ELENA SCOLARI | Quanto mistero in un albergo muto. Quante dimensioni in una parete fatta di porte: entrate, uscite, sparizioni, si sente bussare ma nessuno bussa, con la coda dell’occhio si vede passare qualcuno che poi scompare dietro la porta successiva. Illusionismo e tocchi noir, inseguimenti esilaranti e un pizzico di assurdo à la Neil Simon, così i Peeping Tom con Dyptich conquistano tutti, anche il pubblico meno in confidenza con la danza e bisognoso di essere rapito da una storia (le storie piacciono a tutti, confessiamolo). La compagnia belga fondata nel 2000 a Bruxelles da Gabriela Carrizo e Franck Chartier fa quello che i più ancorati al passato chiamano teatro-danza, sarà ormai desueto fare ricorso alle categorie (in qualunque ambito, pare) ma in fondo qualche utilità comunicativa ancora ce l’hanno.
Questa premessa per preparare il terreno a una squisita banalità: DIPTYCH. The Missing Door and The Lost Room – visto nella effervescente stagione FOG 2023 di Triennale Milano – è uno spettacolo che fonde il teatro alla danza in una creazione fluida, rotonda, solida, con una drammaturgia di movimenti e intreccio scritta come dio comanda, diretto da un regista sicuro, fantasioso, ironico, che sa il fatto suo. Oh là.
Il dittico portato per la prima volta a Milano è formato da due opere brevi create in anni diversi per il Nederlands Dans Theater e ripensate dai due fondatori di Peeping per i danzatori del gruppo. Nella prima, The missing door (La porta mancante), ci troviamo in un salotto borghese, forse è un set cinematografico che lo ricostruisce; la scena è composta da due pareti convergenti, su ognuna molte porte e una finestra trasparente dietro la quale vediamo passare, in un ordine illogico, alcuni dei personaggi/danzatori. I due lunghi pannelli-parete racchiudono lo spazio che contiene arredi di casa: un tavolino, una poltrona, una abat-jour.
L’atto si apre con un delitto e un corpo a terra, un uomo cerca di lavare via la macchia di sangue con uno straccetto che pian piano prende vita autonoma e si agita, sfuggendo alle mani di questo curioso pulitore e influenzando le sue mosse. Lo stesso meccanismo si ripete con una maniglia afferrata e che comincia a tremare così come con una giacca indossata che prende a vibrare sulle spalle del danzatore: il movimento nasce dall’oggetto e passa al corpo del performer, in un dialogo tra cose e personaggi incessante e sorprendente e che pare avere origine nel momento stesso in cui lo vediamo.
Colpiscono la precisione e la tecnica sopraffina di tutti gli interpreti (Konan Dayot, Fons Dhossche, Lauren Langlois, Panos Malactos, Alejandro Moya, Fanny Sage, Eliana Stragapede, Wan-Lun Yu), che è corretto definire tali proprio perché non si limitano a ‘portare’ la coreografia ma la fanno vivere istante per istante e soprattutto mettono una giusta espressività nitidamente attorale in ogni situazione. Non c’è bisogno di cercare il teatro: questo emerge naturalmente da un lavoro attento alla consequenzialità del plot, in assenza di testo, nonostante l’obiettivo – centrato – sia disorientare lo spettatore anche con effetti speciali da prestigiatore, qualche sconclusionatezza qua e là, grazie all’inesauribile fantasia con cui le sequenze procedono provocando stupore ma senza mai mancare il gancio di senso (spesso comico) con ciò che è appena accaduto.
Evidente e puntuale cura è da rilevare nell’amalgama di luci (Tom Visser), suoni (Raphaëlle Latini con Raphaëlle Latini, Ismaël Colombani, Annalena Fröhlich, Louis-Clément Da Costa, Eurudike De Beul) scelta dei costumi (Seoljin Kim, Yichun Liu, Louis-Clément Da Costa).
Senza quasi che il pubblico se ne accorga si sguscia nel secondo blocco di spettacolo, The lost room (La stanza scomparsa): siamo in una camera d’albergo, i personaggi – ospiti, portieri, cameriere, facchini – si muovono con la stessa febbrile e inafferrabile frenesia degli individui che abbiamo guardato (spiato?) agitarsi nel salotto di prima. Le coppie di danzatori si alternano, confondono le coordinate delle relazioni tra loro, si avvicinano attratti da forze che non governano, si allontanano trascinati da correnti inspiegabili, vortici irresistibili di vento li attirano o li respingono in un turbinio che appare incontrollabile ma è in realtà perfetto. Il ritmo è concitato ma mai affannoso, piene di divertita arguzia le scene in cui la meraviglia è creata da botole inaspettate, doppi fondi imprevedibili, balaustre che danno su un falso vuoto. Un caleidoscopio inventivo che sovverte lo spazio e i rapporti fisici con una maestria leggiadra e piena di forza, dando l’impressione che i primi a stupirsi siano proprio gli attori/danzatori.
E quando i Peeping Tom vanno oltre i magnifici trucchi regalano duetti magistrali: per esempio un incontro amoroso appassionato (o almeno chi scrive questo vi ha visto) che sa descrivere quel po’ di lotta che si instaura fra due corpi in intimità, che si conoscono tramite il contatto, una splendente dimensione di eros divertito mentre la cameriera che credeva la stanza fosse libera passa in punta di piedi per non disturbare ed è costretta a mettersi sul balcone. Fuori però nevica e quando il cliente rimane solo e la scorge intirizzita, la ritira ghiacciata dal terrazzo e si affretta a scongelarla adagiandola sul letto.
Una punta di sfoggio c’è, ma danzatori serissimi che non si prendono mai troppo sul serio, che comprendono l’illusione senza mai sembrare troppo compresi nella parte, che esprimono una varietà teatrale rutilante se la possono permettere. Per sparire dietro una doppia parete un secondo dopo.
DIPTYCH. The Missing Door and The Lost Room
ideazione, regia Gabriela Carrizo e Franck Chartier
performance: Konan Dayot, Fons Dhossche, Lauren Langlois, Panos Malactos, Alejandro Moya, Fanny Sage, Eliana Stragapede, Wan-Lun Yu
assistente alla creazione Thomas Michaux
drammaturgia del suono Raphaëlle Latini
progetto sonoro, arrangiamenti Raphaëlle Latini, Ismaël Colombani, Annalena Fröhlich, Louis-Clément Da Costa, Eurudike De Beul
light design Tom Visser
set design Gabriela Carrizo, Justine Bougerol
design costumi Seoljin Kim, Yichun Liu, Louis-Clément Da Costa
produzione Peeping Tom
Triennale Teatro dell’Arte, Milano – 6 maggio 2023