RENZO FRANCABANDERA | Proseguirà  fino a domenica 16 luglio la prima edizione di La Campeggia FS, il festival sperimentale creato da Ekodanza per il parco del Paleotto e il suo centro culturale, nell’area metropolitana bolognese, nel comune di Rastignano.
La Campeggia FS nasce proprio dopo le ferite inferte al parco del Paleotto dai nuovi progetti di viabilità, a seguito dell’inizio dei lavori per una diversa mobilità su gomma nella zona, a lungo osteggiati da comitati di cittadini, legati alla zona del parco.

Tramite la gestione del centro culturale Paleotto11 è nato un presidio natural-culturale e di lì l’idea di un Festival. La Campeggia oltre alla proposta artistica e laboratoriale tipica dei Festival, favorisce la possibilità di vivere in modo immersivo il rapporto con l’arte, restando a campeggiare negli spazi dedicati, in condivisione e socialità, in corrispondenza dei 14 appuntamenti, suddivisi in quattro weekend, dal giovedì alla domenica, con la presenza di artisti e artiste italian* interessat* a condividere performance, concerti, letture e parole a sostegno del focus del festival con i linguaggi dell’arte contemporanea, i temi cari al centro culturale: marginalità, ecosistema, con-divenire.

Ha risposto ad alcune nostre domande Roberta Zerbini – di Ekodanza e co organizzatrice di La Campeggia.

Come è partita l’idea di questo festival e a quale pubblico si rivolge?

L’idea del festival ha iniziato a germogliare nell’Ottobre 2022 quando improvvisamente viene ferito il parco del Paleotto per migliorare la viabilità su gomma, che ha portato all’abbattimento di 1170 alberi e portato via una parte del parco decostruendo così tutto il suo habitat, compresa la vegetazione ripariale lungo il fiume Savena.
Il nostro centro culturale è inserito nel contesto del parco sia geograficamente sia per la sua opera costante di cura e protezione che mette in atto da molti anni.
Nasce così la volontà di stare a contatto con il problema (Stay with the trouble cit. Donna Haraway) e di attraversare questo tempo insieme a tutti coloro che amano porsi domande. Come colmare questa ferita se non con la nostra parte più nobile e per noi preziosa, il fare CREATIVO E ARTISTICO, pratica mistica per la guarigione. Colmiamo così, come ci insegna l’oriente, la ferita con l’ORO.
Il Festival si rivolge e parla a tutte e tutti.

Diteci qualcosa di voi, della vostra realtà e di come lavora sul territorio.

La nostra associazione è attiva da 30 anni sul territorio italiano e nello specifico quello Bolognese dove ha sede: si occupa di creazione, formazione e organizzazione nell’ambito del corpo, della danza e del pensiero contemporaneo. All’interno dell’associazione trova casa la compagnia stabile di produzione: lavoriamo in sinergia con gli enti locali e con diverse associazioni sul territorio, ci sentiamo ai margini e li abitiamo come luoghi fertili e visionari, smarginiamo le parole fino a dimenticarle, ne inventiamo delle nuove, leggiamo, danziamo, cantiamo insieme fino a notte fonda. Sopravviviamo a stento e sorridiamo molto.


Che tipo di ingaggio del pubblico prevede il festival e con quali risorse lo avete realizzato?

Il festival e la compagnia Ekodanza è sostenuta dal Comune di Bologna, dalla Regione Emilia Romagna e dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

È un festival che dialoga in maniera così forte con l’ambiente e la geografia naturale. Che progetto di società sta dietro questa operazione?

Forte è il pensiero transfemminista di Donna Haraway che trova nella pratica del corpo (danza) che noi proponiamo un luogo di espressione e di incorporazione molto fertile, l’ecologia del pensiero e l’intersezionalità fanno a cornice della spasmodica ricerca di atti poetici quotidiani.

Se voleste esprimere un desiderio, cosa vorreste più di tutto che restasse alle persone e al territorio dopo questa esperienza?

La possibilità di pensare, vedere, vivere futuri possibili, multipli e diversi da quello dominante.


Guardando anche oltre il festival, che cosa immaginate di voler continuare a fare in futuro?

Noi avanziamo da molti anni nell’interrogare il presente dentro e fuori di noi, continueremo a farlo e vedremo cosa succede: diamo importanza al RESPIRO come azione liberatoria del corpo e come parte di un fluire organico e involontario.