CHIARA AMATO | Dal 3 al 7 maggio 2023 il Teatro dei Filodrammatici di Milano ha promosso la decima edizione di Lecite Visioni, Festival LGBTQIA+ diretto da Michele Di Giacomo. L’attore e regista di Cesena vive il festival come la realizzazione di uno spettacolo, solo sotto una lente di ingrandimento diversa, legando insieme le proposte artistiche di e con altri interpreti.
Fil rouge tematico LIFE, STILL che si vuole contrapporre, in maniera ossimorica, alla locuzione still life, natura morta, proprio a sottolineare i vissuti che animano certe questioni, che prendono forma in un variegato spazio di rappresentazione. Infatti Lecite Visioni ha ospitato spettacoli di prosa, letture, laboratori, danza, presentazione di libri (in collaborazione con la Libreria Antigone), ma soprattutto un ricco scambio interpersonale di opinioni e dibattiti.

La prima riflessione che nasce spontanea è quanto ci sia effettivamente bisogno di creare, in una florida città occidentale nel 2023, cinque giornate al teatro specificatamente ispirato a tematiche che riguardano esperienze LGBTQIA+. La domanda trova risposta ripetuta, e scandita a chiare lettere, proprio dal direttore artistico che, in apertura di ogni evento, ribadisce quanto questo sia ancora fondamentale, purtroppo, vista la mancanza di diritti riconosciuti in molte parti del mondo, dalla Cecenia agli Stati Uniti, con pene addirittura previste dalle legislazioni statali (dalla morte all’illecito penale).
E proprio da disparate realtà ed epoche storiche nasce l’interesse, anche storiografico, di conoscere e far luce su quello che è significato nel passato, e significa nel presente, essere discriminati sulla base del proprio genere, per i proprio desideri, impulsi sessuali e non solo.

La presentazione del libro I sapori della seduzione: ricettario dell’amore tra donne nell’Italia degli anni Cinquanta, di Gabriella Romano, fa confrontare i partecipanti all’evento con un decennio buio italiano, per il genere femminile in generale, e per le lesbiche in particolare, riportate dopo la guerra nel loro piccolo confine domestico a occuparsi di casa e famiglia.
Proprio in questo contesto prendono forma gli undici racconti di donne, provenienti da luoghi diversi dello stivale, che, attraverso il cibo, narrano con ironia e delicatezza i loro incontri clandestini con le loro amanti. Il cucinare, come passione per alcune e costrizione per altre, diventa strumento di seduzione e di libertà sessuale, di rivolta vera e propria all’ordine patriarcale precostituito e imposto.


Segue la stessa sera, il 6 maggio, Catterina, con la regia di Andrea Macaluso.
La vita di Catterina Vizzani è tratta dal testo – metà tra un trattato medico e una novella letteraria – dell’anatomopatologo Giovanni Bianchi, che nel 1744 sezionò il suo cadavere. L’unica attrice in scena è Silvia Paoli che, partendo dal rispetto e dalla cura delle parole, interpreta con una forte fisicità il ruolo. La vicenda narra un’esistenza rocambolesca di una donna che si finse uomo, perché si sentiva tale, per oltre otto anni e che venne scoperta solo in punto di morte.
Il ritmo è veloce, grottesco e viene alternato a musiche sacre, colpi di boxe e ai salti della performer. A momenti si muove come un burattino, proprio a sottolineare come i fili sociali avrebbero dovuto e voluto muovere questa donna in un percorso di vita prestabilito: percorso però stravolto da una scelta di libertà e amore, lontana da ogni paradigma eroico. La scena di Luca Baroni è vuota ed è occupata al centro solo da un tavolo operatorio e un neon; allo stesso modo i costumi, di Alessio Rosati, restano semplici (un pantaloncino nero e una canottiera bianca), ma ci comunicano il cambio di genere della Vizzani, da donna a uomo, solo grazie alla presenza di un cappello che le copre la folta e riccia chioma.

