RENZO FRANCABANDERA | Il tema della corporeità, dello spazio agibile, dell’accessibilità, è uno dei temi centrali di Oriente Occidente da anni. Il festival dedicato alla danza che viene ospitato ogni anno a Rovereto con la direzione artistica di Lanfranco Cis, fa della questione un postulato oltre che artistico anche socio-politico.
Nessun festival come questo accoglie i suoi ospiti dichiarando nel programma, di ogni spettacolo, di ogni luogo coinvolto, fosse pure il piccolo bar convenzionato in cui consumare un aperitivo, dinamiche di accessibilità, misure delle porte, dotazione di scivoli e facilitatori alla mobilità. Un esempio preclaro di civiltà che dovrebbe essere seguito da tutti.
Anche la politica di scelte artistiche si muove nel senso dell’inclusione e della possibilità, dando spazio alle giovani generazioni in modo ampio.
È ad esempio il caso in questa edizione, oltre che dei giovani coreografi associati, di Yoko Omori, giovane artista giapponese, vincitrice del secondo premio della settima edizione del concorso Danse élargie arrivata a Rovereto grazie alla collaborazione tra Oriente Occidente e il Théâtre de La Ville di Parigi.
Nella città trentina ha trascorso un periodo di creazione, dopo aver vinto il bando residenze 22/23, per lavorare a PLAIN-chan, un assolo presentato durante il festival in versione work-in-progress negli spazi del MART. La Omori nei venti minuti circa di performance crea un personaggio fra cartoon e fantascienza, un umanoide dal sembiante femminile, intriso nella cultura del fantasy orientale, che si muove ora soave, ora robotica, quasi finta, ma capace di stare in un delicatissimo equilibrio fra gioco e umanità, che la interprete raggiunge con una precisione di movimenti e uno stile personale e poetico, fatto di sequenze e gesti solo apparentemente ripetuti.
Utilizzando oggetti pop-kitsch dentro uno spazio di pochi metri e con il pubblico a fare da perimetro allo spazio agibile, la danzatrice riesce, senza mai esplicitarlo, a raggiungere un sostrato esistenziale, che pur nella leggerezza del lavoro, giunge profondamente a chi la osserva.
Arriviamo quindi all’ultimo gioiello presentato nei primi giorni del festival, Go Figure creato da Sharon Friedman, che ha così iniziato il suo periodo italiano che lo sta portando in diversi festival e teatri, come Ipercorpo a Forlì o la residenza di ottobre presso Emilia-Romagna teatro.
Siamo dentro un’ambientazione metafisica, uno spazio immaginario con l’azione che comincia con un piccolo carrello semovente a quattro ruote di quelli che vengono utilizzati dalle persone con disabilita motorie, che comincia a girare sul palco, quasi telecomandato in una bruma algida. Si intravede a malapena una figura che pian piano utilizzando il mezzo come in altri tempi avrebbe fatto un qualche ardimentoso cavaliere con un cavallo, comincia a fare acrobazie e a mantenere posizioni di equilibrio impegnative, ora dando l’impressione di guidare ora quella di essere trasportato inesorabilmente dal mezzo.
La lenta rotazione circolare lungo il perimetro della scena prosegue fino a quando non entra nella coreografia un secondo danzatore (gli interpreti sono Shmuel Dvir Cohen, Tomer Navot, con il primo affetto da problemi di mobilità che a dire il vero emergono visibilmente solo quando viene chiamato in scena per gli applausi).
La seconda figura danzante introduce nella gestualità, rallentata ed estrema, fatta di tensioni, di posizioni e di equilibri portati al limite, un sistema di contrappeso duale e dialogico che diventa mappa di possibilità attraverso le diversità. Lo spettacolo si nutre di lentezze e spasmi. I due si avvicinano e allontanano e nelle unioni portano a compimento posture di equilibrismo in cui i corpi si tendono come frecce flessibili verso staticità di assoluta levità.
Usciranno di scena dalla bruma da cui sono entrati, dopo aver generato immagini e stati di pura bellezza in cui il punto di equilibrio è proprio nel reciproco sostenersi e controbilanciarsi, come in una scultura di Calder.
Coreografia Yoko Omori
Interprete Yoko Omori
Musica Yoko Omori, Denki Groove
Co-produzione Théâtre de la Ville
Con il sostegno di Mécénat de la Caisse des Dépôts
Con il supporto di Oriente Occidente, SUBS Lyon
Durata 15′
GO FIGURE
Regia e coreografia: Sharon Fridman
Danzatori: Shmuel Dvir Cohen, Tomer Navot
Assistente alla regia: Tamar Mayzlish
Musiche originali: Noam Helfer
Costumi: Mizzo-Ihnbal Bel Zaken
Organizzazione e promozione: Lola Ortiz de Lanzagorta (New Dance Management)
durata: 30 min