RENZO FRANCABANDERA | La rassegna che da molti anni si tiene a Bolzano e che vede al centro il linguaggio della danza è senza dubbio fra le maggiori in Italia, sia per qualità della proposta artistica che per respiro internazionale. Raccontiamo in questa riflessione degli spettacoli andati in scena del primo fine settimana dell’edizione 2023 di Bolzano Danza, quello inaugurale, costruito intorno alla figura del coreografo australiano Shaun Parker. formatosi alla scuola di Pina Bausch, ha deciso poi di tornare nella nazione d’origine per continuare a praticare il proprio codice espressivo con una compagnia composta da danzatori provenienti da un’area geografica molto vasta, riconoscibile dai tratti somatici diversi di ciascuna geografia dell’area australe. A lui è stato affidato l’esordio del festival nella sala grande del teatro comunale con King, spettacolo della cifra assai peculiare, al bordo fra coreografia e musical.
Sì, perché in scena non ci sono solo nove danzatori ma anche il cantante e performer bulgaro Ivo Dimchev, arrivato negli ultimi anni ad un successo internazionale non solo per la sua caratteristica presenza scenica dal tratto queer, ma anche per le incredibili qualità vocali. È lui che apre lo spettacolo in proscenio, con una tastierina con cui intona il primo di una lunga serie di brani che fanno da contrappunto e anche da determinante drammaturgica dell’intera performance danzata. Parrucca corta biondo ossigenato, una giacca color porpora sotto cui si vede il torso nudo, intona una canzone struggentissima con una voce inconfondibile, che suggeriamo al lettore di andare a conoscere.
Al termine del primo brano, si apre il sipario, rivelando una scenografia molto ampia con un fondale riempito da centinaia di piante di ogni sorta e genere, illuminate da una luce che ne rende artificiale il colore, un verde smeraldo virante allo scuro.
In alto, sul lato sinistro, un grande candelabro illuminato da luce elettrica fioca e composto da luci a forma di candele e miriadi di vetri prismatici. La prima parte della creazione ha caratteristiche formali che mescolano la street dance all’acrobatico, per creare una relazione quasi giocosa tra i performer in scena. Il danzato ha una cifra particolarmente pop, che sembra quasi ispirata ai tanti video che circolano sulle piattaforme social, su TikTok, con i danzatori disposti in fila, che muovono le mani alternate, creando quelle piccole coreografie istantanee che vanno di moda sui social.
E infatti un cellulare appare: lo tira fuori il cantante dalla tasca interna della giacca, si fotografa, sembra rispondere a qualcuno come se nulla possa mai interrompere il bisogno di connessione con il mondo fuori dal teatro; l’arte perde la sua sacralità non solo nell’essere fruita, visto che in platea ci sono sempre telefonini che brilluccicano, come si sa, ma finanche nel farsi sul palcoscenico.
Si telefona, si chatta, si scattano selfie anche mentre si danza, sembra volerci dire rassegnato Parker.
Pian piano la foresta sullo sfondo si anima quasi di vita propria, appare vibrare, tremare, agitarsi come nel Macbeth di Shakespeare. Un presagio-incombenza di una catastrofe in arrivo. A quel punto il lampadario si abbassa e inizia una ideale seconda parte dello spettacolo, in cui questa umanità scanzonata e giocherellona perde la caratteristica ludica per trasformarsi in un’orda bestiale dando vita a una vicenda dal tratto sentimentale e crudele, di lotta dell’animale contro l’animale. I danzatori, che erano precedentemente vestiti in completi scuri eleganti, pian pianino si spogliano per acquisire sembianze più naturali, ferine, e all’interno del branco iniziano lotte e dissidi, conflitti istintuali fra eros e tanathos: una seconda parte dal punto di vista compositivo e coreografico sicuramente più convincente della prima, che vive di un equilibrio più solido fra la composizione musicale e quella del movimento.