L’eco delle esperienze di repressione contro i diritti LGBT si sente forte e prorompente anche in Vomito di Dio (in Cecenia non ci sono gay), testo di Francesco Magali, vincitore del Premio Drammaturgico Internazionale Carlo Annoni.
In questo caso la lettura ad opera di cinque attori (Giuseppe Sartori, Massimo Bernardo Dolci, Jacopo Adolini, Diego Finazzi, Elia Galeotti), sotto la regia di Michele Di Giacomo, ci riporta ai fatti accaduti in Cecenia nella notte del 26 gennaio 2017: ventisette ragazzi vennero uccisi e sepolti in una fosse comune per “espiare” la loro omosessualità. Intrecciato a questo e ad altri episodi, un toccante flirt tra un adolescente e il suo insegnante, entrambi alla ricerca di una via di fuga e sopravvivenza, che non fu trovata.
Parole molto crude che riflettono una realtà atroce e contemporanea. La lettura è divisa in scene, scandite dalla voce narrante del regista, mentre gli attori restano in piedi nell’interpretazione quando sono coinvolti nelle sequenze, quasi come membri di un’orchestra. Interessante l’utilizzo della musica che viene adoperata come amplificatore nei momenti di gioia tra i due amanti, ma anche come contraltare paradossale: sulle note di Felicità di Albano e Romina accadono violenze che non trovano alcun senso se non nell’omofobia.


La novità di questo festival sta proprio in una visione multidisciplinare e contemporanea, volta a mostrare spaccati che coinvolgano un pubblico quanto più possibile eterogeneo, e sicuramente riesce nel favorire una varietà anagrafica di partecipanti e nell’ingaggiare esperienze artistiche molto diverse tra loro.
Resta una questione fondamentale: quanti non colpiti sulla propria pelle dalla mancanza di diritti o violazione degli stessi partecipano a eventi del genere? Non si rischia una ghettizzazione che chiama alla partecipazione solo i diretti interessati? L’antologia di performance selezionate e attori in scena punta proprio al contrario, cercando di non chiudersi in facili cliché, ma offrendo un’esperienza artistica di spessore e fresca, con spunti interessanti di riflessione su tanti testi e spettacoli, citati come capisaldi da approfondire per cogliere l’entità del macigno discriminatorio, presente anche in occidente e con ombre per niente ottimistiche nell’Italia che sta cambiando.
Si, è assolutamente fondamentale parare bellum, attrezzare strumenti di consapevolezza culturale, soprattutto quando la direzione non sembra invitare troppo all’ottimismo.

 

I sapori della seduzione. Ricettario dell’amore tra donne nell’Italia degli anni Cinquanta
II edizione: PM editore, 2023, di Gabriella Romano
intervengono Gabriella Romano, autrice, e Claudia Torresani, attivista e membro del progetto “Queering home”
in collaborazione con Libreria Antigone


CATTERINA

regia Andrea Macaluso
cast Silvia Paoli
elaborazione drammaturgica a cura di Andrea Macaluso, Silvia Paoli
costumi Alessio Rosati
luci Luisa Giusti
suono Marco Mantovani
costruzione elementi di scena Luca Baroni
produzione Il Lavoratorio
con il contributo di Fondazione CR Firenze
con il sostegno della residenza artistica Spazi di memoria di Progetti Carpe Diem
crediti fotografici Francesco Corsi
foto di scena Ilaria Costanzo

VOMITO DI DIO (in Cecenia non ci sono gay)

autore Francesco Magali
regia Michele Di Giacomo
cast Giuseppe Sartori, Massimo Bernardo Dolci, Jacopo Adolini, Diego Finazzi, Elia Galeotti
testo vincitore del Premio Drammaturgico Internazionale Carlo Annoni, V edizione, 2022.

Teatro dei Filodrammatici, Milano | 3-7 maggio 2023