ELENA SCOLARI | In Testimone d’accusa, strepitoso film di Billy Wilder del 1957 tratto da una commedia di Agatha Christie, Charles Laughton interpreta l’avvocato Sir Wilfrid Robarts – acuto e sarcastico uomo di legge in età, recalcitrante alle prescrizioni mediche su alcool e fumo, e in perenne lotta con la severa infermiera Miss Plimsoll – che riusciva a nascondere i sigari nel bastone da passeggio. Allo stesso modo si gabba delle raccomandazioni lo scorbutico Willy Clark, la metà meno anziana della celebre coppia comica americana formata con Al Lewis ne I ragazzi irresistibili di Neil Simon, autore di altre commedie perfette come La strana coppia, A piedi nudi nel parco, Invito a cena con delitto… per citarne solo alcune. Sul palco del Teatro Strehler i due sono Franco Branciaroli e Umberto Orsini, diretti da Massimo Popolizio.
Clark vive in una mini-suite d’albergo nella pulsante New York, Lewis con la famiglia della figlia nella ferma campagna del New Jersey; l’uno si arrabatta con qualche spot pubblicitario per rasoi o patatine fritte e sperando ancora in una scrittura, l’altro si è ritirato volontariamente dalle scene.
I due attori non si parlano da un decennio: a metà di una puntata dell’Ed Sullivan Show Al ha piantato in asso Willy, che non gliel’ha mai perdonata. Ora il nipote-agente di Willy, Ben (Flavio Francucci), è riuscito a ottenere un ingaggio dalla NBC per riunire il duo e rimettere in scena in tv il loro pezzo forte: lo sketch del dottore. Segue laboriosa opera di convincimento del giovane Ben per smuovere lo zio bisbetico e indurlo ad accettare la proposta, già accolta con favore da Lewis.
In questo prologo vediamo Branciaroli nel suo appartamento frugale (scene di Maurizio Balò): un lettuccio a scomparsa, un baule-armadio, un telefono, un tavolo, qualche sedia e una poltroncina, a destra, sul fondo, la porta della cucina, di cui si intravedono un pensile e il frigo. La porta d’ingresso ha una serratura che si incastra continuamente e che è la fonte del primo tormentone: «Niente, si è inceppata di nuovo. Chiama il messicano nella portineria di sotto, Pedrito, e digli di mandare qualcuno a sistemare». «Zio, succede tutte le volte, non devi forzarla: fal-la scor-re-re».
Tutti i mercoledì la porta poi si apre, come la giornata, e Ben entra con l’agognata copia di «Variety», il settimanale di spettacolo che Willy legge con avidità, scoprendoci ogni volta il nome di qualche vecchia gloria che se n’è andata. Branciaroli dosa il giusto grado di acidità con quel tot di smemoratezza, sciabatta per casa brontolando su tutto, nega i propri acciacchi rimproverando il nipote di essere un agente incapace, guizza nervoso appena ravviva l’astio nei confronti di Lewis per quel suo picchiettarlo con l’indice sul torace e per lo sputacchiargli in faccia pronunciando le T come proiettili. Insomma, è uno spettinato sognatore in pigiama, è mascherato da cinico, ma rimpiange l’esaltazione della ribalta.
Non è, però, Gloria Swanson sul Viale del tramonto, no. Infatti, appena Orsini/Lewis fa la sua entrata, o meglio, dopo essere stato ignorato ad arte da Clark per qualche minuto, la corrente tra i due ex attori torna ad accendersi, elettrica come una volta, con tutti i volt al loro posto.
Ci vuole arte anche nel battibeccare, e questi due attori si punzecchiano con l’ostinazione testarda che si riserva solo a chi si ama. Orsini indossa un cappotto classico, un abito serio dai colori autunnali, gilet e papillon, un cappello beige (costumi di Gianluca Sbicca). È un signore anziano e distinto, gentile, che sembra essere in pace con sé stesso. Cammina leggermente curvo, appoggiandosi un poco al bastone e fingendo un’andatura da vecchio; recita utilizzando i toni acuti per farsi più petulante, spara le battute velocemente per incalzare e innervosire il suo compagno. Nessuno dei due è accomodante con l’altro: per entrambi tenere il punto è la chiave di quel flusso comico di coppia che li ha resi unici in passato.
La traduzione di Masolino D’Amico rende bene lo scoppiettio del testo di Neil Simon. I ragazzi irresistibili è un pozzo di battute invidiabili per qualunque autore contemporaneo, ma non solo: riesce a evocare la malinconia senza mostrarla mai, i momenti struggenti sono accennati e la vera nostalgia la fa immaginare allo spettatore, senza incupire mai la scena. E allora si nota la cima scrostata delle pareti della mini-suite, la carta da parati azzurra si sta cominciando a staccare, dall’alto, come i ricordi di una carriera che si scollano lenti dalla memoria. Anche la regia di Popolizio asseconda il testo, è pulita, essenziale, lascia che gli attori indossino i ruoli con naturalezza, mettendoci quel po’ di sé stessi che sovrappone persona a personaggio.
Due bravissimi vecchi attori che interpretano due bravissimi attori vecchi, senza essere mai sentimentali, perché il ruggito è sempre pronto, sguscia fuori come un lampo: la luce di una battuta, lo scatto di un’espressione, il balzo di un gesto. Insieme al godimento per la risata e al suono degli applausi, anche quelli che non prenderanno più.
Insieme a Branciaroli e Orsini, sul palco Francucci è un nipote affezionato e saggio, compreso nel suo amorevole buon senso, Chiara Stoppa è un’infermiera disincantata e dai modi spicci, golosa di cioccolatini.
Vale la pena di dire che la registrazione tv dello sketch, esilarante, avrà qualche inciampo, i due attori mal sopportano le risate registrate (e come dare loro torto?), Eros Pascale e Emanuela Saccardi sono l’assistente di ripresa e l’infermiera e seguono le istruzioni stizzite del regista (Popolizio in voce fuori campo) fino al malore di Clark, che lo costringerà a prendere atto dello stop obbligato alla sua frenesia di vita.
Quanto è difficile lasciare le scene per un uomo di scena? Non respirare più insieme al pubblico significa smettere di respirare? Il soffio del teatro è uno spiffero vitale che trova sempre un pertugio.
La chiusa dello spettacolo diventa un’intima, ultima, vicinanza tra le due star: le luci (di Carlo Pediani) si abbassano, si stringono e chiudono i due protagonisti in una mandorla luminosa che li abbraccia, li porta dentro tutti i teatri dove non sono stati, ma che continueranno ad applaudirli.
I RAGAZZI IRRESISTIBILI
di Neil Simon
traduzione Masolino D’Amico
con Umberto Orsini, Franco Branciaroli
e con Flavio Francucci, Chiara Stoppa, Eros Pascale, Emanuela Saccardi
scene Maurizio Balò
costumi Gianluca Sbicca
luci Carlo Pediani
suono Alessandro Saviozzi
regia Massimo Popolizio
produzione Teatro de Gli Incamminati, Compagnia Orsini, Teatro Biondo di Palermo
in collaborazione con CTB Centro Teatrale Bresciano e con AMAT Associazione Marchigiana Attività Teatrali e Comune di Fabriano
Teatro Strehler, Milano | 20 gennaio 2024