VALENTINA SORTE | Dal 16 al 21 maggio si è svolta a Bergamo e provincia la quarta edizione di UP TO YOU, un festival di teatro organizzato da ragazzi e ragazze under 30 sotto la guida esperta di Qui e Ora Residenza Teatrale.
Il gruppo, composto da venti ragazzi e ragazze di Bergamo e provincia, si è occupato di ogni aspetto del festival: dalla selezione artistica all’organizzazione degli eventi collaterali, dalla logistica alla promozione. In ognuna di queste fasi il loro approccio è stato molto empirico. È nella pratica e nell’esperienza concreta che hanno affrontato e risolto questioni più teoriche e complesse relative ai processi di creazione e di fruizione della cultura: “Come si fa a fare cultura oggi? Come si costruiscono comunità e pensiero?”.
Il nome del festival – “sta a te” – sottolinea la necessità per ciascuno di noi di fare la propria parte e di assumere la piena responsabilità delle nostre scelte. È un’esortazione a partecipare attivamente alla vita della comunità da parte delle nuove generazioni, coinvolte direttamente in questa direzione artistica partecipata, e un vero e proprio invito per il pubblico tutto a fare altrettanto, indipendentemente dall’età anagrafica. UP TO YOU è stata l’occasione per mettere in relazione generazioni diverse, per confrontarsi con giovani cittadini e cittadine, per innovare la modalità di fruizione della cultura in città, facendo appello a un modello di inclusione trasversale.
Di particolare rilevanza il progetto collaterale Come Together che con la sua redazione multilingue, RE.M, ha regalato uno sguardo nuovo, più ricco e sfaccettato al festival e in generale al palinsesto BGBS23 (Bergamo-Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023), dando spazio alle tante culture che compongono questo territorio. Un laboratorio di visione e racconto degli spettacoli, rivolto a under 30 con differenti culture di origine, per costruire una narrazione più articolata e trasversale del festival.
Nei sei giorni di festival è stata proposta una rosa di spettacoli radicali, contemporanei, intensi e dal forte sapore metateatrale. La compagnia Ctrl+Alt+Canc con Afanisi ha proposto una riflessione sullo spazio teatrale, dentro e fuori lo spettatore; Fruitor Passiv di Roger Bernat/FFF ha analizzato il meccanismo organizzativo di una direzione artistica.
Il collettivo spagnolo Iniciativa Sexual Femenina in Catalina ha esplorato la questione dell’identità con una prospettiva femminista, libertaria e antiaccademica. The Privileged di Jamal Harewood e Oida di Amunì – Babel Crew, in collaborazione con ORLANDO nell’ambito del progetto Praticare Alleanze, hanno indagato i temi della multiculturalità. Di particolare interesse il dispositivo partecipativo di The privileged costruito sulle scelte del pubblico, per riflettere sui concetti di pregiudizio, razzismo, identità e inclusione.
Buoni a nulla di Praxis ha messo invece al centro della propria riflessione il rapporto con la marginalità̀. Infine, OK BOOMER – Anch’io sono uno stronzo di Babilonia Teatri ha esaminato le contraddizioni del mondo attuale e il fallimento intergenerazionale.
Insomma, una proposta interessante che ripensa i modelli di fruizione, partendo innanzitutto da una formula ibrida e paritaria di organizzazione, dove l’esperienza e la competenza vanno a stretto braccetto con nuovi entusiasmi e nuove visioni dell’arte. Per questa ragione abbiamo pensato a un’intervista doppia a Qui e Ora e alla direzione under 30.
Iniziamo da Qui e Ora Residenza Teatrale: da tempo la vostra ricerca artistica investe sul radicamento nel territorio e nelle persone che lo abitano. Come è nato nello specifico UP TO YOU?
Quando Qui e Ora ha compiuto 10 anni di attività sul territorio abbiamo fatto un convegno, “Dal capitale relazionale al bene comune”, volevamo ragionare e mettere l’attenzione sul percorso fatto, su come la nostra attività culturale e artistica avesse creato nei paesi della provincia di Bergamo relazioni capaci di produrre ricadute positive sull’intero territorio e soprattutto come continuare e implementare la nostra pratica. Durante il convengo abbiamo incontrato l’Assessora alla Cultura del Comune di Bergamo, Nadia Ghisalberti, che ci ha chiesto di pensare un progetto per i giovani. Da tempo eravamo attente e vicine alle sperimentazioni di Dominio Pubblico di Roma, quindi, ci è sembrato naturale proporre un percorso che fosse insieme di formazione e di produzione di arte e cultura, che coinvolgesse i giovani nella costruzione di un bene pubblico, il festival, rivolto ad altri giovani e insieme all’intera città.
Qual è la particolarità di questa edizione?
Questa edizione ha visto una partecipazione, nella sua costruzione, di un gruppo sempre più numeroso e soprattutto variegato di giovani, la cosa interessante è che in questa edizione di UP TO YOU si sono trovate a lavorare persone che hanno seguito il percorso dalla sua nascita e persone che si sono aggiunte quest’anno. Da una parte questo ha creato una situazione di scambio e confronto che gode di energie fresche e dall’altra che fa tesoro di esperienze precedenti e permette uno scambio tra pari. Lo scambio non è più quindi solo tra noi Qui e Ora e i giovani, ma ancora di più anche tra i giovani stessi.
