RENZO FRANCABANDERA | L’arte deve abitare la città! Anzi, per alcune forme di arte la città è il luogo in cui esprimere il senso del proprio farsi. Il nostro occhio è ormai abituato allo spazio urbano intersecato dal performativo, navigato da forme drammaturgiche che ormai lo rendono teatro naturale per questi attraversamenti.
Ma sicuramente trent’anni fa quando il duo Carosi-Nava ha iniziato a Bologna a progettare Danza Urbana, tutto questo aveva ancora un che di pionieristico: sì, c’erano gli happening americani, gli allestimenti ronconiani, parte dell’arte che si spostava onde beach, ma un pensiero sistematico e sistemico sul segno dentro l’ambiente urbano che lo abitasse in modo costante per alcuni giorni non c’era.
Bologna è sempre stata pioniera, guardando avanti sui linguaggi e sulle loro evoluzioni più sperimentali.
L’affezione della città a questa rassegna è palpabile: la cittadinanza che vive dentro questi eventi è multipla. Certo, pur nel tentativo di spingersi in periferia, resta un pubblico in qualche modo scelto, vocato alle arti, ma quella seconda fascia di sguardi, che un po’ più da lontano osserva, forse diffidente, sporgendosi alle finestre, o più lontano nei parchi, negli spazi urbani, sicuramente incontra un’azione che attraversa il sensibile e che in alcuni casi permette anche le pratiche.
Il giorno dell’inaugurazione del festival, ad esempio, è stato dedicato proprio a prove aperte di azioni laboratoriali condotte su popolazioni ibride della città che hanno avuto modo, in alcuni giardini di periferia, di finalizzare le attività formative coreografiche svolte. Un bel risultato di emozioni e pubblico, per esperienze delicate, che hanno visto coinvolti facilitatori e coreografi come Elisa Pagani per il popolato Guida per risolvere il cubo di Rubik e Flavia Zaganelli con le sue Danze placebo. I due spettacoli rientrano nella rassegna CU(ltu)RA Movimenti aperti nel paesaggio della comunità, realizzata da un gruppo di tre giovani studenti dell’Università di Bologna, con cui il Festival ha avviato una collaborazione, sullo specifico tema della cura attraverso l’arte coreografica.
Finiti nella loro compiutezza scenica i due esiti proposti il giorno seguente al Parco 11 settembre: due coppie di artisti per due visioni brevi ma intense.
La prima è Trial, del duo composto da Tu Hoang e Tuan Tran, svoltasi dentro una cornice di pubblico veramente importante, proprio a testimoniare la pregnanza del fatto artistico.
Hoang è un giovane e talentuoso coreografo originario di Hanoi, in Vietnam. Vive a Rotterdam, dove lavora come artista freelance. Fin da giovanissimo ha praticato Kungfu e si interessa alla danza. Trasferitosi nel 2007 dal Vietnam in Europa, dal 2010 ha cominciato a creare le sue opere con l’obiettivo di combinare il background orientale con la conoscenza della danza occidentale contemporanea, del balletto e dell’Urban Hiphop. “Trial” (2018) è stata premiata dal pubblico e dalla critica alla Copenhagen International Choreography Competition. L’opera nasce dall’idea di mescolare gesti della tradizionale danza di derivazione marziale con gestualità che portano i due corpi nel fragile del tempo presente. È un equilibrio raffinato quello che i due artisti riescono a trovare con sequenze di movimenti che alternano solidità ieratiche a frenesie contemporanee.
Altra sacralità ma più ludica quella portata in scena a seguire dal duo composto da Sissj Bassani e Martina Piazzi. Parini Secondo è nato nel 2017 da una loro idea, coinvolgendo Camilla Neri e Francesca Pizzagalli e il compositore elettronico Alberto Ricca/Bienoise. Il collettivo lavora con un manifesto programmatico molto chiaro, che indaga il movimento in maniera proteiforme, mettendo in discussione i limiti dell’autorialità e up-to-dateism. Con un atto ecologico e ready-made, il gruppo remixa idee altrui trovate online, assemblando coreografie attraverso la copia. Parini sfrutta e supporta le potenzialità dell’open source e l’e- tica/estetica DIY [do-it-yourself].
Le due performer hanno uno strumento per la loro azione fisica: la corda per il salto.
Il gesto è semplice e antico, quello del gioco che un gran numero di piccole e piccoli hanno fatto. Ma qui, un po’ come in certe coreografie di Sciarroni, la cosa viene portata fino allo spasimo delle forze, fino a quando nella mente dello spettatore si comprende chiaramente che si sta passando dal gioco ad uno sforzo di resistenza che ha dentro anche un progressivo coreografico, condensato in un lento ma preciso cambio di posizione delle due rispetto al pubblico e l’una rispetto all’altra. Si spostano dunque di lato, continuando comunque a saltare per quasi 15 minuti interrottamente. Solo una volta esauste si accasciano al suolo, sul pavimento di cemento nel mezzo del giardino pubblico, ansimando, con la pancia che va su e giù al ritmo del fiatone.
Potrebbe essere conclusa ma c’è un’altra parte formale di gioco che le due raccontano, portandosi ai due estremi della corda e iniziando ad agitarla così da formare, nella velocità quelle classiche onde sinusoidali sonore che, così come l’azione fisica, restano in qualche modo ipnotizzanti. È una bellezza che si condensa nel poco ma che, proprio perché proposta in modo chiaro e senza orpelli, fa dell’antica pratica ludica una riuscita trasposizione performativa.
Concludiamo l’attraversamento di alcuni spettacoli di questa edizione di Danza urbana con HellO° di Kinkaleri, con Michele Scappa su musiche di Canedicoda. Va in scena nella meravigliosa cornice della chiesa sconsacrata di San Mattia, in via di Sant’Isaia a Bologna. Un corpo maschile attende già gli spettatori al loro ingresso, rannicchiato su se stesso e con una serie di oggetti attorno.
