SARA PERNIOLA | Da sempre la danza, come forma d’arte per narrare il corpo e le emozioni, è un prezioso mezzo di comunicazione su cui si fonda la vita quotidiana e che si caratterizza come interazionale e performativo, collaborativo e variamente coordinato con gli altri. È, così, infatti, che il sociale penetra nell’individuale, rendendo l’esperienza vissuta, estetica e sensoriale di un’irriducibile soggettività comune a tutte e tutti.
Il festival Danza Urbana a Bologna – raccontato qui da Renzo Francabandera in riferimento alle giornate del 6 e 7 settembre – anche quest’anno si è rivelato essere, così, un motore di spettacolo e di partecipazione sociale necessario e di successo: dal 5 al 10 di questo mese, infatti, nell’abitare spazi urbani della città, ha mostrato codici d’espressione fruibili per un’ampia platea di cittadini, affidando il risultato della sua esperienza, prima ancora che alla materia, alla parola o alla voce, al fascino del corpo e del movimento.
Come neve di Adriano Bolognino è una performance – vincitrice del Premio Danza & Danza 2022 e rappresentata al Museo Mambo il 9 settembre – che racconta un sentimento impossibile da esprimere verbalmente. Se per il coreografo quest’emozione è da ricondurre inizialmente all’immagine della neve che si osserva quando si è piccoli alla finestra e alla conseguente sensazione di benessere che accompagna questi momenti, poi, probabilmente, essa si arricchisce della complessità della maturità: dell’anima che batte dietro il silenzio e della velocità della caduta della neve, quasi in procinto di erodere corpi e spiriti, e sempre arginata. Una di quelle cose che non si può spiegare a nessuno; una malinconica tristezza che non può prendere forma, ma che si accumula quietamente nel cuore. Come la neve, appunto, in una notte senza vento.
Le talentuose interpreti Rosaria di Maro e Noemi Caricchia sono molte cose: alcune volte possiedono l’aurea inquieta tipica degli adepti, altre la postura nitida e scattante dei burattini, altre ancora l’antica soavità di ciò che non muta. Meravigliosamente vestite con abiti lunghi tessuti in filato multicolore – realizzati dal club dell’uncinetto di Napoli – costruiscono la meccanica visiva e la spettacolarità della pièce: componendo movimenti speculari di diversa ampiezza e fluttuando con le musiche iniziali di Ólafur Arnalds e poi con le sperimentazioni sonore di Josin, infatti, le danzatrici ora si seguono e si rincorrono dolcemente, ora compiono gesti sincronizzati che sembrano fusi in un unico corpo danzante. Narrano, così, un’avventura quotidiana che si trasforma continuamente proiettandosi nel tempo e nello spazio, forse un’operazione nostalgica che ha raccolto meritati applausi e consensi.
Sempre al Mambo e subito dopo Come neve, ci spostiamo in un’altra sala per assistere al raffinato e intenso Breathe With Me A Moment della coreografa, designer e insegnante israeliana Or Marin: il duetto fa parte di una creazione più ampia intitolata Raining Men che esamina la percezione sociale sull’eroismo che ci si aspetta dal genere maschile, immergendosi nella reale uscita dalla tradizione culturale. Attraversando quest’universo alla ricerca della dimensione egualitaria tra i generi, dunque, la pièce si concentra sull’intimità e sulla fragilità della vicinanza, sull’amore e la passione.
Gli interpreti sono i bravissimi danzatori Uri Dicker e Tomer Giat i quali, seminudi e con solo degli slip neri, si muovono e si intrecciano su un tappeto bianco mantenendo quasi sempre il contatto, bocca a bocca, tramite un’armonica. Soffiandola da entrambi i lati le bocche producono suoni e i respiri sono condivisi; i corpi generano una meravigliosa tensione estetica e poetica grazie a braccia che scivolano e contatti tra le mani, i piedi, le spalle; per poi avere riguardo per i capelli, gli occhi e gli sguardi.