Il collettivo di Parker va in scena anche il giorno dopo, nella giornata di sabato, in piazza Walter, con Trolleys, spettacolo offerto gratuitamente alla cittadinanza e replicato due volte, la prima alle ore 12:00 e la seconda alle ore 18:00. Qui il corpo di ballo mette in scena una coreografia in cui maggiormente vengono esaltate le doti acrobatiche e di danza urbana, con equilibrismi e sincronie mirabili che i danzatori pongono in essere manovrando vorticosamente ciascuno un carrello da supermercato.
L’interpretazione è potente e genuina, avvince gli spettatori che si addensano ai bordi del tappeto danza quadrato lungo dieci metri per lato e su cui gli artisti corrono, saltano e fanno ruotare acrobaticamente i carrelli, arrivando fin quasi all’orlo del pericolo. La drammaturgia del gesto arriva anche a raccontare, guardando bene, dinamiche sociali: l’emulazione, l’esibizionismo, l’isolamento del singolo e la ferocia dei gruppi. Gli spettatori paiono gradire in modo convinto.
Ma il coreografo australiano non è l’unica proposta del primo weekend: in scena anche Deriva Traversa, primo dei quattro frammenti artistici della personale dedicata a Dewey Dell, sodalizio composto da tre dei fratelli della famiglia Castellucci, Teodora, Agata e Demetrio, da diversi anni promotori di un esperimento di interpretazione del codice del movimento che si colloca fra il performativo teatrale e il coreografico. Il primo, che risale al 2017, va in scena il venerdì sera nei giardini di fronte al teatro comunale. Una breve performance interpretata dalla sola Teodora, vestita di bianco (la drammaturgia è di Vito Matera, il costume di Guoda Jaruševičiūtė) pare quasi un bozzolo, una larva che lentamente inizia un movimento di strenuo equilibrio fra il rannicchiato e la posizione della candela testa in giù. Il gesto sembra quasi rivelare la nascita di una forma animale, che si rifà effettivamente all’ispirazione che lega questi quattro episodi creativi proposti durante il festival. Ma a prevalere è un sentimento di profonda solitudine, che rimanda alla vita del pastore a cui l’episodio è ispirato, come evidente anche dal paesaggio sonoro bucolico.
Tenue e di lentezza quasi yoga ma con dentro anche una specifica tensione, capace di mostrarsi in piccoli lampi che vanno poi a richiudersi nella posizione di partenza, in un ritornare ad uno stato quasi mimetico con l’ambiente naturale.
Interessante anche Rabbit Hole pastiche coreografico di Moritz Ostruschnjak, ispirato al tema del buco nero in cui cade Alice nel paese delle meraviglie e che sviluppa immagini poi genericamente ispirate al tema del black hole per montaggio analogico. I giovani performer eseguono una partitura di gesti e movimenti nel tono del nero, con una scenografia fatta di grandi sagome di cartone ritraenti forme di vita diversissime e che vengono posizionate in scena all’occorrenza. A illuminare, oltre a fioche luci all’americana, anche una serie di luci neon trasportabili e una grande videoproiezione a fondale su cui scorrono elementi video ispirati sia all’iconografia simbolista di stampo esoterico e rinascimentale, sia una serie di video che raccontano il tema dello scavo, dell’indagine profonda, ma anche della morte.
Le immagini danzate oscillano fra l’oscura delicatezza dell’ignoto e la veemente relazione fra l’uomo e i suoi turbamenti profondi.
Si tratta di sei giovani danzatori che si spendono con generosità dentro un disegno danzato coerente, con un finale in crescendo che coinvolge il pubblico nel ritmo di una performance intonata comunque a una sorta di “ottimismo pessimista”, come lo ha definito lo stesso coreografo nell’incontro tenutosi dopo lo spettacolo negli spazi del teatro comunale.
