RENZO FRANCABANDERA | Salveremo il mondo prima dell’alba, che ha debuttato in questi giorni con grande successo di pubblico al Teatro delle Muse di Ancona, segna il ritorno di Carrozzeria Orfeo.
La compagnia è un caso, se non unico, certamente eccezionale nel panorama teatrale italiano: i due fondatori Massimiliano Setti e Gabriele Di Luca, insieme a Luisa Supino, hanno messo in piedi la compagnia, che ha ora la sua sede a Mantova, nel 2007, dopo essersi diplomati all’Accademia d’Arte Drammatica “Nico Pepe” di Udine.
Da allora il gruppo ha lavorato a una propria dimensione autoriale che dopo alcuni lavori suggestionati anche dall’utilizzo della maschera, ha virato su un modo molto specifico di fare teatro, che si è imposto con la sua formula drammaturgica scorretta e capace di rompere la membrana ipocrita del politically correct.
Ostinandosi in produzioni scenograficamente ricche di elementi realistici e con un importante numero di attori in scena a dispetto di tutto e tutti, hanno incontrato un travolgente successo di pubblico sempre crescente da Thanks for Vaselina in poi e questo ha poi favorito di volta in volta le coproduzioni e le tournée.
Dei loro lavori sono autori, registi e interpreti e curano la composizione delle musiche originali.
Anche per quest’ultima creazione, la collaborazione fra Marche Teatro, Teatro dell’Elfo, Teatro Nazionale di Genova e Fondazione Teatro di Napoli-Teatro Bellini sottolinea l’importanza e la risonanza di questa produzione a livello nazionale.
Insomma è un gruppo artistico che ce l’ha fatta, decidendo di stare su una faglia del linguaggio e del fare scena che non è mai sceso a compromessi con nessuno, né sui codici estetici né sui tempi e i modi delle creazioni: in ormai oltre 15 anni di attività, con 11 spettacoli all’attivo – che hanno maturato oltre 1.000 repliche – e il film Thanks! (programmato su Netflix nel 2020/2021), la Compagnia ha scelto di proporre drammaturgie originali dal sapore quotidiano, che trovano ispirazione nell’osservazione, rimpasto e narrazione non mediata delle contraddizioni del presente e in cui l’ironia sferzante si fonde alla cifra drammatica e giocando in modo divertito fra realtà e assurdo.
Il modello, per stessa ammissione di Di Luca, sono le complessità sociali di Eduardo, sebbene la sfumatura dei suoi testi sia di impronta meno realistica, avendo sempre un’interferenza di realismo magico, in cui qualcosa di imprevedibile e incredibile arriva a perturbare l’ordine delle cose.
Salveremo il mondo prima dell’alba, la nuova creazione che ha debuttato in questi giorni, è un lavoro che sotto questi aspetti esprime nitida continuità con questa storia recente, affrontando la crisi e le falsità della società del benessere, attraverso le vicende di un gruppo bislacco di caratteri umani (a suo modo il tema delle maschere continua ad esserci anche se non indossate esplicitamente).
Gabriele Di Luca, autore e regista, guida la compagnia in questa esplorazione teatrale, coadiuvato da Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi. In scena un efficace gruppo di attori, composto da Sebastiano Bronzato, Alice Giroldini, Sergio Romano, Roberto Serpi, Massimiliano Setti e Ivan Zerbinati, coerentemente immersi nel ruolo loro assegnato, che restituiscono in modo coinvolgente. Il confronto con le opere precedenti di Carrozzeria Orfeo, come Miracoli metropolitani, Animali da Bar, Cous cous klan, rivela la coerenza stilistica: una serie di vicende umane, gerarchicamente di pari grado, in cui manca un carattere protagonista a favore di una coralità dell’impianto narrativo.
Attraverso questa struttura la scrittura si impegna nell’affrontare tematiche attuali e sentite attraverso l’umorismo, l’ironia e una visione disillusa della realtà, un registro verbale complesso e sempre di difficile calibro.
Se Cous cous klan aveva presentato una combriccola di individui emarginati in un parcheggio e Animali da Bar li faceva incontrare nel luogo tipico della socialità occasionale, Salveremo il mondo prima dell’alba si spinge oltre, facendo incontrare questa volta dei tipi umani upper-class in un “rehab di lusso”, una sorta di colonia extra-mondo, per dirla alla Blade runner.
La trama si sviluppa attraverso le vicende di questi personaggi stravaganti che vengono rivelate progressivamente e in modo intrecciato nelle quasi 3 ore di spettacolo (intervallo compreso).
