PAOLA ABENAVOLI | Scoprire sempre qualcosa di nuovo è il fulcro dell’universalità di testi e di autori classici: Shakespeare è, naturalmente, uno degli esempi maggiori. E riscoprire il ruolo della musica nelle rappresentazioni dei suoi capolavori non fa che rendere sempre più interessante, ricca di sorprese e nuove sfumature la sua opera.
È quanto è riuscito a realizzare Il canto di Shakespeare, performance teatrale che si avvale della drammaturgia di Michele Di Martino, della regia di Francesco Sala e dell’interpretazione di Pamela Villoresi: brani delle opere shakespeariane vengono sottolineati o inframezzati da altrettanti brani, questa volta musicali, utilizzati dal Bardo nelle rappresentazioni dell’epoca (come quelli di William Byrd, Thomas Morley, John Wilson), o addirittura appositamente scritti per la messinscena delle sue opere, come nel caso delle musiche del compositore Robert Johnson.
Lo stupore non è solo nella riscoperta di questo aspetto, ma anche nella profonda ricerca musicale, curata da Francesco Tomasi, realizzata per questo spettacolo: un recupero, uno studio, un uso degli strumenti medievali, che i maestri dell’ensemble Musica Antiqua Latina, diretta da Giordano Antonelli, fanno risuonare, trasportando il pubblico davvero nell’atmosfera del celebre Globe Theatre di Londra, insieme alla voce del tenore Andrès Montilla Acurero, che esalta quelle note e quelle parole.

Pamela Villoresi ne “Il canto di Shakespeare” (Foto Antonio Sollazzo)

I testi danno forma al racconto, evidenziano gli aspetti del vivere, le emozioni, le contraddizioni e soprattutto i sogni (come si sottolinea nel finale dello spettacolo) dell’uomo: la totalità dell’opera di Shakespeare, la sua complessità e universalità, si snodano attraverso il percorso fra i suoi drammi e le sue commedie; un percorso non casuale, ma punteggiato da personaggi in gran parte femminili, donne forti, spesso tradite, usate, abbandonate. Monologhi che Pamela Villoresi fa rivivere, entrando nei personaggi con forza e passione, con la versatilità che consente di cogliere i diversi aspetti e le sfaccettature delle protagoniste, passando da Cleopatra a Desdemona, da Lady Macbeth a Caterina d’Aragona, alla Didone che Michele Di Martino tratteggia ispirandosi a quella descritta da Christopher Marlowe.
Siamo di fronte a scelte che, nei nostri tempi, assumono certamente un significato ancora più importante, grazie anche al peso che l’interpretazione di Pamela Villoresi dà a ogni frase, rimarcando la drammaticità, ma anche la dignità e la forza dei personaggi, e mostrandone l’universalità che connota l’opera del Bardo. E poi ancora, Amleto, Il sogno di una notte di mezza estate, e quella Tempesta in cui la frase «siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni» risuona come sintesi tra vita e teatro.

Un’immagine dello spettacolo (Foto Antonio Sollazzo)

Testo e musiche: un connubio che, come si diceva, esalta le opere, facendo scoprire nuovi aspetti e riportando al modo in cui venivano rappresentate e, dunque, percepite, ascoltate; strumenti d’epoca che vengono suonati con sapienza, che incuriosiscono nelle loro forme e nei suoni antichi, cui si unisce la voce del cantante. Ed è così che sul palco si materializzano ribeca, kemenche, liuto e chitarra rinascimentale, viola da gamba, salterio e una serie di percussioni, alcune delle quali inconsuete e dal suono sorprendente. Sono strumenti che, tra virtuosismi e armonizzazioni, costruiscono un’essenza musicale, non un accompagnamento, che restituisce un mondo teatrale e artistico affascinante.
Anche in questo caso, seppur le note possano sembrare rimandare a mondi antichi, la linea è quella dell’universalità: come dimostra il “bis” che riporta sul palco Villoresi e l’ensemble, per sottolineare ancora le parole di Shakespeare – quelle di uno dei suoi sonetti più famosi, il 116 (Amore non è amore) – attraverso la musica di “quattro giullari che forse conoscerete”, evidenzia l’attrice. Quei giullari sono, naturalmente, i Beatles, e Hey Jude rivive attraverso quegli strumenti antichi, con l’arte che supera i tempi, sia che si tratti di note, che di parole.

 

IL CANTO DI SHAKESPEARE

drammaturgia Michele Di Martino
regia Francesco Sala
ricerca musicologica Francesco Tomasi
con Pamela Villoresi
musiche dal vivo Musica Antiqua Latina
(direzione Giordano Antonelli
tenore Andrès Montilla Acurero
ribeca & kemenche Giordano Antonelli
liuto e chitarra rinascimentale Francesco Tomasi
viola da gamba Silvia de Maria
salterio e percussioni Matteo Magna)

27 luglio 2023 | Catonateatro, Reggio Calabria