SARA PERNIOLA | Comunità, territorio, condivisione; poi storia, innovazione e musica. Questi i contorni che hanno tracciato il profilo dell’XI edizione di Trasparenze Festival – dal 18 al 30 luglio nel borgo di Gombola, Polinago (Mo) –, all’interno del suggestivo paesaggio dell’Appennino modenese, in quell’atmosfera sospesa e dalle sensazioni maestose che solo la montagna sa creare. Festival dalla natura eterogenea e pregiato appuntamento del panorama teatrale italiano, Trasparenze, grazie ai soggetti coinvolti e al suo peculiare modus operandi, è una vera e propria esperienza, un’intensa ricerca sul campo: gli studenti, le compagnie che partecipano per la prima volta o che ritornano, i critici, i volontari; e ancora il pubblico, le scelte del direttore artistico Stefano Tè, i singoli artisti e le tematiche, infatti, creano una forte connessione tra Città e Appennino, confermando l’idea che il teatro si fa entro uno spazio comune, in un tempo condiviso tra attori e spettatori che capta emozioni e riflessioni. 

Organizzato da Teatro dei Venti, insieme a ATER Fondazione e KORAS, con il sostegno della Regione Emilia-Romagna e con il contributo della Fondazione di Modena, nell’ambito del progetto Abitare Utopie, il festival offre un vasto programma costituito da residenze, spettacoli, concerti e incontri, mettendo a disposizione abbonamenti di ingresso per partecipare agli eventi e vivere le giornate secondo la soluzione preferita. Affidandosi a strutture convenzionate e potendo alloggiare anche in alcuni appartamenti messi a disposizione dagli abitanti, ci si addentra, così, nei ritmi della quotidianità del paese, assumendo un modello di comportamento, una postura emotiva e mentale capace di ricercare una percezione emozionale intrinseca nella natura e nel paesaggio. 

ph. Chiara Ferrin

Tra i temi portanti di Trasparenze si stagliano, imperanti, il Tempo e il Vuoto. Il primo vissuto come entità animata, uno spirito capace di mitigare tutto. Complice della dimenticanza e della sospensione, il tempo fa entrare in contatto con l’estasi del vuoto, generoso e profondo, ponendo interrogativi anche sul senso dell’abbandono e della fuga. Di un luogo, di una parte di sé, di un altro. Una visione poetica a cui avvicinarsi grazie alla residenza-studio Attraversare il vuoto, iniziata il 24 luglio in collaborazione con C.Re.S.Co. – Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea e che si è strutturata con quattro tavoli di lavoro distinti tra Artisti, Organizzatori, Amministratori teatrali e Spettatori attraverso un percorso di studio e confronto intensivo – in luoghi disseminati sul territorio – verso la creazione di una restituzione finale. Il focus della residenza è stato anche quello di creare relazioni e possibilità, perdendosi nella visceralità delle radici e riuscendo a dare loro un nuovo significato, vivendo il confine come spazio privato da cui far scaturire un cambiamento. 

Il tempo e il vuoto innescano, così, un circuito in cui ad alternarsi sono poi la Natura e la Storia. Lo spettacolo del 28 luglio Muoio come un paese della regista italo-svedese Gemma Hansson Carbone  nell’ambito di Connessioni – giovani visioni artistiche per un nuovo presidio culturale, progetto promosso da Koras e finanziato grazie all’Avviso Youz Officina della regione Emilia-Romagna, nonché Premio Cervi 2023 – è un’intensa celebrazione di come si dovrebbe sentire la natura e del coraggio necessario per seguire la storia. Performer e pubblico attraversano i boschi con cuffie alle orecchie, mentre ascoltano il racconto – strutturato sull’omonimo testo dello scrittore greco contemporaneo Dimitris Dimitriadis e al saggio Angelus Novus di Walter Benjamin –, recitato dal vivo dall’autrice, sul legame contraddittorio tra paesaggio, architettura e costruzioni. Gemma Hansson Carbon incarna, con un vestito longuette, paillettato, e i lunghi ed eleganti capelli sciolti, l’Angelo della Storia che ci narra delle ultime spietate vicende del Paese, interpretando le voci protagoniste delle cronache di crisi e di guerra.
Come se fosse un monito nel ricordarci quanto sia pericoloso quando perdiamo di vista il modo di vivere e di costruire in relazione con la natura, considerando sempre questo processo un atto organico, democratico, politico. Una performance itinerante e partecipativa che sfocia nel borgo di Gombola e che si rivela essere una metafora sia fantascientifica sia arcaica; un progetto di ricerca artistica coinvolgente e libero, dalla natura poliedrica per la sua capacità di inglobare diverse pratiche artistiche e scientifiche come il teatro, l’architettura, la cartografia, la poesia, l’antropologia e l’archeologia. 