Altra particolarità di questa edizione è stata l’apertura internazionale. Già lo scorso anno abbiamo ospitato Bassam Abou Diab, artista libanese. Quest’anno la collaborazione con Roger Bernat ci ha aperto alla Spagna e la collaborazione con Orlando e il progetto Praticare Alleanze ha permesso di ospitare un artista dalla Gran Bretagna.
Il progetto COME TOGETHER, collaterale al festival, ha portato alla creazione di una RE.M ovvero una redazione multilingue. Perché questa scelta?
I giovani e le giovani di UP TO YOU hanno dichiarato un interesse a lavorare sui temi di razzismo, multiculturalità, decolonizzazione del linguaggio e dell’arte. Da questo desiderio è nato Come Together. Nella prima edizione sono stati fatti laboratori condotti da antropologi e artisti per riflettere su questi temi e parallelamente abbiamo pensato a un’esperienza come la Redazione Multilingue perché rappresenta una possibilità concreta di confronto e scambio: vedere uno spettacolo insieme, parlarne e raccontarlo utilizzando diverse lingue e linguaggi crea comunità, confronto culturale, possibilità di mischiare punti di vista molto diversi. Per noi tutto nasce dalle relazioni e la RE.M è costruire relazione tra le persone, con gli spettacoli, con il territorio. Avevamo incontrato Luca Lòtano e il suo progetto RE.M a Palermo, con un gruppo di donne vittime di tratta e rifugiate, legate al progetto Diverse Visioni di Margherita Ortolani. Luca aveva visto un nostro spettacolo e ci aveva lavorato con le donne. Quando abbiamo pensato Come Together quella “relazione” ci è tornata in mente e abbiamo pensato fosse un percorso da sperimentare intorno al festival UP TO YOU.
Qual è stata la difficoltà maggiore che avete dovuto affrontare nel ruolo di guida dei giovani under 30?
Costruire un linguaggio comune per guardare gli spettacoli, parlarne, sceglierli. Costruire un rapporto che tenga conto del fatto che facciamo questo lavoro da una vita, ormai, ma allo stesso tempo ci poniamo in maniera paritaria con le ragazze e i ragazzi. Non far pesare la propria presenza in quanto “grandi” e allo stesso tempo passare qualcosa della propria esperienza.
Cosa vi portate a casa, a conclusione di questa esperienza?
Che le relazioni sono un punto di forza per costruire comunità e per creare cultura; che il passaggio di testimone e l’ascolto dovrebbero essere un dovere morale, soprattutto per chi si occupa di cultura; che il prossimo che parla male di questa generazione di giovani…
Tre parole per descrivere questa quarta edizione.
Qui e Ora… scherziamo, ma non troppo. Contemporaneo, glocale, travolgente.
Cerchiamo di riflettere sul festival attraverso il punto di vista della direzione under 30, grazie alle parole di Valeria Tacchi: come si fa a fare cultura oggi?
Con impegno e responsabilizzazione: le nuove generazioni hanno la voglia di essere protagoniste e hanno il coraggio di mettersi in gioco. Diventa quindi fondamentale il coinvolgimento attivo nei processi culturali.
Quali criteri avete adottato per la selezione degli spettacoli? Cosa ha guidato le vostre scelte?
Il gruppo ha selezionato spettacoli che trattassero tematiche urgenti, generazionali, con linguaggi innovativi. Il festival di quest’anno voleva provare a SMUOVERE: smuovere coscienza sociale e politica, smuovere l’idea del teatro, smuovere la comunità.
Credete di aver portato idee nuove o una nuova visione della cultura rispetto alle generazioni precedenti?
Noi vogliamo proporre una dimensione “nuova” di vivere il teatro. Vogliamo veicolare l’idea di un teatro che unisce, uno spazio sicuro di scambio e di crescita, sia comunitaria che individuale. Un luogo che non è vissuto singolarmente nel tempo di uno spettacolo, ma un luogo che vive prima, durante e dopo l’atto teatrale. In realtà non è proprio un’idea nuova: il teatro nasce per la cittadinanza, per l’aggregazione, per il divertimento, ampiamente accessibile. Vogliamo restituire il teatro ai giovani.
Qual è il bilancio finale di questa edizione? Di cosa siete soddisfatti e cosa vorreste migliorare?
Ogni anno il festival cresce. Quest’anno è aumentato il numero degli spettacoli, si è allargata la rosa delle performance internazionali, abbiamo creato intersezioni con nuovi spazi, abbiamo ampliato la rete di collaborazione con associazioni locali e soprattutto il pubblico ha riempito le nostre sale. Per il futuro vogliamo riuscire a coinvolgere sempre più persone al di fuori della nostra bolla, per diffondere capillarmente la nostra idea di teatro.
Tre parole per descrivere questa quarta edizione.
Smuovere, comunità, partecipazione.