si accolgono, si abbracciano, creano piccoli gruppi che si scompongono e ripartono.
Diverse le scene che coinvolgono emotivamente il pubblico anche grazie a un uso sapiente di atmosfere sonore ambientali (belle le musiche originali di 79D cui si aggiungono alcuni noti brani di compositori classici), che ovviamente enfatizzano le circostanze più impattanti per chi osserva, e portano in più occasioni, a conclusione delle sequenze, all’applauso.
Il racconto, rivisto con la mente del dopo, piuttosto che nelle emozioni del lì per lì, sembra voler continuare a raccontare la dimensione insieme pubblica e privata di questi artisti, alternando sequenze in cui è più enfatizzata la dimensione recitativa ad altri in cui l’umano, il privato, emergono in modo più lampante. È il caso di alcune sequenze finali in cui si arriva al racconto della componente sentimentale amorosa, spesso un tabù per il tempo della grande maturità. Ecco quindi che le coppie arrivano a due a due a venire in scena per risolvere sul palcoscenico la loro dimensione affettiva in un abbraccio, o un bacio, in alcuni casi omoerotico.
Resta addosso la sensazione di una dolce e fragile forza, fondata sul vissuto, sull’esperienza, finanche sulla condizione di degrado progressivo. La si respira tutta, ad esempio, nell’assolo di katakali che l’artista Mario Barzaghi, esperto di questa pratica attorale/coregrafica tipica della tradizione indiana, propone a fine spettacolo, ma senza il tradizionale trucco che di solito propone nei suoi spettacoli, che riportano una sorta di ortodossia del codice madre.
Qui la pratica danzata si spoglia di ogni sportello decorativo per rimanere puro corpo, a torso nudo, come a dire di quello che l’arte praticata lascia alla persona come biblioteca esperienziale del poter e potersi esprimere. Questa danza, mondata della parte decorativa esteriore, restituisce se possibile un gesto e una potenza ancora più forti e umani. È una delle sequenze conclusive dello spettacolo questa, prima di un ritorno verso quella schiera con cui si era iniziato, mentre tutto arriva sul pubblico con un’intensità che si misura degli oltre cinque minuti di applausi intensi, una rarità per teatro performativo contemporaneo.
BIRTHDAY PARTY
coreografia Angelin Preljocaj
musica 79D
additional music Anton Bruckner, Józef Plawiński, Paul Williams, Lee Hazlewood, Johann-Sebastian Bach, Maxime Loaëc, Craig Armstrong, Stinky Toys
luci Eric Soyer
costumi Eleonora Peronetti
assistenti alla coreografia Claudia De Smet, Macha Daudel
danzatori Mario Barzaghi, Sabina Cesaroni, Patricia Dedieu, Roberto Maria Macchi, Elli Medeiros, Thierry Parmentier, Marie-Thérèse Priou, Bruce Taylor
produzione Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto (Reggio Emilia)
sostenitore e partner scientifico Fondazione Ravasi Garzanti, Milano
coproduzione Ballet Preljocaj, Chaillot – Théâtre national de la Danse, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Festival Aperto / Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Centro Servizi Culturali Santa Chiara
in partnership con Comune di Reggio Emilia e Farmacie Comunali Riunite
Spettacolo nominato al FEDORA – VAN CLEEF & ARPELS Dance Prize 2022
Co-finanziato dal Programma Europa Creativa dell’Unione Europea
nell’ambito della rassegna di danza CARNE – focus di drammaturgia fisica