Da giovedì 2 a domenica 5 novembre Gender Bender 2023 ospita A corpo libero. Esplorazioni sul desiderio, mostra-installazione su affettività e sessualità per tuttǝ a cura di Gruppo Elettrogeno, Blubanana Studio e Coop. Accaparlante presso lo spazio CostArena (via Azzo Gardino 48, Bologna), tutti i giorni dalle ore 16 alle ore 20 a ingresso libero. L’iniziativa nasce dall’incontro della compagnia teatrale Gruppo Elettrogeno con gli educatori e gli animatori con disabilità del Progetto Calamaio della Cooperativa Accaparlante.
Insieme Gruppo Elettrogeno e Accaparlante hanno collaborato, nel corso della primavera 2023, alla realizzazione di A corpo libero, un percorso teatrale sui temi dell’affettività e della sessualità rivolto agli educatori e ai colleghi con disabilità del gruppo, condotto dalla regista Martina Palmieri e con il contributo delle attrici e degli attori non vedenti, vedenti e ipovedenti della compagnia. Il progetto unisce fotografia, teatro ed educazione in un percorso che desidera restituire ai corpi delle persone con disabilità il diritto a concepirsi desideranti e desiderati e non solo destinatari di cure e assistenza.
Quattordici incontri in cui i partecipanti hanno generato nuove percezioni del desiderio sprigionato dai loro corpi, dalla tensione verso la vita affettiva e sessuale.
Di tutto questo si parlerà oltre che nella mostra anche nel talk Racconto a più corpi, che si terrà giovedì 2 novembre, ore 18, alla Sala Conferenze del MAMbo, dedicato all’affettività e sessualità per persone con disabilità e che vedrà la partecipazione di Max Ulivieri, membro del Diversity Team del Comune di Bologna e presidente di Comitato Lovegiver.
Abbiamo intervistato Sandra Negri, coordinatrice del gruppo educativo integrato della Coop.Accaparlante e Martina Palmieri, regista di Gruppo Elettrogeno Teatro.
“A corpo libero. Esplorazioni sul desiderio” è uno degli eventi ospitati all’interno di questa edizione di Gender Bender. Di cosa si tratta e come è nata l’idea di questo progetto?
Sandra Negri: L’idea del progetto nasce all’interno del gruppo educativo, frequentato da persone adulte con disabilità chiamato Progetto Calamaio ed è stata sviluppata nell’incontro con la compagnia teatrale Gruppo Elettrogeno Teatro. Il gruppo lavora da molti anni sui temi della conoscenza e consapevolezza di sé, elementi essenziali per pensarsi adulti e autonomi. Tanti sono i temi che contribuiscono al percorso di autodeterminazione delle persone con disabilità. Fra questi, uno che sta impegnando in modo centrale il lavoro del gruppo Calamaio è quello relativo alla affettività e sessualità. Dopo varie fasi e arrivati a un certo punto del percorso, abbiamo scelto di affrontare dal punto di vista esperienziale di relazione con l’altro/a. Il linguaggio del teatro -e un certo tipo di teatro- ci è sembrato particolarmente indicato per questo specifico laboratorio.
Martina Palmieri: Nell’estate dell’anno scorso, all’Arena Orfeonica di Bologna, nell’ambito del progetto I Fiori Blu che curiamo come Gruppo Elettrogeno da molte edizioni, è andato in scena lo spettacolo Amuri: tra i performer c’erano anche alcuni animatori con disabilità che collaborano con la cooperativa Accaparlante e che fanno parte del Progetto Calamaio.
Quella sera i corpi dei performer erano lucenti, al riparo da qualsiasi forma di voyeurismo, liberi dal peso di rappresentare la loro condizione di disabilità, solo performer, immersi nella poetica sprigionata dalla forza e dalla tensione del loro desiderio di esprimersi dentro una narrazione; così la tensione e la qualità espressiva hanno sprigionato l’attrazione, il fascino di quella che possiamo chiamare bellezza non conforme, che forse travolge tutt* noi nel momento dello smascheramento.
Allo spettacolo erano presenti alcune educatrici ededucatori del gruppo educativo della Cooperativa Accaparlante e forse in quella occasione, a partire dai molti progetti che già avevano avviato, hanno pensato che un percorso teatrale sull’affettività e sullo sviluppo di nuove forme di percezione del proprio corpo, potessero agevolare alcuni processi di consapevolezza e di scoperta. Questa loro intuizione ha segnato la possibilità di un incontro tra la nostra compagnia e la cooperativa, che si è concretizzato nel percorso teatrale A corpo libero.