Successivamente movimenti più dinamici e dolcemente acrobatici costruiscono un crocevia di azioni e traiettorie che riempie la scena, che provoca negli spettatori una sensazione di pathos lirico a cui affidarsi, restituendo l’intreccio tra esperienza vissuta e dimensione sociale; tra corpo, sé e società. Si è, quindi, partecipi della rappresentazione di un collegamento tra due corpi che sono un unico strumento musicale; una carismatica fusione altamente contemporanea di diversi linguaggi corporei che si carica di modernità quando, alla fine, uno dei due ballerini veste l’altro e lo spazio viene invaso da musica dal ritmo allegro e coinvolgente: mentre i performer smontano live l’allestimento entro cui si sono esibiti, noi spettatori assistiamo estasiati, in bilico tra la certezza della forza dell’unione e la delicatezza che ne consegue.
Il giorno dopo, domenica 10, a essere invaso dal potere della danza è Parco 11 Settembre 2001: lo spettacolo è un’opera della compagnia ERTZA – nata nel 2004 sotto la direzione del danzatore e coreografo Asier Zabaleta – e si chiama Otempodiz, risultato di un progetto di scambio e creazione artistica che si svolge tra il Mozambico e i Paesi Baschi – grazie al sostegno dell’AECID, della residenza artistica SORTUTAKOAK e del festival ATLANTIKALDIA di Errenteria – e che ha come proposito la possibilità di offrire a due danzatori di Maputo un’occasione di lavoro e gli strumenti necessari per crescere in maniera autonoma all’interno del circuito internazionale della danza.
Nello spazio largo del parco ciò a cui assistiamo è una danza teatrale che si caratterizza come attività di spettacolo in cui è marcata la differenza tra pubblico e danzatori per capacità coreografiche e stilistiche, ma di certo non per quelle inerenti lo spirito. I movimenti sincronizzati e ritmici – dalla natura sia pacata sia scattante, che attingono dal repertorio dell’hip-hop e della danza contemporanea, da quella popolare alla neoclassica -, infatti, esprimono un’esperienza che vede il tempo come posseduto, concreto: il tempo è in ogni stagione che passa, in ogni ieri e in ogni domani, ma soprattutto è in ogni momento. É vissuto in un presente assoluto, fluttuando le cose dentro sé stessi nell’adesso.
La danza ha poi una sua diretta corrispondenza e compresenza con la musica, che è sensuale e trascinante, perfettamente ritmica e istintuale: il simbolo di un’unica cultura, arretrata e selvaggia. Come se fosse un’imprescindibile estensione dei movimenti dei ballerini, contribuendo a ricreare il contesto di ritualità in cui noi spettatori ci perdiamo. Un pezzo magico e pieno di poesia, in cui due artisti si divertono e fanno divertire, esplorando anche l’ampio spettro emozionale che la danza contempla con la creazione di diversi mondi emotivi e sensoriali.
Come neve
coreografia Adriano Bolognino danzano Rosaria di Maro Fanzini e Noemi Caricchia produzione Körper – Centro Nazionale di Produzione della danza / Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza – Festival Danza in Rete con il supporto di KOMM TANZ/PASSO NORD progetto residenze Compagnia Abbondanza/ Bertoni in collaborazione con il Comune di Rovereto
con il sostegno di Orsolina28, Nitja Senter samtidskunst, Italian Institute of Culture in Oslo, and the Italian Embassy in Norway musiche Olafur Arnalds/Josin costumi Club dell’uncinetto, Napoli revisione testi Rosa Coppola di ringraziano C.A.M. Museum, Francesco Aurisicchio Photographer, Mirko Ingrao
Breathe with Me a Moment
di Or Marin con Uri Dicker e Tomer Giat drammaturgia Oran Doran musiche dal vivo realizzate dai danzatori
Otempodiz
idea, direzione e coreografia Asier Zabaleta
con Fenias Nhumaio e Deissane Machava produzione ERTZA SORKUNTZA ARTISTIKOVA S.L con il sostegno di AECID, SORTUTAKOAK (Gipuzkoako Dantzagunea), ATLANTIKALDIA
Festival Danza Urbana 9 e 10 settembre 2023 | Bologna