La storia è ambientata in un’unico luogo fisico, ovvero l’interno di una sorta di stazione spaziale che un gruppo di ricconi ha scelto come luogo per disintossicarsi da frustrazioni e dipendenze: a cercare di farsi curare dall’incorruttibile coach interstellare (Massimiliano Setti) la pop star in crisi creativa (Alice Giroldini, perfetta nel ritratto della fragile-scocciata-bulimica), la coppia gay composta da un imprenditore speculatore nel settore delle nuove tendenze dell’alimentazione bio e il suo compagno ansioso e accuditivo (Sergio Romano e Roberto Serpi che con le loro personalità diverse e distanti creano un urticante senso di fastidio), il traffichino-trafficante di fake news (loschissimo nella sua parte Ivan Zerbinati), inserito in loschi giri di sottobosco del potere, amante della violenza, con il suo maggiordomo cingalese (in scena, onestamente sono tutti bravi, ma Sebastiano Bronzato con la cadenza e le movenze ‘indi’ è da premio per questa maschera incarnata).
Le musiche originali sono di Massimiliano Setti. Efficaci i costumi di Stefania Cempini e anche in questo caso Lucio Diana non lesina in mezzi, con una scenografia sontuosa che ricorda un elegante interno giapponese di forma ogivale con un’apertura a rosone sul fondo che apre su una visione dello spazio profondo, ottenuta con una proiezione che va in loop alternando giorno e notte. Questa mega conchiglia accoglie il salottino a divani bassi in cui convengono, ciascuno dalla propria immaginaria stanzetta nel retro, gli ospiti della “locanda”. A sinistra un box-sauna in cui si ambientano alcune scene dell’indicibile, a destra, simmetrica, una micropalestra con due cyclette. Sullo sfondo la grande finestra oblò che dà sullo spazio e da cui gli ospiti della stazione riabilitativa spaziale guardano la Terra da lontano.
Il disegno luci è semplice ma non banale, alternando un piazzato fisso artificiale del salotto a una serie di giochi che enfatizzano alcuni specifici momenti della narrazione.
La drammaturgia di Gabriele Di Luca offre uno sguardo acuto e feroce sulla società contemporanea, esplorando il mondo del benessere e dell’apparente successo attraverso il prisma dei “vincenti”, dei “ricchi” e l’impianto fragile di responsabilità che accompagna o dovrebbe accompagnare tali posizioni, responsabilità sistematicamente disattese dalla inconsistenza umana di questi baciati dalla sorte.
Il risultato è uno spettacolo dal ritmo goldoniano, una sorta di locanda magica con un coach-locandiera a fare da metronomo nell’autonarrazione delle diverse esistenze ormai in crisi: parole come ‘comunità’ e ‘umanità’ sembrano scomparse, sostituite dall’ossessione di vendere o rappresentare se stessi, in una bulimia di avere, più che di essere.
Il rapporto del gruppo di ricchi disadattati con il coach porterà, dopo il più lungo primo atto (quasi due ore) in cui vengono delineate le storie individuali, a una seconda parte, di durata inferiore all’ora, in cui l’elemento surreale deflagra nella vicenda, per generale un finale grottesco che unisce dramma e speranza: non ce la faremo tutti, ma ha comunque senso continuare a sperare e soprattutto a provare a essere se stessi per esistere in modo dignitoso.
Portatore di questa lezione di vita, ancor più che il coach, sarà la naïveté del personaggio cingalese, capace con il suo sorprendersi del semplice pur nella durezza della sua esistenza, di dare una lezione agli ospiti di un micromondo intrappolato a guardare il proprio ombelico.
Interessante nella creazione drammaturgica anche la consulenza filosofica fornita da Andrea Colamedici – TLON utile a definire con precisione le parole per descrivere il disagio dell’essere umano nello schema capitalistico della produzione continua, dove il desiderio insaziabile porta solo a nuovi desideri sempre più prepotenti, incapaci di sfuggire alla pervasività di un modello di vita diventato così normale da colonizzare l’inconscio senza lasciare spazio a percezioni alternative.
L’elemento distintivo di Salveremo il mondo prima dell’alba, ma potremmo dire di tutta produzione recente, è la capacità di Carrozzeria Orfeo di esplorare la tragedia umana con occhio disilluso e ironia.
È un codice drammaturgico definito, filmico per certi versi, continuamente spoetizzante e ruvido ma che nonostante questo cerca sempre una sua finale levità, un’ingenuità capace di dire che il re è nudo.
