RENZO FRANCABANDERA | È andato di recente in scena a Udine, dopo il debutto di questa estate al Mittelfest di Cividale, Tesla, uno spettacolo che vede la collaborazione a testo e creazione scenica di Ksenija Martinović e del drammaturgo Federico Bellini,e di cui Martinović è interprete. Si tratta di una co-produzione fra CSS Teatro stabile di innovazione del FVG e La Contrada Teatro stabile di Trieste.
Lo spettacolo offre un’indagine appassionante nella vita di Nikola Tesla, il geniale scienziato serbo dei primi del Novecento. Nonostante la sua fama come inventore di soluzioni che hanno modificato radicalmente l’esistenza nell’epoca della rivoluzione tecnologica, il suo nome è oggi paradossalmente più noto come marchio capitalistico, piuttosto che per il suo contributo alla vicenda umana.
Rispetto a questo resta leggendario e mai completato l’esperimento della Wardencliffe Tower, creazione che avrebbe dovuto fornire energia elettrica gratuita a tutti, e alla cui realizzazione sperimentale finale si opposero le maggiori figure del capitale americano dell’epoca, in particolare J.P. Morgan, che rifiutò l’ultimo finanziamento cruciale.
L’opera teatrale ripercorre questa storia dimenticata, svelando le ragioni crudeli del declino di Tesla e dell’ostracismo che subì dalla comunità finanziaria e da Wall Street.

Lo spettacolo si colloca idealmente come continuazione artistica del lavoro precedente di Martinović, serba di nascita e in Italia da circa 20 anni, su un’altra sua grande connazionale, la geniale Mileva Maric, moglie di Albert Einstein, la cui indagine biografica ha portato un paio di anni fa allo spettacolo Mileva che purtroppo ha circolato poco per le restrizioni del covid. Entrambe le storie convergono nella rifiuto o diffidenza della comunità scientifica ed economica, riflettendo sull’ostracismo subito da due figure di spicco, in particolare qui da Tesla, la cui opera è stata oggetto di culto acritico più che di approfondimento scientifico.

Tesla si sviluppa attraverso tre parti distinte. Nella prima, Ksenija Martinović, da subito sola in scena in completo scuro e camicia, condivide il suo legame personale con Tesla, intrecciando esperienze biografiche con il racconto. Si presenta e in modo divertito racconta dell’infanzia con l’amica Ivana Abramović (consulente scientifica dello spettacolo): la madre della sua amica lavorava nell’istituzione museale dedicata a Belgrado a Nikola Tesla, e spesso portava con sé le due bambine, libere di circolare negli ambienti, di esplorare le installazioni scientifiche a disposizione dei visitatori.
L’attrice racconta agli spettatori delle stanze del museo che ospitano le invenzioni di Tesla, una gran parte dei 700 brevetti che si devono a questo straordinario inventore. L’attrice è spesso in proscenio e sembra quasi dialogare con il pubblico, addirittura sedendosi proprio su palcoscenico e sporgendosi con le gambe verso la platea.
La scena è in bianco e nero con il pavimento e il fondale su cui sono disposti teli bianchi. Ai lati, invece, lo spazio delle quinte nere, un ideale fuoriscena al bordo del quale sono posizionati sia da un lato che dall’altro numerosissimi microfoni, nel complesso almeno una dozzina.
Iniziando pian piano a prenderli, nel mezzo della narrazione, mentre l’autobiografia si trasforma in biografia, anche grazie a un paesaggio musicale di pregiata fattura e dovuto al musicista e sound designer Antonio Della Marina, la selva di aste dei microfoni crea una sorta di ideale campo magnetico come quelli della tac, invenzione che pure si deve allo scienziato serbo.