HellO° è un approfondimento a partire dall’opera di William Shakespeare, costola della precedente creazione OtellO. È sulla dualità parola-menzogna/corpo-verità che entrambi i lavori si fondano. HellO° è il emblema corporeo della tragedia: tragedia del linguaggio
e del corpo sottomesso alle sue leggi, che assume su di sé tutta la tensione contemporanea. Scappa è immerso in un ambiente di luci e ombre, creato da una video proiezione sovraesposta che ad uno sguardo più attento si rivelerà poi essere composta da frammenti di alcuni video di Andy Warhol.
L’azione parte quindi con il danzatore che inizia a disporre alcuni oggetti al bordo della scena: un charleston di batteria, una W gigante, alcune sfere brillanti, e poi quattro tappeti danza riflettenti su cui avrà luogo la sua azione danzata, dopo che egli stesso avrà provveduto a srotolarli uno di fianco all’altro. Il gesto è lento e anche in questo caso prende spunto da pratiche millenarie, attraversando chiaramente alcune posizioni yoga per poi diventare altro, proposizione di una corporeità spinta ad una precisione gestuale davvero eclatante, capace di avvicinare e allo stesso tempo incredibilmente quasi allontanare lo spettatore e il suo sistema empatico.
La magia dell’azione, che di tanto in tanto viene rotta e sporcata da interventi e presenze oggettuali che diventano pretesto per dinamiche ludiche anche in questo caso ma che restano dentro lo spazio del corporeo, risiede proprio in questa immanente presenza umana, umbratile, attraversata da luci e bui, ora protesa alla leggerezza assoluta ora passibile di crudeltà e scatti di violenza, come si accenna in alcuni frammenti dello spettacolo in cui compare anche una mazza da baseball, che dopo diventa invece elemento prensile che il danzatore.
Scappa con fare acrobatico la muove con i piedi, tenendola fra le dita per un estremo rannicchiato su se stesso a testa in giù e le gambe sollevate di lato, in un gesto che ancora adesso a ripensarci appare incredibile per come agito in lentezza e precisione. È proprio l’incredibile prestanza performativa e atletica dell’interprete a dare robustezza a questa creazione, costruita proprio intorno alle sue nitide capacità di stare in scena e di proporre il suo corpo come spazio di attraversamento simbolico.
wam // prime danze placebo
Flavia Zaganelli
MERCOLEDÌ 6 SETTEMBRE ORE 18.00
Giardino Lorusso
durata 40’ circa
ingresso gratuito
Facilitato da Flavia Zaganelli
In collaborazione con
Maria Durbà e Francesca Siracusa Selezione sonora a cura di V.F.
Guida per risolvere il cubo di Rubik
Elisa Pagani
MERCOLEDÌ 6 SETTEMBRE ORE 18.45
Giardino Lorusso
durata 40’ circa
ingresso gratuito
Concept e regia Elisa Pagani
Danzano Francesca Caselli, Roberto Cherubini, Ilaria Ignesti, Chiara Merolla, Emanuel Santos e i partecipanti al laboratorio di comunità Costumi Emanuela Chiera
Selezione musicale a cura del pubblico Organizzazione Camilla Vuolato
ideazione di Riccardo Balestra, Sara Corrado, Cecilia Depau, Julia König, Emanuela Pergolizzi, Ginevra Siliotti, Bianca Spinelli, Andrea Zuccaro Pergolizzi, Ginevra Siliotti, Bianca Spinelli, Andrea Zuccaro
a cura di Riccardo Balestra, Sara Corrado, Cecilia Depauprogetto sostenuto da DAR (Dipartimento delle Arti – Università di Bologna) nell’ambito del progetto Scalo Malvasia di Fondazione Innovazione Urbana e DAMSLabpartnerCiviBo Cucine Popolare, Casa di Quartiere Saffi, Auser Territoriale di Bologna ODV-ETS
Trial
Tu Hoang
GIOVEDÌ 7 SETTEMBRE ORE 18.30
Parco 11 Settembre 2001 durata 12’
ingresso gratuito
Coreografia Tu Hoang
Danza Tu Hoang, Tuan Tran Musiche Loscil
do-around-the-world
Parini Secondo
Glauco Salvo
Pierpaolo Zimmermann
GIOVEDÌ 7 SETTEMBRE ORE 18.45
Parco 11 Settembre 2001 durata 25’ circa ingresso libero
By Parini Secondo
Con Sissj Bassani, Martina Piazzi
Field recordings e interventi
elettronici Glauco Salvo
Video Pier Paolo Zimmermann Organizzazione Margherita Alpini Produzione Parini Secondo, Nexus Factory Con il supporto di Parsec Bologna,
ORA (Sondrio, IT), MarcRope (Milano, IT), program ERASMUS+
HellO°
Kinkaleri
GIOVEDÌ 7 SETTEMBRE ORE 21.00
Ex Chiesa di San Mattia durata 40’
ingresso a pagamento
Progetto e realizzazione Kinkaleri Massimo Conti, Marco Mazzoni, Gina Monaco
Con Michele Scappa
Musica Canedicoda
Produzione Kinkaleri/KLm – 2021/2022 Con il sostegno di MiC – Ministero della Cultura, Regione Toscana
Lo spettacolo è inserito nel progetto Sopra la pelle, una monog dedicata a Kinkaleri a cura di Agorà, Danza Urbana ETS, Casa della C tura Italo Calvino – Cronopios nell’ambito di E’BAL – Palcoscenici per l danza contemporanea, con il sostegno di ATER Fondazione