Il progetto vede la collaborazione di Accaparlante e Gruppo Elettrogeno Teatro. Potete raccontarci qualcosa di più di queste due realtà e di come hanno lavorato insieme?
Sandra Negri: Peculiarità del Progetto Calamaio, che nasce come progetto di educazione alle differenze all’interno delle scuole con il ruolo attivo delle persone con disabilità, è, da sempre, il percorso culturale finalizzato al cambiamento dell’immagine sociale della disabilità. Uscire dai circuiti della cura e degli addetti ai lavori è sempre stato per noi l’unica possibilità per offrire alla collettività occasioni di incontro e conoscenza della disabilità in contesti non propriamente dedicati. Il teatro ha sicuramente un forte impatto quando è in grado di mostrare volti, corpi che esprimono un’identità nella diversità, fatta di desiderio, emozione e profondità.
Abbiamo trovato tutto questo nella compagnia teatrale Gruppo Elettrogeno Teatro.
Martina Palmieri: Gruppo Elettrogeno si occupa da molti anni della diffusione dell’arte teatrale attraverso la realizzazione di progetti di formazione, la produzione di spettacoli e manifestazioni come festival e rassegne. Realizza, inoltre, in collaborazione con Associazioni, Enti e Istituzioni, progetti artistici e azioni di sensibilizzazione su diversi temi sociali, rivolti a persone con disabilità sensoriale, intellettiva, fisica e con disturbi dello spettro autistico, performer, musicistǝ, operatorǝ dei vari enti e servizi in ambito educativo e sociale, persone che accedono alle Misure Alternative alla Detenzione o alla pena e, in genere, a persone interessate a tali attività.
Insieme ad Accaparlante ci siamo chiesti se e come i performer coinvolti nel laboratorio desiderano il desiderio, e se desiderano anche d’essere desiderabili, di essere dentro l’esperienza sessuale, se hanno la necessità di esplorare una differente predisposizione verso il proprio corpo e verso le sensazioni che può sprigionare un corpo che spesso è poco esplorato e guardato. Una domanda di partenza che evidenzia anche la vivacità e la consapevolezza con cui ogni individuo ha il diritto di comunicare i propri bisogni e che ha permesso di intrecciare il lavoro di tessitura tra Gruppo Elettrogeno e Accaparlante, un lavoro che si compone di proposte, alcune di queste audaci, ma anche di visioni, di soluzioni ponderate e altre non praticabili, riflessioni e rimodulazioni rispetto all’immaginabile.
Ad un certo punto è arrivato anche lo sguardo foto/video di BluBanana Studio, con un’ampia documentazione che è anche al centro della mostra che sarà ospitata al Mambo in occasione dell’incontro previsto il 2 Novembre. Come ha funzionato questa collaborazione?
Sandra Negri: Il laboratorio con GET ha permesso al gruppo di vivere momenti di forte intensità e profonda conoscenza di aspetti intimi e spesso nascosti in ognun* di noi. E questo veniva espresso con i corpi e i volti in modo estremamente potente. Tanto da rendere “necessario” dare una visibilità a tutto ciò. L’intesa rispetto a ciò che ritenevamo importante esprimere e mostrare, è stata immediata da parte di ogni soggetto fin da subito.
Martina Palmieri: Durante il percorso teatrale ciò che è stato inimmaginabile, impalpabile, impraticabile, non detto, non esplicitato, ancora in elaborazione, ha donato materia alla forma artistica che questa esperienza può prendere al di fuori degli spazi vissuti e che sarà certamente condivisibile per chi potrà mettersi in ascolto.
Credo che, a partire dalla forma artistica ancora incompiuta che si è rivelata durante i due laboratori, sia sorta la necessità di riattraversare e rileggere il materiale emerso durante il percorso, in particolare attraverso lo sguardo di Anna Pierobon e Fabio Panigutto di Blubanana.
Verso la conclusione del progetto ho pensato che una giornata resiliente in uno spazio in cui mettere a fuoco alcune azioni teatrali, alcuni transiti nello spazio scenico, avrebbe agevolato il processo artistico e di comprensione dell’esperienza per Anna e Fabio di Blubanana. Così insieme abbiamo iniziato questa breve ma intensa residenza artistica negli spazi del Tpo di Bologna.
Il progetto espositivo è stato immaginato insieme ad Accaparlante, Blubanana e le artiste di Parsec, come esperienza immersiva a tu per tu con chi vorrà abitare lo spazio dedicato all’ascolto uditivo e visivo, in dialogo con le immagini e i materiali audio e video nati durante il laboratorio. Il progetto installativo si rivela così come esplorazione narrativa su più livelli, nel rispetto della materia sottile di cui si compone il lavoro.
