RENZO FRANCABANDERA | Si è chiusa con due eventi nella cittadina di Schio l’edizione 2023 di Danza in rete off, la sezione del Festival di Danza organizzata dal TCVI e dedicata alle realtà emergenti della danza, che ha visto moltissimi giovani protagonisti del linguaggio occupare con le loro creazioni gli spazi teatrali e non solo della città di Vicenza e di alcune cittadine collegate all’evento.
La direzione artistica di Alessandro Bevilacqua anche quest’anno ha voluto creare una sinergia non solo creativa ma finanche in qualche modo decisionale con gli artisti, chiedendo loro di segnalare a loro volta altri talenti, di essere vettori e compartecipi di dinamiche di selezione, in modo da creare coerenza e prospettive, a partire dall’individuazione di un artista, denominato artista in rete, e che per l’edizione di quest’anno è stato Roberto Tedesco, che viene ospitato e incaricato di un processo di intervento nel territorio e sulle comunità per dare all’esperienza danzata non un confine limitato agli spazi di solito deputati allo spettacolo dal vivo, come i teatri. L’obiettivo, invece è quello di spingere sempre più il coinvolgimento degli artisti verso una compartecipazione ad un progetto più ampio di welfare culturale, che include scuole, associazioni e università, come l’Accademia di Belle arti di Venezia, in un intervento coordinato che fa intercettare nuovi sguardi a queste creazioni.
Il pomeriggio e la serata di sabato 29 aprile sono stati l’ultimo atto della rassegna off, con la presentazione al pubblico di Schio di due duetti, che coerentemente con la logica di delocalizzazione e apertura agli spazi urbani fatta in questa, ma anche nelle ultime e più recenti edizioni del festival, si è svolta sia in teatro che negli spazi cittadini. In particolare il primo evento si è svolto in piazzetta Garibaldi, sotto l’imponente struttura del Duomo cittadino alle sei di pomeriggio, un orario che pur con qualche accorgimento non ha mancato di intercettare l’ampio scampanare di richiamo ai fedeli per la cerimonia religiosa del tardo pomeriggio. Ma le due danzatrici e il folto pubblico che si è affollato sulla strada di fronte allo spazio delimitato per l’azione delle due danzatrici hanno accolto con ironia questa interferenza che d’altronde è proprio nella logica dell’intervento nello spazio urbano, che non è un luogo neutro, che è segnato dalle vicende della comunità che quindi non possono essere evitate ma, anzi, diventano esse stesse elementi della creazione, che proprio per questa caratteristica è diversa di volta in volta proprio perché contaminata.
Room22 è un progetto nato dalla convivenza forzata h24 tra le danzatrici e performer, Marianna Moccia e Valeria Nappi, durante il lockdown del marzo 2020. Il loro progetto FUNA nasce a Napoli nel 2018 e la compagnia spazia tra produzione artistica e formazione di pratiche corporee con l’obiettivo di costruire un punto di riferimento sul territorio campano per la condivisione della danza e del movimento scenico. Le performance, sono concepite sia per essere proposte all’interno di luoghi convenzionali come teatri e musei, sia come in questo caso outdoor.
Lo spazio per l’azione coreografica a Schio è delimitato da un nastro da cantiere. Sul fondo due sgabelli; in avanti una bottiglia di vino con due bicchieri. Le tue danzatrici hanno una prima ed ampia fase della creazione in cui sono su gli sgabelli e mimano, indossando delle maschere da mare con il bordo fluorescente arancione, una serie di azioni simbiotiche, di dialogo ed equilibrio solitario, su queste due isole vicine ma non comunicanti.
Si imitano, si cercano, si mettono in equilibrio precario avvinghiandosi agli sgabelli alla ricerca di improbabili equilibri monadici. I tentativi si andranno a schiantare sull’impossibilità di alimentare una ideale felicità sociale stando ciascuno sul proprio sgabello.
Si accenderanno allora una sigaretta e, strisciando e biascicando, si porteranno, sigaretta fra le labbra, verso il proscenio, verso la bottiglia di vino che chiederanno con gli occhi a uno spettatore di versare loro nelle ampie coppe.
Di qui in poi si inizia un’ideale seconda parte dello spettacolo, caratterizzata da un lavoro sui corpi verso la ricerca di un equilibrio nel doppio. In particolare le due danzatrici cercano ardite posizioni di movimento a granchio, portando i loro corpi ad essere uniti nella parte superiore e a squilibrarsi fino a raggiungere un punto in cui, formando un arco, l’unico movimento possibile e il movimento coordinato, o la caduta. Una riflessione ampia e quanto mai attuale sia per la comunità dell’arte che per il consesso umano in generale, arrivato a un punto di non ritorno.
Paradossalmente e con percorsi creativi diversi, distanti, a riflessioni tutto sommato comparabili arriva anche la creazione serale proposta al Teatro comunale di Schio.
Nel gioco degli scacchi lo Zugzwang indica il momento in cui si è obbligati a fare una mossa, nonostante ci si senta impossibilitati a farlo, poiché si sa che, muovendo, qualcosa andrà sicuramente perduto, se non addirittura tutto. Elisabetta e Gennaro Lauro pur con percorsi diversi, condividono un fondamentale interesse per il movimento come veicolo di contenuti emozionali o simbolici: lei, dopo gli studi alla Folkwang Universität, ha lavorato per lo Staatstheater Kassel e collaborato con diversi coreografi di fama internazionale; lui invece si è avvicinato alla danza dopo gli studi di Filosofia e Lingue Orientali, lavorando, tra gli altri, per Giorgio Rossi, Cindy Van Acker e Romeo Castellucci.