La ricerca di significato nell’esistenza, l’assenza di alternative percepite e la pervasività dell’indifferenza e dell’egoismo emergono come temi centrali di questa creazione che porta gli spettatori ad abbandonare la vita di tutti i giorni per quasi quattro ore (compreso il tempo in cui si esce di casa e ci si torna), così da immergersi pienamente in una vicenda in cui riconosciamo le storture del nostro mondo in forma nitida: sono pochi i lavori e gli artisti che possono permettersi questo amichevole e volontario “sequestro di persona”. Quasi nessuno ci riesce: a mala pena la lirica, per i ricconi che se la possono permettere.
Il lavoro di Carrozzeria invece, in modo sboccato e senza filtri, come il rap delle giovani generazioni, parla a tutti, e questo ulteriore tassello s’inserisce nel percorso artistico della compagnia come una tappa significativa, mantenendo intatta la sua cifra stilistica mentre esplora nuovi territori tematici.
La riuscita dell’operazione è sempre aperta a interpretazioni e dibattiti critici. La loro specifica versione del codice in ya face, di cui sono originalissimi interpreti in salsa nostrana, trova appassionati e detrattori, perchè non ammette sensazioni intermedie come tutte le forme artistiche che disintermediano il processo di metaforizzazione, eliminandolo quasi del tutto dalla rappresentazione: lo stilema può o meno interessare, può o meno farsi vicino al sentire di ciascuno. Pur nella sua lunghezza, Salveremo il mondo prima dell’alba è un’opera teatrale con una sua piacevole scorrevolezza, che conferma la cifra e anche la maestria di Carrozzeria Orfeo nel narrare storie umane attraverso questo specifico codice di umorismo e satira sociale, appoggiandosi anche a interpretazioni di qualità.
Carrozzeria continua a sperimentare dentro e fuori dal teatro, offrendo al pubblico un’esperienza che non solo intrattiene ma stimola riflessioni sulla condizione umana contemporanea e, per altro, nel suo agire quotidiano, la compagnia è ben lontana dal cinismo che porta così abilmente in scena.
Con piacere infatti menzioniamo in chiusura di questa riflessione Giving back, il progetto di Carrozzeria Orfeo sostenuto da Fondazione Cariplo nell’ambito di “Corte distanze – progetto di prossimità culturale” vincitore del bando Per la Cultura 2022. Come compagnia teatrale affermatasi negli anni all’interno del panorama nazionale, Carrozzeria intende restituire parte dell’esperienza e delle competenze acquisite alle nuove generazioni teatrali (da qui il senso della parola Giving Back), accompagnando – con il sostegno dei partner del progetto – una nuova realtà ancora poco conosciuta ma dal forte potenziale artistico, verso l’acquisizione delle necessarie competenze artistiche e organizzative che ne agevoleranno l’accesso e il posizionamento all’interno del sistema teatrale. Si chiude proprio il 15 gennaio la fase di selezione di una formazione artistica di nuova o recente costituzione, senza limiti d’età, che ha candidato al bando un suo progetto inedito, alla quale Carrozzeria Orfeo offrirà un percorso di formazione a 360 gradi, attraverso itinerari residenziali strutturati di perfezionamento drammaturgico, attoriale, registico, organizzativo, promozionale, amministrativo e distributivo in un arco temporale che andrà dal 15 maggio 2024 al 31 dicembre 2024: si tratta di un tutoring, articolato in 25 giornate complessive di lavoro in presenza, per un massimo di 5 persone. Il percorso si concretizzerà, al suo termine, nell’allestimento del progetto candidato al bando dalla formazione artistica che Carrozzeria Orfeo sosterrà anche a livello distributivo affiancato dai suoi partner, offrendo una circuitazione nazionale all’interno della Stagione Teatrale 2024/2025.
Questa sì che sembra roba dell’altro mondo: forse non salverà il teatro prima dell’alba, ma se davvero si vuole lavorare a preservarlo dall’estinzione…
SALVEREMO IL MONDO PRIMA DELL’ALBA
uno spettacolo di Carrozzeria Orfeo
drammaturgia Gabriele Di Luca
con (in ordine alfabetico) Sebastiano Bronzato, Alice Giroldini, Sergio Romano
Roberto Serpi, Massimiliano Setti, Ivan Zerbinati
regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi
assistente alla regia Matteo Berardinelli
consulenza filosofica Andrea Colamedici – TLON
scene e luci Lucio Diana
musiche originali Massimiliano Setti
costumi Stefania Cempini
produzione Marche Teatro, Teatro dell’Elfo, Teatro Nazionale di Genova, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
in collaborazione con Centro di Residenza dell’Emilia Romagna “L’Arboreto – Teatro Dimora |La Corte Ospitale”