Con questo primo evento, a partire da questa ricerca composta da molti dubbi, tentativi, scoperte e rivelazioni iniziamo a porre le basi per costruire una nuova e più illuminata visione artistica e politica delle differenze.
In che modo è possibile far nascere pratica teatrale da una tematica così specifica come quella del rapporto con il desiderio e il piacere dentro gli universi delle altre abilità?
Martina Palmieri: Ipotizzo che sia possibile far nascere la pratica teatrale proprio dagli elementi poco chiari sulle persone coinvolte, da obiettivi poco a fuoco, dagli effetti collaterali di un lavoro che mette in campo gli strumenti propri del teatro ma che poi è capace di rimodulare il tipo di lavoro e di linguaggi messi in campo, in tempo reale, seguendo con cura le parole, gli sguardi, le resistenze, le conquiste fatte dentro un tracciato di carne e vissuti decisamente travolgenti nel dichiararsi, ma altrettanto complessi da maneggiare, agevolare, indirizzare verso una forma artistica.
Non sono partita con un bagaglio di certezze, con una sensazione di sicurezza che la pratica teatrale sarebbe stata l’unica insegna luminosa a guidare me e i performer di gruppo Elettrogeno verso l’esperienza artistica condivisa con gli educator* e animator* di Accaparlante.
Il tema del concepirsi desideranti e desiderati è un tema che riguarda non solo le persone con disabilità ma anche fasce intere di popolazione come quella adolescente, da sempre a corto di specifica educazione sul tema del corpo come geografia delle emozioni. Da cosa pensate derivi questo retaggio e secondo voi c’è un progresso o un arretramento nelle consapevolezze socioculturali su questi temi?
Sandra Negri: Il nostro percorso culturale rispetto al corpo e al piacere è spesso castrante e, all’estremo opposto, strumentalizzato ai fini di una esteriorità che non rispetta l’intimità e il valore che in sé porta e rappresenta. Il bisogno di educazione, formazione e informazione a più livelli non si esaurisce con le categorie più fragili. Ma deve riguardare la cultura di un’intera comunità sempre in crescita.
Martina Palmieri: Credo che un(‘)adolescente in un corpo in continua trasformazione, in un contesto di comunicazione e di frequentazione semplificata, possa sviluppare il desiderio di isolarsi e di ricercare il desiderio riflesso da altri e da altro da sé.
Mi chiedo anche: che riflesso di noi è rimasto se non nutriamo più adeguatamente la nostra identità artistica e sociale come soggetti desideranti?
Quanto i social media aiutano e quanto invece enfatizzano e alimentano la problematica secondo voi? Il teatro in questo caso serve a…?
Sandra Negri: Penso che dipenda da molti fattori, i social sono un’arma a doppio taglio che può dare voce e aggiungere a tematiche come queste sfumature interessantioppure, attraverso un uso superficiale e irrispettoso dell’immagine, lavorare sull’esatto opposto, stigmatizzando e accrescendo stereotipi o alimentando il pietismo. Dipende dall’uso che se ne fa. Faccio un esempio: oggi ci sono molti giovani con disabilità che fanno attivismo soprattutto attraverso i social, raggiungendo tantissimi follower. Molto spesso questi ragazzi espongono con orgoglio il loro corpo usando modalità molto simili ai propri coetanei del cui contesto desiderano ovviamente fare parte. Ci sono casi in cui questo è utile perché immediato oppure permette alle persone disabili che fanno fatica a muoversi di fare rete tra di loro. Detto ciò, non è assolutamente detto che quello che queste persone scelgono di condividere sia rappresentativo delle loro vite o delle vite di tanti altri che magari un social non sono in grado di usarlo, la cosiddetta povertà educativa inoltre è sempre in agguato e il problema diventa prima di tutto culturale.
In tutto quello che facciamo intorno alla disabilità e nel lavoro con l’adolescenza abbiamo sempre messo al centro la relazione e l’esperienza. Se non coltiviamo queste due cose nella vita reale non possiamo parlare di inclusione.
Martina Palmieri: Noi possiamo cambiare l’immagine che gli altri hanno di noi ma solo se prima siamo noi a cambiare l’immagine che abbiamo di noi stessi. Si tratta ovviamente di un processo che a volte può essere molto lungo ma che non può svilupparsi se non passando dalla presa di contatto e l’esperienza. Il linguaggio teatrale ci mette nelle condizioni di esplorare nuove forme dell’essere e dello stare per esprimere ciò che prima non aveva ancora una forma, una forma artistica, capace di sconfinare dall’intimo sentire e di trasformazioni.