ph. Chiara Ferrin

Il senso dell’esplorazione, del cammino e del movimento che caratterizzano il festival lo ritroviamo, poi, anche in altri lavori selezionati, come Tra, o sulle cose in mezzo – visto durante il pomeriggio del 29 luglio nel bosco – della danzatrice Noemi Piva, con le perfomer Sara Chinetti e Federica Siani e le musiche di Daniele Giovannoni, Marco Zicari e James Layton. La misura dello spettacolo spazia dal concetto della migrazione, di un nuovo luogo in cui collocarsi, alla presa di coscienza sullo sgretolamento di ciò che è stato, praticamente mostrata grazie a una danza ora soave e morbida, ora più tecnica e precisa. La sensibilità interpretativa delle artiste è rimasta anche fedele all’atmosfera in cui lo spettacolo si stava svolgendo: la radura selvaggia che ha ospitato movimenti, dalla sinuosa geometrica composizione, svolti nello spazio libero o su supporti di legno colorato, riempita da un pubblico dagli occhi interessati nell’osservare e nel decifrare il raffinato rebus personificato da intrecci di corpi sul senso dell’abitare e attraversare uno spazio.
Terminato lo spettacolo, to
rniamo in piazzetta, ancora godendo di una pièce capace di ricondurre all’essenza di ognuno di noi, mentre cerchiamo di disciplinare il movimento disordinato dello spirito nell’equilibrare le modulazioni e le maree di senso di pensieri ed emozioni. 

ph. Chiara Ferrin

Un progetto ambizioso, quindi, quello del Teatro dei Venti, che da tre anni a questa parte prova a costruire a Gombola, con cura e dedizione, un centro culturale per residenze artistiche in dialogo con il territorio; una casa per gli artisti, spazio su cui proiettare idee e scenografie creative da condividere; un luogo di ricerca incontaminata e area di libertà, alla scoperta di immagini prime, assolute, sospese. Una valida alternativa sul modo di fare teatro che possa alimentare la piena consapevolezza di sé stessi e dell’universo, in una sorta di cerchio ermetico in simbiosi con la natura. 

 

TRASPARENZE FESTIVAL                                                                                                        18-30 luglio, Gombola, Polinago (Mo)

MUOIO COME UN PAESE                                                                                                                                                                                                                                                   

di Dimitris Dimitriadis
con Gemma Hansson Carbone
architetto Vasilis Mavrianos
un ringraziamento a Theodoros Terzopoulous e Aglaia Pappas
prodotto da Naprawski
Con il supporto di Konstnärsnämnden-the Swedish Arts Grants Committee (SWE), ABF (SWE), Space A and KIAR 2023 (NEPAL)PARC-Performing Arts Research Center (ITA), Fondazione Fabbrica Europa (ITA), Verdecoprente (ITA), Gathenhielmska Kulturhuset (SWE),Art delCaminar-Walking Art and Relational Geographies (ES), walk●listen●create (BE), Vaca 35 Teatro (MEX), CO.LABS (CZ), KKKC-Klaipėdos kultūrųkomunikacijų centras (LT)

TRA, O SULLE COSE IN MEZZO                                                                                      

di Noemi Piva
con Sara Chinetti e Federica Siani 
musica di Daniele Giovannoni, Marco Zicari e James Layton 
scenografia di Noemi Piva