Il primo weekend del festival si è concluso domenica con Updraft, di Annie Hanauer, in scena con la musicista Deborah Lennie in una performance danzata nei giardini terrazzati delle cantine Kattmeir, una delle case enologiche più rinomate lungo la strada dei vini che parte da Bolzano e che è da anni partner del festival nell’ospitare spettacoli e azioni artistiche live. L’a performance è interpretata dalla danzatrice, la cui caratteristica fisica peculiare, in questo tempo della sua vita, oltre che la particolare grazia nei movimenti, è una vistosa protesi che sostituisce l’arto destro. Il contrasto fra questa costrizione fisica così drammatica e visibile, e la libertà del gesto, del movimento nell’evocare la libertà, l’anelito al volo, costituisce il cuore dell’azione coreografica.
La donna appare nella natura e a questo elemento pare volersi donare, accompagnata da una partitura musicale e canora di tono lievissimo e soave, eseguita dal vivo. Il duetto dura una quarantina di minuti circa, durante i quali la donna dal fondo di una vigna di forma arcuata, una sorta di galleria naturale, si avvicina progressivamente al pubblico per poi andare a sviluppare l’ultima parte del suo agire nell’ampio spazio prospiciente alla villa, con la possibilità del pubblico di seguirla non solo con lo sguardo ma anche spostandosi per approssimarsi, quasi un invito a voler abbracciare questo desiderio di leggerezza oltre gli ostacoli, bisogno pur nella costrizione.
La donna si ferma, posizionandosi su una specie di torretta che affaccia sul panorama naturale e, una volta terminata l’azione, invita tutto il pubblico a unirsi in una danza collettiva di libertà: invito che, in fondo, è lo stesso che propone il festival ai suoi spettatori, esaltando la presenza della danza nello spazio pubblico e la riappropriazione del codice espressivo individuale.
KING
COREOGRAFIA Shaun Parker
MUSICA Ivo Dimchev
ORCHESTRAZIONE Duane Morrison
DRAMMATURGIA Felicity Nicol, Veronica Neave
LIGHTING DESIGN Benjamin Brockman
CONSULENZA Penny Hunstead
SOUND ENGINEERING Ilia Bezroukov
PRODUZIONE ESECUTIVA Mark Haslam
INTERPRETAZIONE Alex Warren Harrison, Hall Imanuel Dado, Joel Fenton, Libby Montilla, Max Burgess, Robert Tinning, Romain Hassanin, Samuel Beazley
LIGHTNING Ryan McDonald
VIOLONCELLO Nils Hob
DRUMS Alon Ilsar
CHITARRA ACUSTICA Mick Stuart
TROLLEYS
COREOGRAFIA Shaun Parker
COMPAGNIA DI DANZA Shaun Parker & Company
DERIVA TRAVERSA
COREOGRAFIA Teodora Castellucci
MUSICA Composizione corale, voci: Adam Sherry e Sam Sherry /A Dead Forest Index Suono: Demetrio Castellucci
ASSISTENZA COREOGRAFICA Agata Castellucci
DRAMMATURGIA Vito Matera
COSTUMI Guoda Jaruševičiūtė
COMPAGNIA DI DANZA Dewey Dell
RABBIT HOLE
COREOGRAFIA Moritz Ostruschnjak
ASSISTENZA COREOGRAFICA Daniela Bendini
VIDEO Mikko Gaetel
STAGE DESIGN Mikko Gaetel
LIGHTING DESIGN Sascha Zauner
COSTUMI Daniela Bendini Moritz Ostruschnjak
DRAMMATURGIA Carmen Kovacs
OUTSIDE EYE Armin Kerber
COMPAGNIA DI DANZA Moritz Ostruschnjak
INTERPRETAZIONE Daniel Conant, David Cahier, Guido Badalamenti, Magadalena Agata Wójcik, Miyuki Shimizu, Roberto Provenzano
MUSICA Jonas Friedlich
UPDRAFT
COREOGRAFIA
Annie Hanauer
COMPOSITORE
Deborah Lennie
SOUND
Deborah Lennie
COSTUMI
Shanti Freed
ASSISTENZA COREOGRAFICA
Susanna Recchia
COMPAGNIA DI DANZA
Annie Hanauer Dance project
DANZA
Annie Hanauer