I due artisti partono soli in scena, lei più avanti sulla destra del palco, lui più in fondo e indietro.
Sono vestiti di abiti semplici ed eleganti nella loro compostezza vintage. Agiscono, in modo ripetuto e apparentemente casuale, una serie di gesti che li lascia sul posto e che comprende rotazioni del busto, del volto, movimenti lenti degli arti per comporre figure e posture che potremmo definire di yoga familiare: sono movimenti che probabilmente incorporano una storia scomposta in frammenti, gesti ancestrali che si perdono nella memoria nel DNA.
Tutti a volte inspiegabilmente abbiamo delle pause, delle posture che ricordano magari quelli di parenti, senza che mai questo sia passato da un momento di apprendimento diretto. Esiste dunque una inscrizione dei gesti nel corredo genetico, e i due artisti, legati dal vincolo familiare, pur non essendo voluti partire nella loro ricerca da questo tema, hanno finito, nel loro ricercare, per chiamare la serie di posizioni, che venivano assunte durante le improvvisazioni e le fasi di studio, con i nomi dei loro familiari, arrivando così a portare in scena una sorta di ipotetica rassegna del vincolo parentale.
Fino a questo punto effettivamente la creazione potrebbe in teoria soffrire di una qualche autoreferenzialità, che i due hanno voluto da subito cercare di abbattere con l’intervento di una terza figura, del musicista Amedeo Monda, una perturbazione del momento creativo tutto interno alla coppia sorella fratello. Il disturbo arriva dunque dalla partitura sonora ed è un’interferenza che entra in scena non dall’inizio ma dopo quasi un quarto d’ora di gesti ripetuti e sul posto dei due in scena.
L’interferenza musicale, che inizia con i suoni dell’armonica bocca e continua poi, fra campionamenti e loop, con armonizzazioni di chitarra, mette in moto le due staticità. È la determinante che li costringe a muoversi, a smuoversi, a cercarsi: una forza esterna capace di creare nuovi equilibri o almeno di sbloccare la situazione iniziale, tanto che i due arrivano a portarsi prima l’uno nella posizione dell’altro, pur con gesti lenti ed estenuanti e continuamente ripetuti, e poi ad avvicinarsi, per cercare un momento unitario. È proprio a questo punto che si crea un buio dentro il quale la creazione, che diviene via via più intensa e densa di emozioni e ricerca di prossimità pur nella diversità, si chiude.
E qui, allo spettatore, pare di cogliere quasi un filo che lega queste due creazioni e in generale la poetica di questa edizione del festival: un invito nemmeno troppo velato a sapersi muovere dal proprio spazio, dal perimetro delle proprie sicurezze che spesso quasi mai sono tali, e anzi sono sovente la bolla dentro cui si alimentano le nostre angosce e le nostre ansie, per cercare un meno facile ma più potente equilibrio plurale, sociale. Alcuni studi recenti nelle società occidentali mostrano come l’avvento delle macchine abbia generato un fenomeno di solitudine sociale esteso ed agghiacciante, nocivo per la salute e le strutture fondamentali, quelle alla base della vita civile.
La generazione presente e quelle future hanno per le mani una sfida e alcuni dilemmi morali a cui la specie umana non era mai arrivata fino ad ora, e che ne minacciano addirittura l’esistenza. Questi spettacoli, forse senza l’obiettivo specifico di affrontare queste complessità etiche, ci lasciano con questo spunto, con la necessità di una riflessione sulla urgenza di creare nuove e complesse forme di avvicinamento, capaci di cercare e trovare nuovi equilibri che ci permettano di andare avanti tutti insieme, anche con movimenti complessi, ma necessariamente coordinati e di accettazione dell’identità altrui. Altrimenti la caduta sarà rovinosa.
ROOM22
ideazione coreografia e performer Marianna Moccia, Valeria Nappi
assistente alla coreografia Maria Anzivino
consulenza drammaturgica Martina di Matteo
foto e video Michel Liguori
musiche Villa-Lobos – Nine inch nails – Luz Casal
produzione FUNA
con il sostegno di ArtGarage, Körper, Movimento Danza
ZUGZWANG
di e con Elisabetta Lauro e Gennaro Andrea Lauro
musica Amedeo Monda
luci Tea Primiterra
produzione Sosta Palmizi, Compagnie Meta (Francia), Cuenca/Lauro (Germania)
realizzato con il contributo di ResiDance XL – luoghi e progetti di residenza per creazioni coreografiche azione della Rete Anticorpi XL – Network Giovane Danza D’autore coordinata da L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino – Coordinamento azione ResiDance XL per il Network AnticorpiXL
in collaborazione con Teatro Akropolis, Teatro Pubblico Pugliese – Consorzio Regionale per le Arti e la Cultura, Comune di San Vito dei Normanni,TEX – Il Teatro dell’ExFadda con il sostegno del CSC di Bassano del Grappa
il progetto è stato inoltre accolto presso Festa di Teatro Ecologico di Stromboli, Teatro in-folio / Residenza Carte Vive, Invito alla Danza – Barletta, Ménagerie de Verre – Paris, CND – Paris, CENTQUATRE- Paris