La seconda parte ci trasporta quindi nei primi anni del Novecento, immergendoci nella New York in crescita, quella in cui si alzavano al cielo i grattacieli e dove nei bistrot lussuosi si svolgevano i negoziati tra Tesla, sicuro di sè e in posa come nelle iconiche foto, J.P. Morgan e altri importanti finanziatori, visualizzati attraverso una macchina di microfoni ideale, al centro della quale si posiziona l’attrice, che dà voce a ogni personaggio chiave.
Seguiamo l’avventura della costruzione della Wardencliffe Tower e la successiva ascesa e caduta di Tesla, schiacciato dall’idea di distogliere i finanziamenti inizialmente ottenuti per vincere la corsa con Marconi sul potenziamento delle telecomunicazioni, a tutto vantaggio dell’idea rivoluzionaria di riuscire a produrre energia gratuita per tutti. Questo cambiamento di obiettivi non incontrerà il favore del suo finanziatore, azionista della prima società americana per produzione energetica, che vedrà il progetto come fumo negli occhi e gli impedirà di portarlo a termine, avviando anche una serie di campagne e stampa di tono diffamatorio contro lo scienziato.

Lo spettacolo combina diversi generi, passando dalla pura narrazione al teatro rappresentativo, integrando nella terza parte, quella finale, elementi performativi contemporanei di pura corporeità dentro un ambiente audio video di matrice robotica e digitale, quasi a raccontare la società che lo scienziato aveva contribuito in qualche modo a costruire ma che, ora come allora, lo ha fatto schiavo, piegandone le idee ai suoi interessi. Il progressivo fuoco sulla dinamica, potrebbe dirsi quasi coreografica, che porta l’attrice dalla narrazione di inizio spettacolo alla performatività con cui la creazione si conclude è proprio la cifra guida che permette allo spettatore di evolvere e, per così dire, accettare questi cambi di registro espressivo e poetico, grazie a un accurato lavoro sul movimento scenico e sulla mimica. La parte biografica centrale ha un tono avvincente. Qui l’esperienza di Bellini, unita alla caparbia ricerca documentale svolta dalla Martinović, porta ad una costruzione drammaturgica di intenso pathos, una sorta di Leheman Brothers in piccola scala e per voce sola.

Tesla e Mileva Maric, furono, in quella America di capitalisti, avventurieri, banditi e idealisti, entrambe vittime di un’opinione pubblica e di una comunità scientifica spesso distratta o ostile. Il finale, che sta evolvendo proprio grazie a questi primi incontri con il pubblico, si risolve in un richiamo a una serie di tematiche che non casualmente hanno a che fare con le questioni alla base delle ricerche e delle scoperte dello scienziato: sono i temi legati all’ambiente, allo sfruttamento delle risorse, alle forzature del sistema produttivo capitalistico che impongono ancora oggi che il nome dello studioso sia proprietà di un grande gruppo che ne fa profitti, ma senza perseguirne gli ideali più aperti e filantropici che caratterizzarono in particolar modo la seconda fase della sua vita.


L’opera mette in luce la connessione tra oblio e scienza, suggerendo che l’oblio non sia solo una semplice dimenticanza, ma piuttosto una forma di crudele trascuratezza della memoria e Ksenija Martinović con Federico Bellini uniscono su tale terreno poetico le loro forze creative in nome di questa esplorazione teatrale, una riflessione intensa e coinvolgente sull’oscurità che può ottenebrare le menti brillanti e le scoperte epocali che potrebbero aver cambiato il corso della storia umana.
Il ritmo complessivo è avvincente, l’ora di spettacolo vola e lascia allo spettatore interrogativi che riguardano forse anche il rapporto dell’individuo con le sue passioni profonde, e quanto esse possano essere fonte di vita ma anche in qualche modo di dannazione: quanto più la vita è una missione dedicata a ciò in cui si crede, tanto più fragile risulta l’esistenza, e in questo si chiude un finale collegamento tra il biografico dello scienziato e l’autobiografia della giovane artista.

 

TESLA

testo e creazione scenica di Ksenija Martinović e Federico Bellini
testo di Ksenija Martinović e Federico Bellini
interpreti
performer Ksenija Martinović
musiche sound design Antonio Della Marina
consulente scientifica Ivana Abramović
coreografia terzo quadro Matilde Ceron
video Sonia Veronelli
produzione co-produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG e La Contrada Teatro stabile di Trieste

progetto in attraversamento tra i Titolari di Residenza per Artisti nei Territori del Friuli Venezia Giulia 2022: ARTEFICI. ResidenzeCreativeFVG/ArtistiAssociati, Dialoghi_Residenze delle arti performative a Villa Manin/CSS, Vettori/La Contrada Teatro stabile di Trieste