GIULIA BONGHI | Natale è il periodo che più si addice alle operette. Allegre, colorate, divertenti e a lieto fine. Il 22 dicembre, al Comunale Nouveau di Bologna, ha inaugurato il periodo festivo Die Fledermaus (Il pipistrello).
La musica è di Johann Strauss II, da non confondere con l’omonimo padre. Quest’ultimo aveva previsto per il figlio una carriera come bancario ma ben presto si ritrova a competere con lui il favore del pubblico. La rivalità aumenta durante la rivoluzione del 1848, a seguito delle dimostrazioni politiche dei due compositori: Strauss padre compone la Marcia di Radetzky per celebrare la riconquista austriaca; Strauss figlio dirige a Vienna l’inno nazionale francese, dichiarandosi contro la corte asburgica e subendo l’arresto. Ciononostante, la fama di migliore compositore di valzer dell’epoca spinge la sua carriera oltre i confini dell’Austria, compone il famoso brano Sul bel Danubio blu nel 1867, oltre a più di quattrocento valzer, polke, quadriglie, operette e balletti.
Carl Haffner e Richard Genée realizzano il libretto in tre atti prendendo spunto da Le Rèveillon di H. Meilhac e L. Halévy. L’ispirazione inesauribile di Strauss e la struttura drammaturgica, consona alla costruzione dei ritmi da valzer richiesti dal pubblico viennese, ne avrebbero decretato il successo. Il nucleo fondamentale dell’azione è infatti un ballo. Nel primo atto si tessono gli intrighi che complicano la festa e il terzo atto li sbroglia.
Die Fledermaus va in scena al Theater an der Wien di Vienna il 5 aprile 1874. Ancora assoggettato dalla crisi finanziaria e dal crollo della Borsa dell’anno precedente, il pubblico non è ben disposto di fronte alla società rappresentata nell’operetta e che mostra il loro ritratto prima di quell’anno terribile. L’inno allo champagne, simbolo di lusso, leggerezza e ottimismo scopre note di amarezza e nostalgia.
Per il regista Cesare Lievi, per la prima volta alle prese con un’operetta, quella dei balli e delle bollicine è una realtà non più sostenibile: sotto i tappeti persiani sono nascosti gli inganni e le false amicizie. Paragona infatti i personaggi agli struzzi: incapaci di sopportare la propria esistenza infilano la testa sotto la sabbia per non vedere, fingendo che vada tutto bene. Le feste e l’ubriachezza sono farmaci contro la verità.
Trattandosi di una realtà fittizia, la regia palesa l’artificio scenico: attori nei panni dei tecnici del teatro seguono tutta l’opera ai margini del palcoscenico, intervenendo per fini utili e comici. Tuttavia l’idea di un teatro di posa non è portata fino in fondo e viene smarrita via via che lo spettacolo prosegue.
Mert Süngü interpreta Gabriel von Eisenstein, un finanziere che deve scontare otto giorni di prigione. Il tenore turco è stato annunciato indisposto a inizio recita ma ha eseguito senza troppi problemi la sua parte, seppur con un volume vocale basso. Sua moglie Rosalinde – Desirée Rancatore, soprano di indubbie qualità vocali ma un po’ pesante per il ruolo – riceve la visita del suo ex amante, il tenore Alfred. Molto adatto il timbro chiaro e morbido di Matteo Falcier, a partire dall’incipit dell’operetta Tortora dolcissima.
Eisenstein non ha intenzione di iniziare la sua pena detentiva quel giorno, perché per la sera è previsto un ballo in maschera nel palazzo del Principe russo Orlofsky. Miriam Albano offre un’interpretazione en travesti ottima vocalmente ma insufficiente nei dialoghi, dovendo scurire la voce, peggiorando così la comprensione del testo.
Quando entra Frank, il direttore della prigione, per prendere Eisenstein, con Rosalinde c’è Alfred. Per non comprometterla se ne finge il marito e prende il suo posto in prigione. Il vero coniuge è con il Dr. Falke – Birger Radde – avvocato e suo infido amico, compagno di avventure e baldorie. Anni prima a un ballo, costui, in stato di ebrezza, era stato portato via dall’amico e steso sull’erba travestito da pipistrello, per il divertimento dei convenuti. Falke coglie l’occasione per riscattarsi e rivela a Rosalinde che il marito si trova al ballo di Orlofsky. Svela il segreto anche all’eccentrico Principe; l’incontro tra i coniugi sarà uno svago dal suo cronico stato di noia.
La scena – di Luigi Perego, che firma anche i costumi – presenta un pavimento a scacchiera, sul quale Falke muove le pedine per ottenere la sua vendetta. Nel secondo atto protagonista del palcoscenico è uno struzzo, che si ritrova dietro le sbarre della prigione nel terzo atto. Al ballo, Eisenstein viene gabbato dalla moglie, a sua volta raggirata da Adele, la sua cameriera. Questa aveva finto di prendersi la serata libera per accudire la zia malata per poi presentarsi alla festa, per giunta con un vestito della padrona. Nel ruolo Anaïs Mejías, che nonostante il timbro pregevole non convince pienamente.
La scelta di interpreti non esperti nel repertorio dell’operetta compromette la parte recitata, soprattutto in un testo, curato da Lievi, il cui registro comico richiede tempi teatrali precisi. La recitazione si riprende nel terzo atto grazie alla presenza del carceriere Frosch interpretato dal comico bolognese Vito e all’estro teatrale di Nicolò Ceriani, il direttore Frank, che in quest’ultima parte ha un rilievo maggiore.
Giunti infine allo scioglimento di tutti gli intrecci, il richiamo al titolo e al motore di tutta la vicenda lo troviamo nel mantello che indossa Eisenstein, nel quale si avvolge tentando di nascondersi di fronte alla rivelazione dei suoi inganni.
Per quanto riguarda la resa orchestrale, l’esecuzione del direttore ucraino Sasha Yankevych è bilanciata, anche se anonima. Ottime la polka Unter Donner und Blitz, tradizionalmente inserita in sostituzione del balletto delle nazioni, e la prestazione corale. La polka prevede anche l’unica coreografia della serata, curata da Irina Kashkova, introdotta dall’entrata sulla scena di un enorme pacco regalo e che sfocia nel valzer che andrà poi a chiudere l’atto secondo.
Il pubblico non molto numeroso ha accolto tiepidamente questa prima, poiché, bisogna dirlo, lo humor e l’auspicata leggerezza e precisione che un simile spettacolo esigerebbe stenta a emergere. Un’operetta piacevole ma senza brio, come una coppa di champagne senza bollicine.
DIE FLEDERMAUS (IL PIPISTRELLO)
Operetta in tre atti, libretto di Carl Haffner e Richard Genée
Versione ritmica italiana di Gino Negri
Dialoghi in italiano a cura di Cesare Lievi
Musica di Johann Strauss II
Gabriel von Eisenstein Mert Süngü
Rosalinde Desirée Rancatore
Frank Nicolò Cerani
Principe Orlofsky Miriam Albano
Dr. Falke Birger Radde
Dr. Blind Salvatore Grigoli
Adele Anaïs Mejías
Ida Francesca Micarelli
Frosch Vito
Direttore Sasha Yankevych
Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Maestro del coro Gea Garatti Ansini
Coro del Teatro Comunale di Bologna
Regia Cesare Lievi
Scene e costumi Luigi Perego
Luci Luigi Saccomandi
Coreografia Irina Kashkova
Bologna, Comunale Nouveau, 22 dicembre 2023